A 45 anni dalla nascita del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), la Fondazione GIMBE fa emergere i problemi che oggi lo affliggono. A iniziare dal capitale umano che crede nel SSN ed è costretto ad alzare la voce con ripetuti scioperi. Ciò per chiedere disperatamente di rilanciare le politiche del personale sanitario.
Questo soprattutto «perché si sta facendo largo – rende noto la Fondazione GIMBE – la scarsa attitudine dei giovani a intraprendere certe professioni (es. infermiere). E specialità (es. medico d’urgenza), ritenute poco attrattive. Queste, a fronte di una bassa remunerazione, presentano limitate prospettive di carriera, condizioni di lavoro inaccettabili, o addirittura rischio di aggressioni. Uno scenario che, in assenza di decisi interventi da parte della politica, finirà per legittimare cooperative di servizi e gettonisti».
Sistema Sanitario Nazionale, diseguaglianze regionali
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A fronte di un SSN nato 45 anni fa sotto il segno dell’uguaglianza e dell’equità, «ci ritroviamo oggi con 21 servizi sanitari regionali profondamente diseguali». È quanto afferma difatti il presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta.
«C’è una vera e propria “frattura strutturale” tra Nord e Sud. Con i residenti nella maggior parte delle Regioni meridionali a cui non sono garantiti nemmeno i LEA, livelli essenziali di assistenza. Su questa frattura pende la mannaia dell’autonomia differenziata, che senza definire e finanziare i Livelli Essenziali delle Prestazioni, non potrà che amplificare le diseguaglianze. Legittimando normativamente il divario Nord-Sud e violando il principio di uguaglianza nel diritto alla tutela della salute e assestando il colpo di grazia al SSN».
Migrazione sanitaria e autonomia differenziata
La frattura strutturale Nord-Sud «è la causa del triste fenomeno della mobilità sanitaria – spiega il presidente – che nei dati definitivi del 2021 vale € 4,24 miliardi. Risorse che scorrono prevalentemente dalle regioni meridionali verso 3 regioni settentrionali dove si concentra il 93,3% dei saldi attivi. Cioè, proprio le stesse regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto) che hanno già sottoscritto i pre-accordi per le maggiori autonomie».
Nel 2021, infatti, le Regioni con saldo positivo superiore a € 100 milioni sono tutte al Nord. Emilia-Romagna (€ 442 milioni), Lombardia (€ 271 milioni) e Veneto (€ 228 milioni). E quelle con saldo negativo maggiore di € 100 milioni tutte al Centro-Sud. Cioè Abruzzo (-€ 108 milioni), Puglia (-€ 131 milioni), Lazio (-€ 140 milioni), Sicilia (-€ 177 milioni), Campania (-€ 221 milioni), Calabria (-€ 252 milioni).
Sprechi e inefficienze: serve una nuova visione del SSN
L’erogazione dell’assistenza sanitaria oggi risulta molto frammentata, troppo medico-centrica, dicotomizzata tra ospedale e territorio e scarsamente integrata con quella socio-sanitaria. Ciò genera sprechi e inefficienze, ridotta qualità dei servizi e disagi per i pazienti.
Sicuramente ci sono margini di recupero su vari ambiti. Tra questi, accesso di prestazioni da medicina difensiva, frodi, acquisti a costi eccessivi, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell’assistenza.
Tuttavia, per recuperare gli sprechi servono la visione di un nuovo SSN e coraggiose riforme sulle modalità di finanziamento. E anche il riparto delle risorse, programmazione, organizzazione e altresì integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari.
«Ovvero – commenta Cartabellotta – sprechi e inefficienze sono parte integrante del sistema. E nonostante si attuino misure per la loro riduzione non avremo comunque risorse monetizzabili a breve termine».
Sistema Sanitario Nazionale: meno tutele pubbliche
L’Annuario statistico del SSN 2021 del Ministero della Salute riporta che le strutture sanitarie private accreditate sono quasi la metà di quelle che erogano l’assistenza ospedaliera. Sono, invece, prevalentemente gestite dal privato le strutture destinate all’assistenza residenziale (84%) e semiresidenziale (71,3%) e quelle riabilitative (78,2%).
«È evidente – conclude Cartabellotta – che per soddisfare i bisogni di salute della popolazione diminuiscono le tutele pubbliche e aumenta l’offerta privata. Che dovrebbe essere invece una libera scelta e non una necessità obbligata dall’indebolimento del pubblico. Vogliamo ribadire alla popolazione il valore inestimabile del SSN e l’inderogabile necessità di un patto sociale e politico. Questo deve riconoscere in quel modello di sanità un pilastro della nostra democrazia, una conquista irrinunciabile e una leva per lo sviluppo economico del Paese. Oltre che un’alleanza tra tutti gli attori della sanità finalizzata a rinunciare ai privilegi acquisiti per rilanciare questo prezioso bene comune nell’esclusivo interesse delle persone».