La malattia infiammatoria intestinale IBD, si presenta come un rebus medico-scientifico affascinante e complesso. Un recente studio condotto dalla Rutgers University del New Jersey e dal Belleview Hospital di New York, ha spiegato alcune variabili significative nel modo in cui patologia cronica si manifesta tra individui di differenti razze, sesso e luogo di nascita.

Pubblicata su Gastro Hep Advances, la ricerca, offre un’interessante chiave interpretativa sulle intricate sfumature della malattia

Malattia infiammatoria intestinale IBD: variabili determinanti

Malattia infiammatoria intestinale: uno studio si focalizza su sesso, razza e luogo di nascita dei pazienti

La malattia infiammatoria intestinale IBD, che comprende patologie quali il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, si caratterizza per un’infiammazione cronica del tratto gastrointestinale.

I principali sintomi sono:

  • Dolori addominali;
  • Diarrea frequente ricorrente o cronica, in particolare notturna;
  • Dimagrimento o calo ponderale;
  • Stanchezza persistente;
  • Sanguinamento rettale;
  • Presenza di dolore, bruciore o secrezione anali

A detta degli studiosi, la sua manifestazione, tuttavia, potrebbe variare a seconda della razza, del sesso e persino del luogo di nascita dell’individuo.

«L’IBD è stata storicamente una malattia delle popolazioni caucasiche in Europa e Nord America, ma ora la stiamo riscontrando in tutte le razze e nelle persone di tutto il mondo. Quindi è importante studiare come si manifesta nei diversi gruppi», esordisce Lea Ann Chen, assistente professore di medicina e farmacologia della Rutgers Robert Wood Johnson Medical School di Paterson St, New Brunswick, NJ e autrice senior dello studio.

I risultati della ricerca suggeriscono altresì che fattori culturali e ambientali influenzano la progressione delle IBD.

«I pazienti nati all’estero che immigrano da Paesi a bassa prevalenza di IBD, hanno un fenotipo di IBD più lieve rispetto ai pazienti della stessa razza nati in questo Paese», specifica Chen. «Ciò è particolarmente vero tra i pazienti neri. Coloro che sono nati qui, avevano molte più probabilità di sviluppare la malattia di Crohn e le sue complicanze rispetto a quelli nati all’estero».

Altri risultati suggeriscono che le differenze genetiche possono influenzare la vulnerabilità dei pazienti alle IBD. Ma vediamo di capire come si è arrivati alle attuali deduzioni.

Focus sullo studio

I ricercatori hanno scartabellato dati provenienti da 525 pazienti affetti da patologie intestinali croniche, tra il 1997 e il 2017 (esclusi i casi con diagnosi incerte o informazioni insufficienti).

Ebbene, la diversità demografica e le variabili socio-economiche tra i pazienti di un ospedale pubblico, spesso trascurate in precedenti ricerche, hanno suggerito lo strano collegamento.

In particolare, hanno sottolineato come la diversità etnica, il sesso (maschile soprattutto) e il background socio-economico abbiano plasmato in modo unico il percorso clinico dell’IBD.

Un dipinto variegato: il 29,8% bianchi, il 27,4% ispanici, il 21,7% neri e il 13% asiatici.

Gli individui asiatici, indipendentemente dal luogo di nascita, presentavano un’incidenza doppia di IBD rispetto ai bianchi nativi USA.

I pazienti neri mostravano un’incidenza doppia di interventi chirurgici di resezione intestinale rispetto ai pazienti bianchi.

Nello specifico, i “nativi” di colore sarebbero più suscettibili al morbo di Crohn, mentre tra i neri immigrati, è più comune la colite ulcerosa.

I pazienti di tutte le razze nati all’estero mostravano invece una tendenza a sviluppare forme più lievi di malattia. Con meno interventi chirurgici, minor consumo di farmaci e una minore incidenza di complicazioni, rappresentavano una svolta intrigante nello studio dell’IBD.

«La differenza nel numero dei casi tra uomini e donne asiatici è stata sorprendente, e tale differenza è apparsa sia tra i pazienti nati negli Stati Uniti sia tra quelli nati all’estero», ha rimarcato Chen. «Sembra che le donne dell’Asia orientale, poiché la maggior parte dei pazienti asiatici nella popolazione del nostro studio erano dell’Asia orientale, potrebbero avere una sorta di protezione genetica contro le IBD».

All’orizzonte si prospetta un futuro più “roseo”

Malattia infiammatoria intestinale cronica: quanto incide il trinomio stile di vita-dieta genetica

L’analisi dettagliata delle implicazioni di tali variabili potrebbe consentire non solo una migliore comprensione dell’IBD, ma anche lo sviluppo di terapie mirate, personalizzate in base alle caratteristiche specifiche di ogni individuo.

In questo scenario, il trinomio dieta-stile di vita-genetica emerge come una soluzione in grado di arginare in parte gli effetti dell’infiammazione intestinale.

Fonti

Ali Khalessi et al, Manifestazioni differenziali della malattia infiammatoria intestinale basate sulla razza e sullo stato di immigrazione, Gastro Hep Advances

Fornito dalla Rutgers University