Un importante passo avanti nella comprensione dell’emicrania arriva da uno studio dell’Università di Liverpool, pubblicato sulla rivista The Journal of Headache and Pain. I ricercatori hanno identificato una molecola chiamata Neat1 (Nuclear Enriched Abundant Transcript 1), che sembra giocare un ruolo centrale nella fotofobia, cioè la sensibilità alla luce, uno dei sintomi più debilitanti per chi soffre di emicrania.
Questa molecola è stata osservata in una specifica regione del sistema nervoso, il ganglio trigeminale, già noto per la sua connessione con il dolore emicranico.
Nei modelli murini utilizzati nello studio, l’esposizione a una sostanza chimica in grado di imitare gli effetti dell’emicrania ha provocato un aumento significativo dell’attività di Neat1, in parallelo con l’emergere della fotofobia.
Che cos’è Neat1 e perché è rilevante?
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Neat1 appartiene alla classe degli RNA lunghi non codificanti (lncRNA). Si tratta di un gruppo di molecole che, pur non codificando per proteine, regolano molteplici processi cellulari. Tra questi la risposta all’infiammazione e allo stress del sistema nervoso.
I ricercatori hanno scoperto che livelli elevati di Neat1 alterano il funzionamento delle cellule nervose, rendendole più reattive agli stimoli luminosi.
Riducendo sperimentalmente i livelli di questa molecola, i topi coinvolti nello studio sono diventati meno sensibili alla luce. Secondo Zhuoan Huang, primo autore dello studio, Neat1 agisce come un modulatore del dolore. “Quando i livelli di Neat1 sono elevati, la sensibilità dei nervi aumenta e la luce diventa dolorosa. In breve, questa molecola rompe l’equilibrio, contribuendo alla sofferenza tipica della fotofobia”.
Questa scoperta apre nuove prospettive di trattamento. Neat1 potrebbe diventare un bersaglio farmacologico per nuove terapie finalizzate a ridurre la fotofobia e forse anche altri sintomi dell’emicrania.
Cos’è l’emicrania?
L’emicrania è una patologia neurologica cronica caratterizzata da attacchi ricorrenti di cefalea, spesso unilaterale e pulsante, accompagnata da sintomi come nausea, vomito, ipersensibilità a luci e suoni, e in alcuni casi disturbi visivi o neurologici transitori, noti come aura. Non si tratta di un semplice mal di testa, ma di una condizione complessa e invalidante, che colpisce circa il 12% della popolazione mondiale, con una prevalenza quasi tripla nelle donne rispetto agli uomini.
Sebbene le cause non siano ancora del tutto comprese, è noto che l’emicrania coinvolga alterazioni nella trasmissione dei segnali nervosi, infiammazione neurogenica, squilibri di neurotrasmettitori (come la serotonina) e fattori genetici. Gli attacchi possono essere scatenati da stress, variazioni ormonali, mancanza di sonno, alimentazione, stimoli sensoriali intensi, e perfino cambiamenti climatici.
L’esordio dell’emicrania avviene solitamente tra i 20 e i 40 anni, ma può manifestarsi anche in età più precoce. Gli attacchi possono durare da poche ore a diversi giorni, compromettendo le attività quotidiane e la qualità della vita.
Le terapie disponibili oggi per l’emicrania: quali sono?
Il trattamento dell’emicrania si basa su due approcci principali: la gestione degli attacchi acuti e la prevenzione.
Per il trattamento degli attacchi acuti, si utilizzano:
- triptani: farmaci specifici per l’emicrania che agiscono sui recettori della serotonina e aiutano a bloccare la trasmissione del dolore nel cervello.
- Antiemetici: per controllare nausea e vomito, comuni durante l’attacco.
- In alcuni casi, ergotamina o derivati, oggi meno usati per i possibili effetti collaterali.
L’efficacia di questi trattamenti è massima quando vengono assunti all’inizio dell’attacco, prima che il dolore diventi intenso.
Terapie preventive e nuove frontiere
Per i pazienti che soffrono di emicrania frequente (più di 4-5 giorni al mese) o severa, è indicata una terapia profilattica volta a ridurre la frequenza, l’intensità e la durata degli attacchi. Le opzioni includono:
- beta-bloccanti (come propranololo o metoprololo)
- Antidepressivi triciclici (come amitriptilina)
- Antiepilettici (come topiramato o valproato)
- Inibitori del CGRP (calcitonin gene-related peptide): anticorpi monoclonali che bloccano l’azione di una molecola coinvolta nella trasmissione del dolore emicranico.
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La scoperta di Neat1 apre la possibilità a una nuova classe di farmaci mirati a modulare i processi molecolari alla base della fotofobia e, potenzialmente, dell’intera cascata emicranica. Un’ulteriore speranza per milioni di persone in tutto il mondo che convivono ogni giorno con questo disturbo invalidante.
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