I tumori ovarici sono caratterizzati da tre tipi di alterazioni strutturali. Lo hanno scoperto i ricercatori di Humanitas Research Hospital. Tali alterazioni, evidenziate al primo stadio della neoplasia e derivanti da un Dna delle cellule tumorali instabile, definiscono una diversa prognosi per le pazienti. Si tratta di un dettaglio molto importante perché può aprire le porte ad un nuovo approccio nei confronti della malattia.
La ricerca è stata pubblicata sull’European Journal of Cancer e i dati derivano da uno studio sostenuto da Fondazione Alessandra Bono Onlus e da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, con la collaborazione di diversi ospedali. Coinvolte 205 pazienti con carcinoma dell’ovaio al primo stadio.
Altro aspetto importante è che le alterazioni cromosomiche sono presenti anche in casi di tumore alle ovaie in stadio avanzato; quest’ultimo è quello che si verifica nella maggior parte delle pazienti. La prospettiva è dunque che in futuro la caratteristica dell’instabilità cromosomica possa essere usata come nuova modalità di classificazione molecolare dei tumori ovarici.
Il team di ricerca è stato guidato dal professor Maurizio D’Incalci, a capo del laboratorio di Farmacologia antitumorale di Humanitas e docente di Humanitas University e dal dottor Sergio Marchini, responsabile del Laboratorio di Farmacologia Molecolare e dell’Unità Genomica di Humanitas. La tecnica usata è stata quella della genomica “a bassa profondità”; in sostanza i ricercatori hanno osservato i cromosomi “dall’alto”, senza scendere nel dettaglio della singola mutazione.
Tumori ovarici, dal genoma instabile nuove prospettive
“Studiare un tumore al primo stadio – ha spiegato il dottor Marchini – è importante per cogliere le alterazioni iniziali che sono essenziali per lo sviluppo della malattia. Queste conoscenze possono fornirci elementi per sviluppare nuovi metodi diagnostici e applicazioni terapeutiche. La caratterizzazione molecolare delle prime fasi della crescita di un tumore può, infatti, mettere in evidenza se ci sono dei bersagli che possiamo colpire per ottenere uno specifico effetto antitumorale“.
I tumori ovarici, solo in Italia, colpiscono circa 5.200 donne; 3.000 i decessi soltanto nel 2020. La diagnosi purtroppo spesso è tardiva perché la malattia nelle fasi iniziali è asintomatica.
“I risultati ottenuti nello studio hanno evidenziato una caratteristica biologica importante del tumore all’ovaio: l’instabilità cromosomica” – ha spiegato il professor D’Incalci. “Non tutti i casi sono però uguali. Ci sono casi con cromosomi altamente instabili, casi con cromosomi moderatamente instabili e casi con cromosomi stabili. Questi ultimi hanno una prognosi più favorevole e hanno una bassa probabilità di dare recidive“.
La scoperta potrebbe migliorare la diagnosi e forse anche la terapia per questo tumore, che ancora oggi è considerato tra i tumori più difficili da curare. L’obiettivo è ora provare a trovare nuovi metodi di diagnosi, per renderla più precoce. “A partire dalle conoscenze generate in questo lavoro stiamo lavorando alla messa a punto di un metodo nuovo per la diagnosi precoce del cancro ovarico. La sfida è molto grande, ma i dati preliminari che abbiamo ottenuto sono estremamente promettenti” – ha concluso il professor D’Incalci.