Mettere in atto una prevenzione di ‘precisione’.  È quanto si propone la fase multicentrica del progetto epi_we (Epigenetics for Women), che intende analizzare le ‘cicatrici’ lasciate dalla violenza sul Dna delle donne. Non solo, si vuole anche capire fino a che punto queste modifiche si estendano all’interno del genoma delle vittime e quanto durano gli effetti nel tempo.

Il progetto chiede la collaborazione di tutte le donne attraverso la semplice donazione di un campione biologico. L’iniziativa è stata presentata nel corso di un convegno dal titolo ‘Epigenomica della violenza sulle donne, studio multicentrico’.

Violenza contro le donne, un problema di salute pubblica

La violenza contro le donne è un problema di salute pubblica globale persistente. Riguarda tutte le classi sociali e le etnie con una notevole influenza negativa sulla salute delle donne.

«L’individuazione precoce gli interventi adeguati e la cooperazione multidisciplinare sono fattori cruciali per contrastare la violenza di genere». Lo dichiara Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto Superiore Sanità (ISS). «La ricerca pubblica e la sanità pubblica svolgono un ruolo centrale nell’individuazione dei fattori di rischio e di protezione. Ed anche nella comprensione del legame tra la violenza e gli effetti a lungo termine sulla salute delle donne. Questo lavoro transdisciplinare ha come obiettivo principale quello di proporre una serie di strategie innovative e/o d’interconnessione. Ciò per garantire alla donna che ha subito violenza un’assistenza di lungo periodo. Così da contrastare e limitare l’insorgenza di patologie croniche e non trasmissibili che potrebbero avere origine proprio dal trauma subito».

Il ruolo dell’epigenetica nel fornire risposte importanti

La sanità pubblica svolge un ruolo centrale nell’identificare i fattori di rischio e di protezione e nel rafforzare la ricerca. L’ISS supporta programmi e azioni per garantire a tutte le donne una vita senza violenza e senza le sue conseguenze sulla salute.

«L’individuazione precoce, interventi adeguati e la cooperazione multidisciplinare sono fattori cruciali per porre fine alla violenza di genere». Così il direttore generale dell’ISS Andrea Piccioli. «L’aspetto interessante a livello scientifico è il ruolo dell’epigenetica nel fornirci risposte importanti non solo per quel che riguarda i fattori di rischio e di protezione. Ma anche per la ricerca del nesso causale tra la violenza subita dalle donne e gli effetti sul loro stato di salute, pure a lungo termine».

Lo studio pilota epi_we pubblicato nel 2023

Lo studio pilota epi_we aveva già dimostrato che la violenza è in grado di alterare a livello epigenetico i geni delle donne vittime di violenza. Cioè, modificandone non la struttura, ma l’espressione.  

Lo studio è stato pubblicato nel 2023 e vede l’ISS come ente promotore in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. Ed anche con la Fondazione Cà Grande dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

I risultati preliminari ottenuti analizzando un pannello di 10 geni sono stati il punto di partenza per lo sviluppo dello studio multicentrico.

Gli studiosi stanno dimostrando a livello territoriale che la violenza influisce sulla salute del genoma. Spesso in un modo tale che i suoi effetti possono manifestarsi 10-20 anni dopo.

Per maggiori informazioni e per partecipare allo studio è disponibile l’indirizzo mail epi_we@iss.it.

Particolare riguardo alle patologie stress-correlate

La nuova fase prevede il coinvolgimento di 7 unità operative e di 5 regioni: Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria.

Grazie alla medicina territoriale e ai pronto soccorso, le donne vittime di violenza relazionale o sessuale saranno informate sulla possibilità di donare un loro campione biologico. E di tornare per valutare nel tempo la possibile variazione epigenomica attraverso la raccolta di più campioni. Questo servirà per intercettare in ognuna di loro il prima possibile gli eventuali danni di salute, intervenendo a livello multidisciplinare e integrato per prevenirli.  

L’obiettivo è quello di riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di donne con prelievi di sangue almeno per 18 mesi. In tutto 4 prelievi in totale, uno ogni sei mesi.

Al momento del prelievo, e nei richiami del follow-up, i campioni biologici saranno corredati con una serie di dati sul benessere psicofisico. Ciò con particolare riguardo alle patologie stress-correlate.