tumore al colon

Una innovativa tecnologia accende nuove speranze in chi è stato operato di tumore al colon. In circa un terzo dei pazienti con il cancro in stadio tre e due ad alto rischio, dopo la rimozione chirurgica della massa tumorale permangono micro-metastasi radiologicamente invisibili.

In questi casi viene in aiuto la biopsia liquida, che permette di determinare la presenza del Dna del tumore nel sangue del paziente. L’esame è ripetibile nel tempo e consente di personalizzare la scelta della terapia nel singolo individuo.

I vantaggi emersi della biopsia liquida

I vantaggi della biopsia liquida sono emersi durante lo studio clinico Pegasus, presentato a Madrid al congresso annuale dell’European Society of Medical Oncology (Esmo). Promossa dall’Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare (Ifom), la ricerca suggerisce anche la possibilità di utilizzare nei pazienti con biopsia liquida negativa una terapia meno intensa, in modo da ridurne la tossicità senza comprometterne l’efficacia.

Silvia Marsoni, responsabile dell’Unità di Oncologia di Precisione presso Ifom, ideatrice e coordinatrice dello studio Pegasus, ha spiegato: «Circa un malato su tre con carcinoma colon rettale operabile allo stadio III è a rischio di recidiva dopo la chirurgia. Questo a causa della presenza di micro-metastasi che, purtroppo, le tecniche radiologiche attualmente a disposizione non riescono a rilevare».

«Per prevenire le recidive», ha aggiunto la dottoressa Marsoni, «oggi pressoché tutti i pazienti sono sottoposti a chemioterapia dopo l’intervento. Non tutti traggono beneficio da questa strategia. Soprattutto, si trattano anche pazienti che non ne avrebbero bisogno. Infatti, fino a oggi non era disponibile uno strumento adeguato per misurare la malattia microscopica residua. Questo é uno dei primi studi prospettici di biopsia liquida, una nuova tecnologia capace di rilevare la presenza di Dna tumorale circolante (ctDNA) nel sangue dei pazienti dopo la chirurgia».

Lo studio su 135 pazienti operati di tumore al colon

Scopo dello studio era testare la fattibilità di utilizzo di questa nuova metodica. Tra il luglio 2020 e il luglio 2022 i ricercatori hanno reclutato 135 pazienti da 11 centri oncologici italiani e spagnoli. La biopsia liquida post-chirurgica ha dato risultati positivi in 35 pazienti su 135 (26%), di cui 12 (34%) hanno avuto una recidiva. Solo nel 10% dei restanti 100 pazienti con biopsia liquida negativa la malattia si è ripresentata.

Sara Lonardi, ricercatrice dell’Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova, a Madrid ha spiegato che «lo studio Pegasus prevede un trattamento di chemioterapia post-chirurgica differenziato in base ai risultati di una biopsia liquida fatta circa quattro settimane dopo l’asportazione chirurgica del tumore primario».

«Con biopsia liquida positiva i pazienti ricevono una chemioterapia adiuvante standard, la stessa usata oggi per il trattamento di tutti i tumori del colon a stadio III e stadio II ad alto rischio. Con biopsia liquida negativa, ricevono una terapia più leggera a scopo cautelativo», ha continuato.

Sara Lonardi ha aggiunto: «L’analisi della biopsia liquida si effettua più volte nel corso del trattamento. Viene poi ripetuta durante il follow-up del paziente per rivelare un’eventuale resistenza innata del tumore alla terapia. In questi casi di rimodula il regime chemioterapico e si impiega un trattamento più aggressivo».

Tumore al colon, le nuove prospettive

Allo studio, sostenuto da Fondazione Airc, hanno partecipato undici centri di eccellenza oncologica. Sulla biopsia liquida sono ora in corso studi internazionali. «Se questi risultati saranno confermati – aggiunge la dottoressa Marsoni – potranno contribuire a modificare le linee guida per il trattamento del cancro del colon operabile».

Infatti, con biopsia liquida negativa si ridurrà o eliminerà del tutto la terapia adiuvante. In caso di mancata risposta molecolare la chemioterapia verrà personalizzata. «È un contributo importante per cambiare il paradigma con una nuova terapia personalizzata – conclude -. Quest’ultima permetterà di esplorare la biologia dei tumori micro-metastatici, quelli per i quali dobbiamo trovare nuove e più efficaci terapie».