Il 19 maggio, nella suggestiva cornice della Sala Koch del Senato della Repubblica, si è celebrata la prima Giornata Mondiale del Fair Play. Un evento che ha riunito rappresentanti delle istituzioni, del mondo sportivo, accademico e imprenditoriale. L’obiettivo? Rilanciare una cultura fondata sul rispetto, verso sé stessi, gli altri, l’ambiente, e soprattutto la vita.

In un momento storico in cui le tensioni sociali e le crisi globali rendono sempre più urgente il recupero di valori comuni, il fair play assume una funzione paradigmatica. Non solo regola il comportamento agonistico, ma si configura come categoria etica e giuridica. Capace di informare l’agire politico, economico e sociale.

Il fair play come architrave della civiltà democratica

Come ha spiegato Ruggero Alcanterini, presidente del Comitato Nazionale Italiano Fair Play, il concetto di fair play va ben oltre l’ambito sportivo. È un principio regolativo dell’azione umana che si estende alla sfera pubblica, alle relazioni sociali e al contesto lavorativo.

“Serve una grande transizione etica, che ci riporti a valori condivisi, alla responsabilità individuale come fondamento dell’agire collettivo,” ha dichiarato Alcanterini.

Nato a Roma nel 1941, Alcanterini è una figura di riferimento nel mondo dello sport italiano. Laureato in Giornalismo nel 1966, ha costruito una carriera poliedrica e coerente. Operando nei settori del turismo, dell’ambiente, della comunicazione e della cultura sportiva. Da sempre impegnato nella promozione del Fair play come valore strutturante della convivenza civile. Ha unito alla passione per la storia dello sport un rigoroso impegno etico. Autore, curatore di mostre, e divulgatore, Alcanterini ha dimostrato che lo sport non è solo performance, ma narrazione valoriale e strumento di coesione sociale.

La sua visione è profondamente influenzata da un umanesimo sportivo, che considera il gioco come palestra di virtù civiche. In questo senso, il fair play diventa un linguaggio comune, un codice simbolico attraverso il quale la società può ridefinire le proprie priorità: rispetto, solidarietà, giustizia.

Diritto alla salute: un imperativo morale ed etico, non solo giuridico

Uno dei temi centrali dell’evento è stato il diritto alla salute, inteso non solo come diritto individuale alla cura, ma come istanza collettiva di giustizia sociale. In questa prospettiva, la salute non può essere considerata una semplice condizione biologica, ma un bene relazionale.

Ezio Bonanni, avvocato e presidente dell’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto, ha proposto un’interpretazione forte del fair play come fondamento di una nuova etica del lavoro. In un Paese dove la presenza dell’amianto continua a provocare decessi e malattie, Bonanni ha ricordato come il rispetto per la vita debba essere prioritario rispetto a qualsiasi logica di profitto.

Dal punto di vista teorico, il diritto alla salute può essere letto come un diritto fondamentale di seconda generazione. Fondato sul principio di eguaglianza sostanziale (art. 3 della Costituzione) e tutelato dall’art. 32, che lo riconosce come diritto inviolabile dell’individuo e interesse della collettività. La sua tutela impone obblighi positivi allo Stato, chiamato a rimuovere gli ostacoli economici, ambientali e culturali che ne impediscono l’effettiva realizzazione.

La riflessione filosofica ci porta a pensare la salute come dimensione ontologica del vivere bene.

Lo sport come veicolo di consapevolezza sociale

La partecipazione del Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, ha sottolineato l’importanza di istituzionalizzare l’impegno per il fair play, rendendolo parte integrante delle politiche pubbliche. “Parlare di fair play significa parlare di valori fondanti per la nostra società,” ha affermato il Ministro, evidenziando come questa ricorrenza possa diventare un’occasione annuale per rinnovare il patto etico tra istituzioni e cittadini.

Anche il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha voluto ricordare la sua esperienza come assessore allo sport, sottolineando come lo sport sia stato per lui una scuola di responsabilità e di gestione della cosa pubblica.

Gherardo Casini, in rappresentanza dell’ONU, ha ribadito il respiro globale dell’iniziativa, riconoscendo il fair play come valore universale che può orientare le agende internazionali verso una governance più equa e inclusiva.

Il fair play nelle imprese e nella cultura organizzativa

Fabrizio Fasani, del Centro Studi Cross Route Impresa, ha interpretato il fair play come un abilitatore culturale per l’impresa etica. “Non possiamo più permettere che velocità e profitto prevalgano su correttezza e umanità. Le imprese devono essere luoghi di rispetto, partecipazione e benessere,” ha affermato, indicando un cambio di paradigma organizzativo che ponga al centro la persona.

La presenza di numerosi rappresentanti del mondo sportivo e istituzionale. tra cui Marco Mezzaroma, Roberto Novelli, Claudio Bardini, Rossana Ciuffetti, Alessandra Sensini e Giuseppe Palazzo – ha rafforzato l’idea che il fair play sia un presidio culturale contro l’imbarbarimento dei rapporti sociali, un antidoto alle derive dell’indifferenza e della strumentalizzazione della vita umana.

I Cavalieri del Fair Play: testimoni di un’etica incarnata

Durante la cerimonia sono stati premiati con il titolo di “Cavaliere del Fair Play” individui che hanno saputo incarnare concretamente i valori del rispetto e della responsabilità nei propri ambiti:
Katia Da Ros, CEO di Irinox, per aver promosso ambienti di lavoro inclusivi e salubri;

Cesare Mazzetti, presidente della Fondazione Qualivita, per il suo impegno nella sostenibilità alimentare;

Brunello Cucinelli, imprenditore-filosofo, per la sua visione umanistica dell’economia, orientata alla dignità del lavoro.

Un manifesto per il futuro: salute, dignità e giustizia

Il messaggio finale della giornata è stato netto: il fair play deve guidare ogni dimensione della vita pubblica, dalla politica all’economia, dall’educazione alla tutela della salute. Non è un concetto astratto, ma una bussola etica e giuridica, che consente di orientarsi in un mondo complesso e frammentato.

“Chi bara in una partita può compromettere un risultato. Ma chi ignora le regole della sicurezza compromette vite,” ha concluso Bonanni. “Il fair play deve essere la stella polare di ogni scelta, personale o istituzionale.”

In un tempo segnato da crisi ambientali, sanitarie e sociali, il fair play si propone come atto di resistenza civile e visione di futuro, riaffermando il diritto alla salute non solo come cura, ma come progetto condiviso di civiltà.