L’ADHD è una condizione che richiede un’attenzione particolare, soprattutto durante la gravidanza. Al centro di un dibattito, l’uso dei farmaci per il trattamento: dovrebbero essere interrotti?

Vediamo cosa ci dice la scienza sul delicato argomento. Prima però conosciamo il disturbo

ADHD: di cosa si tratta?

ADHD: indica un disturbo neurobiologico caratterizzato da difficoltà di attenzione, iperattività e impulsività

L‘ADHD, acronimo di Attention Deficit Hyperactivity Disorder (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), è un disturbo neurobiologico caratterizzato da difficoltà nell’attenzione, iperattività e impulsività.

Può manifestarsi in vari modi e in diverse sfumature di gravità. Le persone con ADHD possono avere difficoltà a mantenere l’attenzione su compiti o attività, a seguire istruzioni, a organizzare attività o compiti, a completare i compiti, ad evitare distrazioni, a ricordare dettagli quotidiani, a gestire il tempo, a mantenere l’ordine e la pulizia e possono anche essere soggette a impulsi improvvisi.

L’ADHD è una delle condizioni neurocomportamentali più comuni dell’infanzia, ma può persistere anche in età adulta. Non esiste una stima precisa del numero di persone che ne soffrono, ma dati internazionali suggeriscono che circa il 5-7% dei bambini in età scolare e circa il 2-5% degli adulti possano essere affetti da questo disturbo.

Le età più critiche per il riconoscimento e la gestione dell’ADHD sono spesso l’infanzia e l’adolescenza, poiché è in queste fasi della vita che i sintomi possono emergere con maggiore evidenza e impatto sulle attività quotidiane, come la scuola e le relazioni sociali.

Quanto al sesso, sempre più donne sono affetta dal disturbo. Di conseguenza, «assumono farmaci per l’ADHD come la desamfetamina durante la gravidanza». Ad affermarlo Dani Russell, ricercatore di sanità pubblica dell’Università dell’Australia Occidentale.

Trattamento standard 

ADHD: meglio sospendere i farmaci durante la gravidanza?

Per quanto riguarda il trattamento dell’ADHD, spesso viene adottato un approccio multidisciplinare che può includere l’uso di farmaci, terapie comportamentali e interventi educativi. I farmaci comunemente prescritti per trattare l’ADHD sono stimolanti come il metilfenidato, dexanfetamina e gli anfetaminici. Questi farmaci possono aiutare a migliorare l’attenzione, la concentrazione e il controllo impulsivo nelle persone affette da ADHD. Tuttavia, è importante notare che il trattamento varia da persona a persona. Occorre pertanto individuare il giusto dosaggio e la giusta molecola a seconda del paziente. Quanto all’assunzione in gravidanza, le polemiche non mancano.

Ed è qui che si è innescato il dibattito.

Se da una parte, i medicinali sembrerebbero curare la sindrome, cosa si sa effettivamente dell’efficacia dei farmaci. E, soprattutto, in che modo possono influenzare la salute delle donne in gravidanza e nei loro cicli riproduttivi?

«Il nostro studio ha indagato se esistessero motivi per interrompere l’assunzione di questo farmaco durante la gravidanza», spiega Russell.

Focus sullo studio 

Lo studio osservazionale condotto in Australia ha analizzato una coorte di 1.688 donne che hanno partorito nell’Australia occidentale tra il 2003 e il 2018.

Nello specifico, lo studio ha adottato un approccio retrospettivo, sfruttando dati originariamente raccolti per altri scopi e non esaminando causa ed effetto.

Le donne incinte coinvolte hanno avuto il pieno controllo sulla decisione di interrompere l’assunzione del farmaco per l’ADHD e quando farlo. Queste informazioni sono state poi incrociate con i dati relativi agli esiti della gravidanza per individuare eventuali correlazioni. Ciò che è emerso è stato sorprendente.

Le 297 donne che hanno interrotto l’assunzione del farmaco durante la gravidanza, prima della fine del secondo trimestre, hanno mostrato un rischio significativamente maggiore di subire una minaccia di aborto, con un’incidenza di 2,28 volte superiore rispetto a quelle che hanno continuato il trattamento per tutta la durata della gravidanza.

Sebbene gli esiti dello studio siano stati rilevanti, i ricercatori hanno sottolineato la necessità di ulteriori ricerche, poiché la dimensione del campione era relativamente piccola e i dati mancavano di dettagli fondamentali. 

Farmaci per ADHD sì o no? 

Il rischio elevato associato all’interruzione del trattamento per l’ADHD durante la gravidanza porta a una conclusione che appare chiara e fondamentale: mantenere una coerenza nell’assunzione dei farmaci potrebbe essere la scelta più sicura per la salute della madre e del bambino. Tuttavia, questo non deve oscurare la complessità della questione e la necessità di considerare attentamente ogni situazione individuale.

Per le donne con ADHD che pianificano una gravidanza, potrebbe esserci un’altra prospettiva da considerare. Lo studio ha rivelato che un gruppo di 844 donne che avevano assunto dexamfetamina prima della gravidanza, ma non durante, ha mostrato alcuni benefici rispetto a quante avevano continuato il trattamento durante la gravidanza. Quali? Un minor rischio di vari esiti di salute avversi sia durante sia dopo la gravidanza, come preeclampsia, ipertensione, emorragia postpartum, ricovero in unità di cure speciali neonatali e sofferenza fetale.

Tuttavia, è importante notare che lo studio non ha affrontato gli effetti dell’inizio della terapia con dexanfetamina durante la gravidanza. Insomma, gli studi suggeriscono che ci potrebbero essere vantaggi nell’interrompere il trattamento prima del concepimento, ma è essenziale consultare un professionista sanitario per valutare attentamente i rischi e i benefici individuali in base alla situazione clinica specifica.

«I risultati hanno indicato che continuare a prendere dexamfetamina non espone le donne o i loro bambini a maggiori rischi per la salute», afferma Russell.

In medio stat virtus

In effetti, gestire l’ADHD durante la gravidanza può rappresentare una sfida significativa per le donne, «poiché il cervello in gravidanza è già impegnato in una serie di processi complessi. Aggiungere la confusione dell’ADHD non trattato può amplificare ulteriormente questo carico, senza considerare i potenziali effetti collaterali dell’astinenza dai farmaci».

Un’altra complicazione è che l’interruzione del trattamento lascia le donne incinte con ADHD esposte a un maggiore rischio di depressione, senso di isolamento e conflitti familiari. Questi fattori possono avere un impatto significativo sulla salute mentale e sul benessere generale della madre. Possono altresì influenzare indirettamente anche il corso della gravidanza.

Infine è importante considerare che i farmaci per l’ADHD hanno dimostrato di ridurre i comportamenti a rischio e il rischio di lesioni causate da sintomi come la disattenzione. Questi sono fattori critici da tenere in considerazione per una donna incinta quando decide se interrompere o meno il trattamento.

La ricerca è stata pubblicata su Archives of Women’s Mental Health.