I dati dimostrano che oggi la vera emergenza del Paese è il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Esiste un divario della spesa sanitaria pubblica pro capite di 889 euro rispetto alla media dei paesi OCSE membri dell’Unione Europea. Si devono considerare: il gap complessivo che sfiora i 52,4 miliardi di euro; la crisi motivazionale del personale che abbandona il SSN. E anche il boom della spesa a carico delle famiglie (+10,3%); i 4,5 milioni di persone che nel 2023 hanno rinunciato alle cure. Di questi 2,5 milioni per motivi economici. E ancora le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati. Tutto questo dimostra «che la tenuta del SSN è prossima al punto di non ritorno». Lo afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. La sanità pubblica è oggi ridotta ai minimi termini.
Crisi del SSN dovuta al definanziamento degli ultimi 15 anni
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Le previsioni per il prossimo futuro non lasciano intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico per la sanità. Secondo il Piano Strutturale di Bilancio il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027.
«La grave crisi di sostenibilità del SSN – afferma Cartabellotta – è frutto anzitutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi. Questi hanno sempre visto nella spesa sanitaria un costo da tagliare ripetutamente e non una priorità su cui investire in maniera costante. Hanno scelto di ridurre il perimetro della tutela pubblica per aumentare i sussidi individuali, con l’obiettivo di mantenere il consenso elettorale. Ignorando che qualche decina di euro in più in busta paga non compensano le centinaia di euro da sborsare per un accertamento o una visita».
Il Fabbisogno Sanitario Nazionale dal 2010 al 2024 è aumentato complessivamente di € 28,4 miliardi, in media € 2 miliardi per anno.
Crescita del peso sanitario sulle famiglie
Rispetto al 2022, nel 2023 i dati ISTAT documentano che l’aumento della spesa sanitaria totale è stato sostenuto esclusivamente dalle famiglie. Ciò come spesa diretta o tramite fondi sanitari e assicurazioni.
«Le persone – spiega Cartabellotta – sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie, con pesanti ripercussioni sui bilanci familiari. Una situazione in peggioramento che rischia di lasciare l’universalismo del SSN solo sulla carta. Ciò a causa dell’accesso alle prestazioni sempre più legato alla possibilità di sostenere personalmente le spese. O di disporre di un fondo sanitario o una polizza assicurativa. Che, in ogni caso, non potranno mai garantire nemmeno ai più abbienti una copertura totale come quella offerta dal SSN».
La spesa pagata direttamente dai cittadini nel 2023 si è impennata, aumentando del 10,3 in un solo anno. Per motivi economici, nel 2023 hanno rinunciato alle cure 2,5 milioni di persone, 600.000 più del 2022.
Poca prevenzione e crisi del personale sanitario
Rispetto al 2022, nel 2023 la spesa per i “Servizi per la prevenzione delle malattie” si riduce di ben € 1.933 milioni (-18,6%).
Inoltre, la sanità pubblica «sta sperimentando – commenta Cartabellotta – una crisi del personale sanitario senza precedenti: inizialmente dovuta al definanziamento del SSN e ad errori di programmazione. Oggi, dopo la pandemia, è aggravata da una crescente frustrazione e disaffezione per il SSN. Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni, prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza stanno demolendo la motivazione e la passione dei professionisti».
I dati raccolti da organizzazioni sindacali e di categoria documentano infatti il progressivo abbandono del SSN.
Secondo la Fondazione ONAOSI, tra il 2019 e il 2022 il SSN ha perso oltre 11.000 medici per licenziamenti o conclusione di contratti a tempo determinato.
ANAAO-Assomed stima ulteriori 2.564 abbandoni nel primo semestre 2023.
Sanità pubblica, l’abbandono dei medici
L’Italia dispone complessivamente di 4,2 medici ogni 1.000 abitanti un dato superiore alla media OCSE (3,7). Ma sta sperimentando il progressivo abbandono del SSN e carenze selettive.
