Biogas e biometano, l’Europa nel 2021 ha toccato il picco produttivo e l’Italia è in prima linea. Si contano infatti in Europa circa 20.000 unità operative tra impianti di biogas e biometano (+40% rispetto al 2020 per quest’ultimo, con quasi 300 nuove unità). Per il biogas in Italia ci sono 2mila impianti ed il nostro Paese ne è il secondo produttore in Europa e il quarto al mondo. Sono invece Francia, Italia e Danimarca gli Stati che hanno accelerato di più sul biometano: rispettivamente hanno attivato 91, 11 e 10 unità nuove unità tra gennaio e ottobre 2021.
“Il biometano sostenibile può coprire fino al 30-40% del consumo di gas dell’UE previsto per il 2050 con una produzione stimata di almeno 1.000 TWh3” – spiega la European Biogas Association (EBA). “La rapida implementazione delle tecnologie del biometano accelererà la decarbonizzazione dell’economia dell’UE. Tuttavia, il settore avrà bisogno di un sostegno legislativo pertinente nei prossimi anni per sfruttare appieno il suo potenziale“. L’87% degli impianti è attualmente collegato alla rete del gas.
“Per garantire che il biometano svolga un ruolo sempre più importante come combustibile rinnovabile, dovrebbe essere istituito uno scambio efficiente di biometano in tutta Europa. Inoltre, il futuro sviluppo delle infrastrutture del gas dovrebbe considerare gli adeguamenti necessari per consentire l’immissione di quote maggiori di biometano nelle reti di distribuzione” – ha affermato Harmen Dekker, direttore di EBA.
Biogas, cos’è e il suo ruolo nell’energia
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Il biogas è un gas rinnovabile che deriva dal trattamento dei rifiuti organici, degli scarti agroalimentari, dei fanghi di depurazione e delle deiezioni animali; si produce mediante digestione anaerobica (priva di ossigeno) in grandi ambienti chiusi. Da questa trasformazione si creano una parte solida (digestato) che può essere utilizzata come fertilizzante naturale (compost) e una parte gassosa, che è appunto il biogas. Quest’ultimo è in grado di sostituire il gas naturale fossile e può essere immesso nella rete per i consumi domestici. Sottoposto a raffinazione e purificazione, il biogas può essere trasformato in biometano, diventando un’altra fonte rinnovabile utile in tutti gli usi energetici e come carburante per i trasporti.
Rinnovabili: affrancarsi dal carbone e dal ricatto del gas
“Il biometano è l’unico combustibile rinnovabile disponibile e scalabile oggi in Europa che può consentire l’uso competitivo in termini di costi delle infrastrutture del gas già esistenti. La quantità combinata di biometano e biogas (forma grezza di biometano) disponibile oggi può coprire già l’intero consumo di gas del Belgio“. A dirlo è Boyana Achovski, segretaria generale della GIE (Gas Infrastructure Europe). Si tratta di un dato da non sottovalutare, anche data la crisi internazionale dovuta alla guerra della Russia in Ucraina.
Solo l’Italia importa dalla Russia 29 miliardi di metri cubi di gas. Una quantità che negli anni è andata via via aumentando: 9 miliardi in più in un solo anno. Solo il biometano potrebbe contribuire fino al 15% circa della domanda di gas al 2030 e sostenere la produzione di gas su territorio nazionale italiano.
“Rimpiazzeremo il gas che attualmente importiamo dalla Russia. Stiamo accelerando le installazioni di rinnovabili” – ha sottolineato il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, ai Berlin Energy Transition Dialogue 2022.
Il summit in corso in questi giorni si è posto l’auspicio che i Paesi riescano a rendersi il prima possibile indipendenti dai combustibili fossili. Per motivi legati all’ambiente, ma anche per la sicurezza politica ed economica come appunto dimostra il conflitto in atto in Ucraina. La chiave sarebbe nella diversificazione delle forniture stringendo accordi con altri Paesi, un processo per il quale però servirebbero almeno 2-3 anni. Intanto il Governo italiano è anche intenzionato ad acquistare due navi da rigassificazione: il loro compito è trasformare il gas naturale da liquido a gassoso. Ma ci sono due problemi: il primo è che sul mercato ce n’è una scarsa offerta; il secondo è che occorrono dai 12 ai 18 mesi per la loro attivazione.
Biogas e salute: gli impianti sono dannosi?
Spesso si trova molta ostilità dai territori, quando si ha la notizia della costruzione di una nuova centrale. Se da un lato è vero che negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza dei cittadini sull’importanza delle energie rinnovabili, dall’altro resta comunque la paura che la vicinanza di un impianto possa creare problemi relativi ai cattivi odori, all’inquinamento in caso di malfunzionamenti e di conseguenza alla salute della popolazione.
Legambiente ha lanciato di recente una campagna contro la disinformazione su questi impianti, intitolata “Unfakenews“. Per quanto riguarda gli odori sgradevoli spiega: “provengono principalmente dalle fasi di trasporto e stoccaggio del materiale in arrivo e in uscita. Per questo i moderni impianti generalmente prevedono un ambiente chiuso per il recepimento e lo stoccaggio del materiale, dotato di unità di captazione e trattamento aria, che previene la diffusione degli odori. Dopodiché è il processo biologico anaerobico in sé che riduce gli odori sgradevoli, ottenendo anzi un effetto igienico sanitario sulla materia prima utilizzata“.
Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, invece: “La letteratura scientifica è ampiamente concorde nel ritenere che il processo di digestione anaerobica abbatta il contenuto della maggior parte dei batteri nocivi per l’uomo, rendendo più sicuro l’uso del digestato rispetto al refluo zootecnico tal quale in ingresso. I risultati infatti indicano non solo una sostanziale neutralità dei processi anaerobici ma anche un’evidente tendenza alla diminuzione di patogeni dopo la digestione“.