È stato scoperto da una squadra internazionale di ricercatori il primo fattore genetico che determina la gravità della sclerosi multipla. I pazienti portatori di questo fattore hanno un decorso molto più rapido della malattia verso la disabilità. La sclerosi multipla, spiegano gli esperti, è una malattia autoimmune che produce danni alla guaina isolante che riveste le fibre nervose. I danni sono inferti dal sistema immunitario del paziente
Il recente studio, che ha coinvolto migliaia di pazienti, è stato effettuato da un team di scienziati dell’Università di Cambridge e dell’Università di San Francisco. Pubblicata sulla rivista “Nature“, la scoperta potrebbe portare a test prognostici per capire quale sarà il decorso della malattia nel singolo paziente. Potrebbe, anche, aprire a nuove terapie.
Due geni coinvolti nella sclerosi multipla
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Lo studio compiuto dagli esperti si è basato sul confronto del DNA di migliaia di pazienti. Dopo aver esaminato più di sette milioni di varianti genetiche, gli scienziati ne hanno trovata una associata a una progressione più rapida della malattia. La variante si trova tra due geni mai collegati prima alla sclerosi multipla (SM), chiamati DYSF e ZNF638.
La rivista “Nature” riporta che il primo gene è coinvolto nella riparazione delle cellule danneggiate e il secondo aiuta a controllare le infezioni virali. La vicinanza della variante a questi geni, normalmente attivi nel cervello e nel midollo spinale, indica che potrebbero essere coinvolti nella malattia. «Questi geni sono normalmente attivi nel cervello e nel midollo spinale, e non nel sistema immunitario Dovremmo concentrarci su queste parti della biologia umana per terapie più efficaci», afferma il professor Adil Harroud (McGill University, Montreal), primo autore dello studio.
Sotto esame un’ampia serie di campioni di DNA
È necessario approfondire gli studi per comprendere come questa variante genetica influenzi i geni DYSF, ZNF638 e il sistema nervoso in generale. I ricercatori esamineranno un’ampia serie di campioni di DNA di persone con SM per trovare eventuali altre varianti implicate nella disabilità a lungo termine.
«Ereditare questa variante genetica da entrambi i genitori accelera di quasi quattro anni il momento in cui si ha bisogno di un ausilio per la deambulazione». È quanto dichiara Sergio Baranzini dell’Università di San Francisco, coautore dello studio. Negli anni, difatti, diverse disfunzioni immunitarie sono state correlate alla malattia. Ma nessuno di questi fattori di rischio è in grado dare alcune spiegazioni. «Perché dieci anni dopo la diagnosi, alcuni pazienti sono in sedia a rotelle mentre altri continuano a correre le maratone?», evidenzia Baranzini.
Anche ricercatori italiani coinvolti nello studio
Ci sono anche ricercatori italiani coinvolti nello studio internazionale. Tra questi, Sandra D’Alfonso, Filippo Martinelli Boneschi e Federica Esposito, i quali sottolineano come questo lavoro rappresenti «un’importante svolta nell’ambito della medicina di precisione. Infatti, potrebbe, per esempio, portare all’uso di terapie più aggressive sin dall’inizio in quei soggetti portatori di varianti genetiche sfavorevoli per la progressione. Inoltre, la conoscenza di questa variante e dei due geni in prossimità della variante potrebbe permettere di sviluppare nuovi farmaci. Farmaci che potrebbero agire sul meccanismo d’azione di questi due geni, rallentando la progressione della malattia».