vittima del dovere marina

Un Tenente di vascello della Marina militare, morto nel febbraio 2013 a causa di un mesotelioma, è vittima del dovere. Lo ha riconosciuto come tale il Ministero della Difesa. L’ufficiale di Marina era in servizio a Taranto e morì per un mesotelioma causato dall’amianto. La sostanza cancerogena era presente, infatti, nelle navi sulle quali il militare ha trascorso buona parte della sua vita.

Alla figlia, orfana, sono stati concessi gli assegni vitalizi e un risarcimento di circa 200mila euro.

Per servire il Paese è stato a contatto con il minerale cancerogeno che gli è stato fatale” – sottolinea l’Osservatorio Nazionale Amianto in una nota. “La diagnosi di mesotelioma pleurico è arrivata nel 2012. In soli 5 mesi si è spento lasciando sola la figlia che si è rivolta all’Osservatorio Nazionale Amianto per avere giustizia e, attraverso il Presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, aveva presentato ricorso contro il ministero”.

Morto per mesotelioma, riconosciuto vittima del dovere

Taranto

Le richieste dell’avv. Bonanni erano state, per il militare, il riconoscimento di vittima del dovere e la speciale elargizione all’erede. Circa 200mila euro, oltre l’assegno vitalizio, entrambi concessi. “Il ministero, sollecitato dall’azione giudiziaria e preoccupato per una eventuale condanna si è attivato, così, a livello amministrativo concedendo tutto quanto richiesto“.

Il tenente di vascello – L.C. le sue iniziali – aveva 40 anni di carriera alle spalle. Si imbarcò per anni su diverse navi della Marina: tra esse la “Cesare”, la “Ausonia”, la “Lipari”. Oltre a stazionare nelle torrette, aveva anche svolto servizio – sia nei periodi in mare che a terra – in armeria. Insieme al deposito delle munizioni, sia nelle basi arsenalizie (compresa quella di Taranto) sia nelle unità navali, c’erano coibentazioni con amianto friabile.

Il militare aveva, inoltre, maneggiato materiali di amianto ed altri contenenti la stessa cosiddetta “fibra killer“; e fu esposto anche in modo indiretto e per contaminazione degli ambienti di lavoro. “Lo stesso funzionamento dei motori di brandeggio determinava l’aerodispersione di polveri e fibre di amianto, senza che ci fosse aspirazione generalizzata e localizzata delle polveri, anzi con scarsità di aria. Perfino il pasto era consumato all’interno degli angusti locali delle torrette delle unità navali” – sottolinea l’Ona.

La testimonianza: “Ammalata per contaminazione indiretta”

A causa dell’amianto ci si può ammalare anche per contaminazione indiretta. Basta venire a contatto con la fibra portata a casa da fuori. Succede purtroppo spesso, e le vittime sono sempre i familiari di qualcuno che era venuto a contatto con l’amianto sul posto di lavoro. Le mogli sono le più esposte.

Paola Santospirito, responsabile dell’Osservatorio Vittime del Dovere e moglie di un altro militare contaminato, ha voluto rendere la propria testimonianza. “A bordo delle unità navali è dimostrata la presenza di amianto e ora la Marina ha riconosciuto che sulle imbarcazioni c’erano anche altre sostanze chimiche e nocive” – ha detto. “Sostanze già segnalate dalla Iarc come agenti cancerogeni. Mio marito quindi ha subito una doppia esposizione. Abbiamo diversi militari morti o ammalatisi per una concomitanza di sostanze nocive“.

Per il futuro – ha concluso – mi affido alla prevenzione e alla scienza. Io sono una moglie contaminata indirettamente per il contatto con mio marito. Ho un’insufficienza respiratoria dovuta all’asbestosi, la stessa malattia che ha colpito lui. Cose del gene non devono ripetersi“.