Vajont

Una tragedia annunciata quella del Vajont di cui oggi, 9 ottobre 2023, ricorrono i 60 anni: precisamente alle 22.39. Un disastro che ha visto la morte di quasi duemila persone travolte da acqua, fango, detriti.

Tutto ebbe origine da una mostruosa frana caduta dai fianchi del Monte Toc nel lago artificiale sottostante, oltrepassando la diga del Vajont, costruita tra il 1957 e il 1960 nel comune di Erto e Casso, nella provincia di Pordenone, in Friuli-Venezia-Giulia.

Oltre 270 milioni di metri cubi di roccia precipitò nelle acque del bacino causando la tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso della diga.

Vajont, cinque paesi che sono stati cancellati

Cinquanta milioni di metri cubi di acqua con onde di oltre 260 metri vennero giù insieme a fango e detriti per cancellare cinque paesi: Longarone, Codissago, Castellavazzo, Erto e Casso. Per cancellare storie, vite ignare di un pericolo che pendeva sulle loro teste.

Nel momento in cui la Sade, che era l’impresa proprietaria, iniziò ad abbassare il livello dell’acqua dell’invaso, iniziarono dei movimenti particolari e rumori insoliti che la gente avvertiva. Anche la conformazione dei terreni stava mutando con la presenza di piante sempre più piegate verso valle. Ma poi ci si abitua e si continua la solita routine. Come quella sera a Longarone con la gente al bar per vedere la partita in tv. Poi tutto si è spento.

Vajont, la denuncia della cronista Tina Merlin

Eppure una cronista dell’Unità, Tina Merlin, ne aveva parlato nel 1960: tre anni prima della tragedia. Aveva fiutato che quel lago artificiale era un rischio troppo alto. “Un’enorme frana è precipitata in questi giorni dentro il lago, staccandosi dai terreni sulla sponda sinistra in località Toc, poco più su della grande diga del Vajont. Un appezzamento di bosco e prato della lunghezza di circa 300 metri ha ceduto all’erosione delle acque ed è piombato dentro il lago. Per puro caso non c’è stata qualche tragedia” scrisse Merlin.

Tragedia del Vajont, la paura dei tecnici italiani

Una denuncia pubblica rimasta inascoltata. Troppi gli interessi in ballo. Emblematico il fatto che durante le prime indagini, il giudice istruttore Mario Fabbri ebbe serie difficoltà a nominare i periti della commissione tecnica. E solo un geologo italiano, Floriano Calvino, diede la sua disponibilità pagando in termini di carriera. Per il resto silenzio assoluto. Solo con gli esperti francesi e svizzeri fu messo nero su bianco che la frana poteva essere prevista. Chi c’era dietro a quella sciagura?

Giustizia: all’appello Stato, Enel e Montedison

Nel 2000 fu fatta giustizia: lo Stato e in parte Enel e Montedison pagarono 77 miliardi di lire per i danni morali e materiali alle popolazioni.

Oggi è un giorno da ricordare, ma non solo oggi. Le memorie vanno conservate per non ripetere gli orrori. Ma la realtà è che le ferite inferte all’ambiente, e quindi a ogni forma di vita, non hanno mai avuto fine. Continuano nei dissesti idrogeologici, nell’inquinamento che più silente uccide. Non si può piegare e piagare la natura pensando che non ci siano conseguenze nefaste per la vita di un Pianeta che possiamo attraversare, non calpestare.

Dissesto idrogeologico, i dati Ispra

Gli ultimi dati Ispra dicono che quasi il 94% dei comuni italiani sono a rischio frana, alluvioni ed erosione e sono oltre 8 milioni le persone che vivono in zone ad alto rischio.

Tra i dati, ricordiamo le regioni con le più alte percentuali di popolazione che vive nelle aree a rischio frane e alluvioni: Emilia-Romagna (quasi 3 milioni di abitanti a rischio), Toscana (oltre 1 milione), Campania (oltre 580 mila), Veneto (quasi 575 mila), Lombardia (oltre 475 mila), e Liguria (oltre 366 mila).

Alto il rischio anche per gli aggregati strutturali che oltrepassano i 749 mila. E cosa dire del costante rischio vissuto dal nostro patrimonio storico-architettonico? Degli oltre 213 mila beni architettonici, monumentali e archeologici, quelli potenzialmente soggetti a fenomeni franosi sono oltre 12 mila nelle aree a pericolosità elevata. E raggiungono complessivamente le 38.000 unità se si considerano anche quelli ubicati in aree a minore pericolosità.

Vajont, le parole del presidente Mattarella

La tragedia che qui si è consumata reca il peso di pesanti responsabilità umane, di scelte gravi che venivano denunziate, da parte di persone attente, anche prima che avvenisse il disastro” spiega il Presidente Sergio Mattarella alla commemorazione della tragedia del Vajont.

Assicurare condizioni di sicurezza e garanzia di giustizia, come richiede il buon governo, rimane obiettivo attuale e doveroso nella nostra società – continua Mattarella -. Perché occuparsi dell’ambiente, rispettarlo, è garanzia di vita. Per evitare atteggiamenti di indifferenza, di presunzione, di superiorità rispetto ai segnali della natura. Pagati qui a così caro prezzo”.