L’HIV, il virus che ha scosso il mondo quasi tre decenni fa, portando con sé tragedie inimmaginabili, rappresenta tuttora una sfida, soprattutto per le persone nei Paesi del terzo mondo.

Alcuni studi condotti negli Stati Uniti e in Francia, oltre a ricerche successive in Africa, hanno sottolineano l’importanza di una prospettiva centrata sulle persone.

Le cure dovrebbero consentire cioè a ciascuno di partecipare attivamente alle decisioni relative alla propria salute. Dovrebbero altresì fornire servizi che non solo trattino la malattia, ma abbattano le barriere sociali e culturali che limitano l’accesso alle stesse e alla prevenzione

HIV/AIDS: da Rock Hudson in poi

Rock Hudson: una delle prime vittime eccellenti

HIV. Nel 1985, la morte dell’attore Rock Hudson, a causa delle complicanze legate all’HIV/AIDS, scosse il mondo e gettò luce su questa malattia fino ad allora poco conosciuta. La sua tragica fine segnò l’inizio di una nuova era nella lotta contro l’HIV, spingendo il mondo a confrontarsi con una realtà inquietante, oltre che a cercare soluzioni per affrontarla.

Ma il cammino è stato travagliato e, nonostante gli sforzi della ricerca, ad oggi il virus ha avuto un impatto devastante, causando oltre 36 milioni di decessi in tutto il mondo.

Terapie promettenti

Nel corso degli anni, nuove terapie sono riuscite a migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti dal virus, focalizzandosi soprattutto sulla gestione dei sintomi.

Su tutti zidovudina, un farmaco antiretrovirale, sperimentato circa trent’anni fa sulle donne in gravidanza, in grado di ridurre il rischio di trasmettere il virus ai neonati, fino al 67%.

Da quel momento, si è potuto assistere a una svolta nell’epidemia, in particolare in Paesi come l’Africa, dove la prevalenza del virus tra le donne incinte superava il 35%.

Ulteriori ricerche hanno confermato l’efficacia della terapia antiretrovirale.

Essa infatti è in grado di bloccare la replicazione del virus nell’organismo e rallentare la progressione della malattia.

In tal modo si è riusciti a trasformare l’AIDS da una condizione spesso fatale a una gestibile a lungo termine. Risultato?

Circa 5,5 milioni di bambini, nati da madri affette da HIV, sono risultati “negativi” al virus.

Virus dell’HIV

Il Programma PEPFAR per combattere l’HIV/AIDS

Lo straordinario risultato si deve in parte al programma PEPFAR (Piano di emergenza del presidente degli Stati Uniti per gli aiuti contro lAIDS), istituito nel 2003 sotto l’ex presidente George W. Bush.

Il programma ha infatti garantito accesso vitale alle cure salvavita per oltre 20 milioni di persone in più di 50 Paesi.

Per fare un esmepio, in Botswana nel 2008, una donna incinta su tre (tra i 15 e i 49) anni era affetta da virus dell’HIV. Nel 2022, questa percentuale è scesa al 24%, grazie alla collaborazione tra il Governo, PEPFAR e organizzazioni civili e religiose.

Per tali motivi, nel 2021, l’OMS ha riconosciuto il Botswana come il primo Paese ad “alto rischio“, sulla strada per eliminare le nuove infezioni da HIV tra i neonati.

I risultati lasciano ben sperare. Grazie anche ai progressi della medicina, si potrebbero raggiungere gli obiettivi di eliminare l’HIV/AIDS, come minaccia per la salute pubblica, entro il 2030.

Di quali obiettivi parliamo e cosa si può fare per raggiungerli?

