I disturbi dell’alimentazione sono molto diffusi, colpiscono soprattutto il genere femminile tra i 6 e i 16 anni, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. I più conosciuti sono l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa, ma un altro di grande rilievo è il disturbo da alimentazione incontrollata, in inglese “BED-Binge Eating Disorder”.
Disturbo da alimentazione incontrollata: come si riconosce
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Si tratta di crisi bulimiche senza però condotte di compensazione inappropriate per il controllo del peso. Quindi, a differenza della bulimia, chi soffre di tale patologia mette in atto grandi abbuffate senza ricorrere a vomito autoindotto o lassativi. Questo provoca un aumento notevole di peso e si differenzia dagli altri disturbi proprio per questo aspetto. Le persone con il BED tendono a essere sovrappeso o obese. Non esiste un’età precisa di esordio, come invece accade per anoressia e bulimia, e colpisce anche il genere maschile. Spesso i pazienti si rivolgono a centri per l’obesità, ma mostrano maggiori sintomi psichiatrici rispetto alle persone obese, come depressione, disturbi della personalità e d’ansia.
Alimentazione incontrollata: gli aspetti psicologici
Alla base di questo disturbo, come per gli altri, c’è un senso di vergogna e insoddisfazione per il proprio aspetto corporeo, anche se non viene perseguito necessariamente un modello estremo di magrezza. In loro si fa largo un forte senso di disagio per il fatto che perdono il controllo con il cibo, ma non danno particolare importanza al peso o alla forma fisica per valutare se stessi, a differenza di chi soffre di bulimia nervosa. Tra i problemi a cui possono incorrere, ci sono aspetti sociali non indifferenti, infatti, come gli obesi, possono essere oggetto di discriminazione da parte del prossimo.
I criteri della diagnosi secondo il DSM-5
Secondo il DSM-5, il disturbo da alimentazione incontrollata è diagnosticabile attraverso cinque criteri. Il primo prevede ricorrenti crisi bulimiche, caratterizzate da due aspetti fondamentali: mangiare in un breve lasso di tempo una quantità di cibo superiore alla media; avere la sensazione di perdere il controllo durante le crisi, senza riuscire a fermarsi o senza avere la consapevolezza delle quantità ingerite.
Il secondo criterio stabilisce che le abbuffate sono associate a tre o più di questi aspetti: mangiare velocemente; arrivare a una spiacevole ed eccessiva sazietà; mangiare quantità enormi di cibo anche se non si ha lo stimolo della fame; mangiare in solitudine per la vergogna della quantità di cibo che si ingerisce; avere disgusto per se stessi e sensi di colpa per l’abbuffata.
Il terzo segnala un forte disagio in rapporto alle grandi mangiate. Il quarto afferma che le abbuffate si verificano minimo una volta a settimana per tre mesi. Il quinto e ultimo criterio stabilisce che l’ingerimento di grandi quantità di cibo non sono associate a ricorrenti condotte compensatorie di eliminazione.
Per capire la gravità della patologia, bisogna basarsi sulla frequenza delle crisi bulimiche. Esistono quattro livelli di gravità: lieve, con 1-3 crisi bulimiche a settimana; moderato, con 4-7 crisi; grave, con 8-13 crisi settimanali; estremo, con più di 14 crisi bulimiche a settimana.