Alcol

I ragazzi oggi fanno un uso smodato di alcol, ignorando che fino a 18-21 anni non lo metabolizzano. Ciò vale sia per i maschi, sia per le femmine. L’uso dell’alcol, peraltro, è già di per sé pericoloso ed espone la salute a gravi rischi.

«Quando si fa prevenzione su questo fronte, non si può dire ‘bevi responsabilmente’ a un ragazzino sotto i 18 anni». Parte da qui l’analisi sull’uso odierno delle sostanze alcoliche compiuta da Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di sanità (Iss). «Bisogna invece spiegare perché l’alcol non è per tutti, e soprattutto perché non è per i minori. Così come non è per gli anziani, che perdono la capacità di metabolizzare l’alcol al pari degli adolescenti. L’alcol riduce la percezione del rischio e ti mette nelle mani degli altri. Abbassa le inibizioni che dovrebbero frenare determinati atti che in stato di sobrietà non faresti».

35mila accessi annui ai Pronto soccorso a causa dell’alcol

C’è un aspetto “culturale” per quanto riguarda il consumo dell’alcol, che Scafato analizza. «Circa 20 anni fa, il problema dell’alcol e dei giovani era balzato agli onori delle cronache. Ciò con il fenomeno del binge drinking che abbiamo importato dai Paesi anglosassoni. Bere per ubriacarsi: di questo si parlava. E c’era chi minimizzava, si diceva che l’Italia è un Paese mediterraneo e che questa pratica non avrebbe attecchito. Invece, siamo stati proprio bravi a farla attecchire».

Infatti, ogni anno, a causa dell’alcol si registrano circa 35mila accessi ai Pronto soccorso, «nel 10% dei casi sono minori», afferma l’esperto. «Ragazzini che nelle feste e nei locali ricevono delle bevande alcoliche. Il divieto di vendita in questa fascia d’età è una delle norme più disapplicate».

I rischi che si corrono se si usano sostanze alcoliche

L’alcol è la prima causa di mortalità per i giovani e questo si lega alla guida in stato di ebbrezza. Non solo, l’alcol interferisce nello sviluppo cerebrale del giovane. «Uno sviluppo – continua Scafato – che avviene dai 12 ai 25 anni e riguarda la parte prefrontale, quell’area che ci fa razionali, logici controllati. Gli adolescenti usano le parti laterali del cervello che sono quelle più emotive, più impulsive, che gestiscono anche l’aggressività e l’irrazionalità. Tra i 12 e i 25 anni quindi il cervello si riorganizza e aumenta di volume soprattutto nella parte prefrontale.

L’alcol consumato in questa fascia d’età interferisce con questo processo che si chiama ‘pruning’. E determina una cristallizzazione della modalità cognitiva in un caratteristico atteggiamento adolescenziale irrazionale, poco controllato, tendente al rischio. E c’è anche la creazione di un individuo non completamente razionale e logico, una riduzione della memoria e dell’orientamento nei luoghi».

Cosa spinge i giovanissimi ad abusare di Alcol

Il direttore dell’Osservatorio alcol esamina il fenomeno partendo dagli anni passati, quando «era la birra a spingere, ora invece il vino, i superalcolici, un po’ tutto. Bere nel tempo è diventato ‘cool’, ‘glamour’, per le giovani ragazze ha rappresentato un motivo di adultizzazione, di emancipazione. Ciò in assenza di qualsiasi informazione su quelli che sono i rischi legati al consumo di alcol in quell’età.

L’alcol agli occhi dei giovani è utile, migliora la capacità di relazione, abbassa le barriere, rende loquaci anche i più timidi. Ma non si è consapevoli che una volta consumato un bicchiere e raggiunto l’effetto di disinibizione, la volta successiva l’organismo richiede una quantità doppia. 2 bicchieri diventano 4 e si entra nel consumo rischioso che porta alla dipendenza. I ragazzi cercano lo sballo, cercano qualcosa che non riescono a fare da sobri? Avremmo dovuto insegnare loro a costruire esperienze, ricordi, divertimenti attraverso una vita normale».

Bere innesca reazioni pericolose nei giovanissimi

L’alcol scatena una serie di reazioni che sono pericolosissime. Tra queste, c’è l’effetto ‘generazione chimica‘ che per Scafato va invertito. «Succede che quando voglio essere disinibito bevo alcol. Quando comincia l’effetto down uso l’energy drink che mi dà la vigilanza. E poi mi metto alla guida, ma in corpo ho sempre la stessa quantità di alcol. E seguendo questo tipo di alchimia, mi attacco alla cannabis, oppure alla cocaina. Questa mi dà l’effetto up per stare in discoteca e resistere alla fatica di un divertimento che inspiegabilmente deve cominciare alle 2 di notte. In condizioni psicofisiche già alterate. Poi c’è il discorso dell’aggregazione nel rischio, della ritualità. Incontrarsi per andare a bere e farsi una canna».