La leucemia mieloide cronica (LMC) è un raro tumore del sangue che in Italia riguarda circa 9mila persone. Alla fine del secolo scorso, l’aspettativa di vita era pari ad appena cinque anni. Oggi, invece, grazie ai progressi della ricerca scientifica, è sovrapponibile a quella della popolazione generale. Nonostante le numerose conquiste, non mancano le sfide da vincere. Su tutto, il punto più importante è quello che riguarda l’aderenza terapeutica di chi scopre per la prima volta di essere affetto da LMC. Secondo lo studio ASC4FIRST, circa il 30% dei pazienti di nuova diagnosi in cura con le terapie standard non riesce a raggiungere una risposta adeguata. Pr questo interrompe o cambia il trattamento anche a causa degli effetti collaterali.
Dall’esigenza di promuovere informazione e consapevolezza nei pazienti nasce la ricerca “La qualità di vita dei pazienti con LMC”, promossa da Novartis Italia e realizzata da Elma Research.
Una ricerca per approfondire l’impatto dei trattamenti
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Coinvolgendo 146 persone, il 51% delle quali pazienti in prima linea di trattamento, l’indagine ha approfondito l’impatto dei trattamenti sulla loro vita.
I dati rivelano che 1 paziente su 3 valuta negativamente la propria qualità di vita.
L’aspetto più gravoso è causato dagli effetti collaterali della terapia.
«Abbiamo dei farmaci notevoli – ha spiegato Fabio Efficace, Responsabile Health Outcomes Research Unit del Gimema – che provocano bassi effetti collaterali. Ma a causa della natura cronica della malattia, il paziente è costretto ad affrontarli tutti i giorni. E per un tempo molto lungo, con un impatto inevitabile sulla qualità della vita. Il nostro compito è prevenire qualsiasi atteggiamento del paziente che possa portare a una mancata aderenza al trattamento terapeutico. In questo senso, bisogna aiutare le persone monitorando la loro qualità della vita nella pratica clinica. E controllando i sintomi, agendo in maniera proattiva lì dove intervengono stanchezza o dolore».
Leucemia mieloide cronica, ascoltare i pazienti
La ricerca di Elma ha evidenziato che il 40% dei pazienti affetti da LMC ha sperimentato effetti collaterali causati dalla somministrazione della terapia.
Per il 36% di chi lotta contro le ripercussioni sgradevoli del trattamento, gli effetti collaterali non sono mai terminati.
Gli aspetti negativi più frequenti sono stanchezza cronica, crampi, aumento del peso, gonfiore agli occhi, nausea e diarrea.
Molto importante è anche l’impatto che la malattia e gli effetti collaterali hanno sulla sfera psicologica dei pazienti.
L’età media di chi riceve per la prima volta la diagnosi di LMC si aggira intorno ai 60 anni, ma non mancano casi tra le fasce più giovani della popolazione.
A causa dei nuovi bisogni legati alla gestione quotidiana e alla qualità di vita a lungo termine è necessario dare più ascolto alla voce dei pazienti.
Informare il paziente del percorso da intraprendere
Il dialogo è fondamentale per evitare che la persona sotto trattamento possa gestire in maniera autonoma i propri effetti collaterali. Finisce, così, per ridurre o interrompere l’assunzione dei farmaci.
«Medico e paziente devono instaurare una comunicazione continua che permetta al clinico di essere consapevole e di prendere atto delle problematiche della persona in cura». Lo ha dichiarato Felice Bombaci, coordinatore nazionale dei gruppi pazienti AIL. «Si deve tagliare su sua misura la terapia più adeguata con la dose migliore. Informando il paziente del percorso da intraprendere, delle difficoltà da gestire e come affrontarle», conclude l’esperto.