Convivere con l’ADHD può essere una sfida per bambini e genitori. Esploriamo il difficile mondo del Disturbo da deficit di attenzione e iperattività e della sua gestione, a partire da una risorsa fondamentale: la formazione empatica dei genitori 

ADHD: conosciamo la “bestia”

ADHD: linee guida per la formazione dei genitori

L’ADHD è condizione persistente che colpisce circa il 7,6% dei bambini di età compresa tra tre e 12 anni e il 5,6% degli adolescenti. Questo disturbo di disattenzione o iperattività e impulsività può influenzare dinamiche familiari e interazioni sociali, rendendo la genitorialità un viaggio decisamente impegnativo.

Nella maggior parte dei casi, i ragazzi vengono bombardati da farmaci, inclusi stabilizzatori d’umore, che tuttavia presentano numerosi effetti collaterali e che, in ogni caso, non aiutano ad alleviare il peso della “sofferenza dell’anima“. Li anestetizzano, trasformandoli in piccoli “zombie” fino a quando l’effetto non svanisce…

Per i genitori poi, affrontare sentimenti di frustrazione, dolore e senso di colpa può diventare un dramma.

Risultato?

Genitori e figli vengono emarginati dal contesto sociale e scolastico. Niente feste o uscite con i compagnetti. Niente recite scolastiche, perché i “caratteriali” disturberebbero l’atmosfera. Immediata l’attivazione dei servizi sociali, educatori, insegnanti di sostegno, anche perchè fare lezioni in classe diventa impossibile. I genitori vengono abbandonati anche dai vecchi amici. Andare a fare la spesa o una passeggiata la parco, nemmeno a parlarne…

Iscriverli in palestra, che ne parliamo a fare? “I teppistelli teneteveli a casa vostra…”

Ogni piccola cosa si trasforma in un incubo.

Chi non conosce la “bestia”, pensa che i ragazzi siano dei maleducati, dei “mocciosi viziati”, degli egocentrici o peggio, dei bulletti.

Degli ingestibili disadattati, iperattivi, che non hanno voglia di concentrarsi o di restare fermi e seguire le regole comportamentali più ovvie. 

Ritengono magari che la responsabilità sia dei genitori, il risultato più ovvio di una famiglia “disfunzionale”. In realtà, il più delle volte, i ragazzi affetti da ADHD vivono in contesti familiari sanissimi. Il punto è che manca il giusto approccio alla gestione del disturbo e ogni nuova stranezza messa in campo dai fanciulli risulta destabilizzante. 

La formazione dei genitori assume dunque un ruolo significativo nel migliorare la qualità della vita per bambini e genitori.

Ma in cosa consiste esattamente questa “formazione dei genitori”? 

Approccio empatico all’AHDH

ADHD: importanza di un approccio empatico

Innanzitutto occorre saper che, le risposte dei genitori ai comportamenti dei bambini possono influenzare, nel bene e nel male, ogni loro reazione. Creare un ambiente sereno ed empatico, anche se è un’impresa titanica, dovrebbe essere il punto di partenza. Ma entriamo nel vivo della questione.

Le linee guida per i genitori.

Il cuore della formazione genitoriale risiede nella lode, un potente strumento che nutre l’autostima e il senso di sé del bambino. Riconoscere e apprezzare i comportamenti desiderabili, dalle piccole vittorie quotidiane allo svolgimento autonomo dei compiti, diventa fondamentale.

Altrettanto cruciale è stabilire cosiddetti “paletti”, dei limiti che non devono essere superati. Di contro, lasciare libero sfogo può rivelarsi un boomerang. 

Se i genitori, per sfinimento, finiscono per cedere a ogni richiesta dei figli, questo atteggiamento viene interpretato come un pericoloso segno di debolezza. Occhio: potrebbero fagocitarvi. Del resto questi ragazzini hanno solo problemi caratteriali, ma nella maggior parte dei casi, sono dei piccoli geni che tuttavia non sono in grado di canalizzare la loro potenzialità.

Stabilire regole e aspettative chiare, specialmente nei momenti di quiete, dà al bambino la percezione di un poter contare sul sostegno di una famiglia stabile. Altro punto da non sottovalutare è la coesione e la coerenza delle figure che gravitano attorno ai ragazzi. Guai a mandare segnali contraddittori!

Anche ignorare comportamenti fastidiosi, purché non esagerati o pericolosi, diventa un modo per gestire sfide quotidiane in modo positivo. 

Interpretare la chiave di lettura dei bisogni dei ragazzi è infine l’ultimo tassello del mosaico. A volte basta una parola, un gesto per spezzare le dinamiche oppositive.

Da chi farsi aiutare?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) promuove interventi genitoriali per rafforzare la relazione genitore-figlio. 

Quanto agli esperti, sono disponibili diverse risorse, anche online, che offrono dei validi programmi di formazione per i genitori.