Sistema Sanitario Nazionale

Da uno studio condotto dall’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino è emerso che un anticorpo monoclonale riduce colesterolo cattivo e placca carotidea. Soprattutto abbatte di sette volte il rischio di infarto, ictus ed eventi vascolari.

Il risultato della ricerca spontanea e non sponsorizzata è stato presentato lunedì 1° settembre a Madrid nell’ambito dell’ESC Cardiovascular Meeting. Si tratta del maggiore congresso internazionale di Cardiologia che ha registrato quest’anno la partecipazione di 40mila specialisti provenienti da tutto il mondo.

Lo studio è stato condotto dalla Cardiologia del Mauriziano

Lo studio è partito dal caso di un 78enne torinese, seguito dal 2016 da Tiziana Claudia Aranzulla, cardiologa interventista del Mauriziano. All’uomo, inizialmente affetto da stenosi carotidea del 70%, i sanitari hanno somministrato la terapia monoclonale per cercare di evitare l’intervento chirurgico. Oggi la sua stenosi si è ridotta al 55% e non è stato necessario intervenire chirurgicamente.

Allo studio i ricercatori hanno dato il nome di “Caruso”, sintesi del titolo “CARotid plaqUe StabilizatiOn and regression with Evolocumab”. La Cardiologia del Mauriziano ha condotto lo studio.

Il colesterolo in eccesso può depositarsi sulle pareti delle arterie

La stenosi carotidea si esprime in un restringimento delle arterie carotidi, vale a dire le principali arterie del collo che conducono il sangue al cervello.

Il colesterolo LDL (definito anche “colesterolo cattivo”) è la lipo-proteina che trasferisce il colesterolo dal fegato ai tessuti del corpo. Se è presente in eccesso, può depositarsi sulle pareti delle arterie dando origine a placche in grado di restringere il lume dei vasi sanguigni. Può, così, ostruirne il flusso e aumentare il rischio di infarto, ictus e altre malattie cardiovascolari.

Stenosi carotidea: un anticorpo monoclonale potrebbe diventare il trattamento standard

Gli studiosi hanno preso in esame 170 pazienti con stenosi carotidea pari o superiore al 50% e con colesterolo LDL-C pari o superiore a 100 mg/dL.

«In aggiunta alla terapia orale standard a un gruppo di pazienti – spiega Aranzulla – abbiamo somministrato il farmaco Evolocumab. Ovvero, un anticorpo monoclonale in grado di inibire la proteina PCSK9. Questa, dal canto suo, impedisce al fegato di rimuovere efficacemente il colesterolo LDL. Dopo un anno di trattamento, in questo gruppo di pazienti s’è registrata una riduzione percentuale di LDL-C del 73,5%. Ciò contro il 48,3% del gruppo con terapia standard. Si è registrata, inoltre, una regressione della placca nel 68,4% dei casi (contro il 63,5% dell’altro gruppo). E una presenza di eventi cardiovascolari avversi pari al 2,4%(contro il 14,4%). Sono numeri che ci permettono di dire che l’Evolocumab potrebbe diventare il trattamento standard per i pazienti con stenosi carotidea pari o superiore al 50%».

Prevenire le complicanze e lo sviluppo di gravi malattie cardiache

Il risultato ottenuto è di grande importanza per il percorso di cura dei pazienti e legittima il lavoro svolto dalla Cardiologia del Mauriziano. È stata tra le prime in assoluto a utilizzare questa terapia precocemente nei pazienti con infarto miocardico acuto.

«Lo studio condotto al Mauriziano – commenta Giuseppe Musumeci, direttore della Cardiologia – sarà di grande aiuto anche per i pazienti con arteriopatia periferica, patologia predittiva di malattia coronarica. Questa, se non diagnosticata in tempo, può comportare un alto rischio di amputazione, ictus e infarto. La patologia in Piemonte interessa oggi circa 400.000 persone con un’incidenza del 20% nelle persone oltre gli 80 anni. Diagnosticare e curare correttamente, significa prevenirne sia le complicanze sia lo sviluppo di gravi malattie cardiache». 

Fonte: Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino