Vaiolo scimmie, cresce il numero di casi in Italia, ma la sua diffusione “non è nemmeno paragonabile a quella del Covid“. A dirlo è stato il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri nel corso di una trasmissione su Rai Radio 1. Comunque, “visti i tempi di incubazione, che arrivano ad un massimo di due settimane, è possibile che nei prossimi giorni emergano altri casi“.
Ad oggi i casi confermati in Italia sono 20. La quasi totalità di questi (19) deriva da viaggi in aree a rischio, ossia dove ci sono stati cluster e catene di contagi.
In base agli ultimi dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), aggiornati al 2 giugno, sono 436 i casi confermati di vaiolo delle scimmie da 18 Paesi Ue o dello Spazio economico europeo (SEE); 289 invece i casi confermati segnalati in dieci Paesi non UE/SEE.
Vaiolo scimmie, come avviene il contagio?
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La trasmissione del vaiolo scimmie (monkeypox) avviene attraverso il contatto con i fluidi corporei di una persona infetta, per esempio attraverso rapporti sessuali. Nell’attuale focolaio – ha rilevato la ECDC – “la predominanza di casi di MPX umani diagnosticati tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini e la natura delle lesioni che si presentano in alcuni casi suggeriscono che la trasmissione sia avvenuta durante il rapporto sessuale“. Altre fonti di contagio possono essere il contatto con materiali contaminati e con il materiale infetto delle lesioni attraverso mucose o pelle non integra; oppure attraverso il droplet (le goccioline respiratorie) se si ha un contatto prolungato faccia a faccia.
L’incubazione del virus è di circa due settimane, ma i contatti stretti dei casi di vaiolo delle scimmie dovrebbero auto-monitorare l’insorgenza di eventuali sintomi per i 21 giorni successivi all’ultima esposizione. La ECDC ha pubblicato una pagina di faq per rispondere alle domande più frequenti dei cittadini.
Pubblicata dallo Spallanzani la prima descrizione dei casi
Il 3 giugno su “Eurosurveillance“, la rivista scientifica dell’ECDC, è apparsa la prima descrizione dettagliata della malattia. Ad occuparsene sono stati i ricercatori dell’INMI Spallanzani di Roma. Il testo si basa sui primi casi osservati in Italia di vaiolo delle scimmie, proprio allo Spallanzani; ha collaborato anche l’Unità di malattie infettive dell’Ospedale San Donato di Arezzo, dove invece era stato ricoverato il quarto caso italiano accertato. Altri due rapid communication di ricercatori inglesi e portoghesi sono uscite sullo stesso numero.
“Dall’analisi dei dati epidemiologici e clinici e dallo studio dei vari campioni biologici in cui il virus è stato identificato, l’ipotesi della trasmissione per contatto diretto durante i rapporti sessuali è ritenuta plausibile” – riporta lo Spallanzani in una nota. “Nello stesso articolo è anche riportata la descrizione della sequenza genomica virale, completa di analisi bioinformatica e filogenetica, del primo Monkeypox virus italiano. La sequenza, già registrata il 26 maggio sul sito GeneBank come prima sequenza in Italia, dimostra che il virus dei casi italiani appartiene alla clade West Africa, in modo analogo al virus identificato da altri ricercatori europei nell’ attuale focolaio di malattia“.