Oltre ai medici di famiglia, alcune specialità mediche fondamentali non sono più attrattive per i giovani medici. Questi ultimi disertano le specializzazioni in medicina d’emergenza-urgenza, medicina nucleare, medicina e cure palliative, patologia clinica e biochimica clinica, microbiologia, e radioterapia.
«Ma la vera crisi – continua il presidente – riguarda il personale infermieristico. Il numero di infermieri è largamente insufficiente e, soprattutto, le iscrizioni al corso di laurea sono in continuo calo, con sempre meno laureati».
Livelli Essenziali di Assistenza e divario Nord-Sud
Nel 2022 solo 13 Regioni hanno rispettato gli standard essenziali di cura, con un ulteriore aumento del divario Nord-Sud. Ciò rispetto ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), prestazioni e servizi che il SSN deve fornire ai cittadini gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket.
Puglia e Basilicata sono le uniche Regioni promosse al Sud, ma comunque in posizioni di coda. «Siamo di fronte – commenta Cartabellotta – ad una vera e propria frattura strutturale Nord-Sud nell’esigibilità del diritto alla tutela della salute. A questo quadro si aggiunge la legge sull’autonomia differenziata, che affonderà definitivamente la sanità del Mezzogiorno, assestando il colpo di grazia al SSN. E innescando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti che avrà conseguenze devastanti per milioni di persone».
Mobilità sanitaria e conseguenze economiche
Anche la mobilità sanitaria evidenzia la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord. Infatti, i residenti delle Regioni del Centro-Sud spesso sono costretti a spostarsi in cerca di cure migliori.
In particolare, nel decennio 2012-2021, le Regioni del Mezzogiorno hanno accumulato un saldo negativo pari a € 10,96 miliardi.
«L’aumento della migrazione sanitaria ha effetti economici devastanti non solo sulle famiglie – aggiunge Cartabellotta – ma anche sui bilanci delle Regioni del Mezzogiorno. Questi risultano ulteriormente impoverite».
PNRR e rafforzamento della sanità pubblica
Al 30 giugno 2024 sono stati raggiunti i target europei che condizionano il pagamento delle rate all’Italia.
«Tuttavia, effettuata la “messa a terra” dei progetti – spiega il presidente – la loro attuazione già risente delle diseguaglianze regionali. In particolare tra Nord e Sud del Paese».
Il target intermedio sulla percentuale di over 65 in assistenza domiciliare è stato raggiunto a livello nazionale e in tutte le Regioni. Tranne che in tre Regioni del Sud.
«La Missione Salute del PNRR – chiosa Cartabellotta – è una grande opportunità. Rischia di essere vanificata se non integrata in un piano di rafforzamento complessivo della sanità pubblica. Non può e non deve diventare una costosa “stampella” per sorreggere un SSN claudicante. Peraltro, la legge sull’autonomia differenziata va “in direzione ostinata e contraria” agli obiettivi dell’intero PNRR. Obiettivi che prevedono di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali. Così, si tradiscono le finalità del PNRR e si indebitano le future generazioni per aggravare ulteriormente le disparità nell’accesso alle cure tra Nord e Sud».
GIMBE invoca un nuovo patto politico e sociale
«La Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – ha aggiornato il Piano di Rilancio del SSN. Un programma chiaro in 13 punti che prescrive la terapia necessaria a salvare il nostro SSN “malato”. Un piano che ha come bussola l’articolo 32 della Costituzione e il rispetto dei princìpi fondanti del SSN. E mette nero su bianco le azioni indispensabili per potenziarlo con risorse adeguate, riforme coraggiose e una radicale e moderna riorganizzazione. Per attuare questo piano, la Fondazione GIMBE invoca un nuovo patto politico e sociale, che superi divisioni ideologiche e avvicendamenti dei Governi. Riconoscendo, dunque, nel SSN un pilastro della nostra democrazia, uno strumento di coesione sociale e un motore per lo sviluppo economico dell’Italia. Un patto che chiede ai cittadini di diventare utenti informati e responsabili, consapevoli del valore del SSN. E a tutti gli attori della sanità di rinunciare ai privilegi acquisiti per salvaguardare il bene comune».