Gli obiettivi ’95-95-95′

Secondo il Programma delle Nazioni Unite sull’HV/AIDS (UNAIDS), per riuscire a debellare l’AIDS occorre raggiungere gli obiettivi ’95-95-95′:

  • Almeno il 95% delle persone affette da HIV dovrebbe conoscere il proprio status;
  • Almeno il 95% di queste persone dovrebbe accedere alla terapia antiretrovirale salvavita;
  • E il 95% di esse deve raggiungere una carica virale non rilevabile.

Ma tutto ciò potrebbe non bastare.

Andare oltre il campo delle medicina

Come detto, i primi sforzi contro l’HIV/AIDS hanno affrontato una sfida sotto diversi punti di vista: assicurare farmaci, formare operatori sanitari e creare cliniche accessibili a milioni di persone.

Sicuramente gli sforzi hanno prodotto dei buoni risultati, ma oggi è emersa una nuova prospettiva altrettanto importante: l’utilizzo delle scienze comportamentali.

Mettere al centro della risposta le persone. potrebbe essere la mossa chiave per porre fine a questa pandemia una volta per tutte. Cerchiamo di capire meglio.

Stop HIV AIDS

Sconfiggere l’HIV/AIDS: l’importanza delle scienze comportamentali

Nonostante i passi avanti, l’HIV continua a rappresentare una sfida enorme. In certi Paesi, non c’è ancora una reale consapevolezza sui rischi del virus e accedere ai trattamenti non è semplicissimo.

Negli ultimi dieci anni, gli studi hanno indicato chiaramente che i giovani e coloro a rischio di “stigma e discriminazione“, traggono enormi benefici se sono posti nella condizione di scegliere il giusto approccio terapeutico.

Dovrebbero in sintesi avere la possibilità di personalizzare i loro interventi di prevenzione o trattamento, scegliere dove ritirare i farmaci e determinare la frequenza di assunzione che meglio si adatta alle loro esigenze.

Da qui, la necessità di creare servizi sanitari orientati soprattutto ai giovani.

Johannesburg e Città del Capo: esempi da seguire

Un esempio illuminante si è manifestato in uno studio a Johannesburg, Sudafrica, dove ragazze e donne giovani hanno ricevuto informazioni su interventi di prevenzione su misura.

La percentuale di adozione della PrEP in questo gruppo è stata superiore al 90%, raddoppiando la continuità di assunzione rispetto al gruppo di controllo.

Discorso simile a Città del Capo, dove inizialmente, gli uomini avevano mostrato una minore propensione a sottoporsi al test HIV o ad aderire alle cure.

Ebbene, nel 2020, la distribuzione di informazioni sui benefici della terapia antiretrovirale ha quasi raddoppiato il numero di uomini che si sono presentati a una clinica mobile per il test HIV gratuito.

L’OMS raccomanda l’uso dei social network

Un’altra meta-analisi, considerando dati da 47 studi globali, ha dimostrato che l’uso dei social network rappresenta un efficace strumento per individuare nuovi casi e identificare chi è a rischio di contrarre l’HIV, specialmente tra gli adolescenti e i giovani adulti.

L’invio di promemoria tramite SMS per appuntamenti clinici, garantire il trasporto pubblico per raggiungere le cliniche e fornire incentivi monetari per iniziare il trattamento, sono alcune tra le strategie che hanno dimostrato maggior efficacia.

L’OMS ha pertanto raccomandato l’incremento di questi approcci di test basati sui social network, anche perchè, sinergie tra diversi interventi, possono ridurre il tempo tra la diagnosi e l’inizio della terapia antiretrovirale.

No alla discriminazione

Ridurre lo stigma è altrettanto indispensabile, soprattutto per coloro che affrontano discriminazioni di vario tipo (religioso, etnico, sessuale, etc;).

In definitiva, l’HIV/AIDS non può essere sconfitto solo attraverso le cure mediche, ma anche attraverso una comprensione più profonda del comportamento umano, attraverso l’inclusione e la sinergia.

Fonti

Nature 623, 907-909 (2023)

doi: https://doi.org/10.1038/d41586-023-03715-x