Un 38enne con sindrome di Usher di tipo 1B ha recuperato la vista dopo essere stato sottoposto a un’innovativa terapia genica. La terapia è stata messa in atto, per la prima volta al mondo, presso la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.
La sindrome di Usher di tipo 1B è una rara malattia genetica che si manifesta con cecità e sordità.
Grazie a una modalità di terapia genica messa a punto dall’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli, la Vanvitelli ha raggiunto l’eccellente risultato. La terapia è stata impiegata nel centro partenopeo anche su altri 7 pazienti italiani tra ottobre 2024 e aprile 2025.
Terapia genica, intervento non particolarmente complesso
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A un anno dall’intervento del 38enne, realizzato a luglio 2024, la vista è stata recuperata da vicino e da lontano, anche in condizioni di scarsa luminosità.
«L’intervento di terapia genica non è, in sé, particolarmente complesso». Così Francesca Simonelli, Ordinaria di Oftalmologia, Direttrice della Clinica Oculistica, Responsabile del Centro di Terapie Avanzate Oculari dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. «Si svolge in anestesia generale e prevede di iniettare nello spazio al di sotto della retina due vettori virali distinti. Essi trasportano ciascuno metà dell’informazione genetica necessaria per produrre la proteina che manca nei pazienti. Il recupero dall’intervento è rapido e l’effetto sull’acuità visiva è visibile già dopo pochi giorni. A due settimane di distanza, per esempio, il primo paziente trattato mostrava già un miglioramento della capacità visiva. E a un mese era in grado di vedere meglio anche in condizioni di scarsa luminosità. Ad oggi, di fatto, gli abbiamo restituito la vista».
Sindrome di Usher di tipo 1B, malattia ereditaria rara
La sindrome di Usher di tipo 1B è una malattia ereditaria rara che colpisce circa 20.000 persone tra Stati Uniti ed Europa. È provocata da mutazioni del gene MYO7A e si manifesta con sordità alla nascita, disfunzioni vestibolari. E con la perdita progressiva della vista nei primi dieci anni di vita, a causa dello sviluppo di una retinite pigmentosa. Mentre è possibile trattare la sordità, non esistono terapie che possano curare la Retinite pigmentosa. La terapia genica, con cui si trasferiscono nei pazienti versioni corrette dei geni responsabili della loro malattia, è una possibilità di intervento. Ma, finora, nella sindrome di Usher di tipo 1B era impraticabile a causa delle caratteristiche del gene MYO7A. «Questo è troppo grande per essere trasferito con uno dei vettori virali usati oggi per correggere i difetti genetici oculari», dichiara Simonelli.

La nuova terapia genica, una realtà per diverse malattie
Il trattamento che ha consentito il recupero della vista al 38enne è frutto di oltre dieci anni di ricerca. Questa è stata condotta dall’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli (TIGEM) grazie al costante supporto della Fondazione Telethon.
«La terapia genica è oggi una realtà terapeutica per diverse malattie, ma ci sono ancora degli ostacoli che ne limitano l’applicazione». Ad affermarlo è Alberto Auricchio, direttore del TIGEM e della ricerca di AAVantgarde Bio e professore ordinario di Genetica medica all’Università Federico II di Napoli. «Tra questi gli ostacoli c’è la capienza limitata dei vettori virali. Cioè i virus modificati utilizzati per trasferire nelle cellule dei pazienti versioni corrette dei geni responsabili delle loro patologie. Nel nostro istituto abbiamo sviluppato l’innovativa piattaforma che consente di superare questo limite tecnico e di poter applicare la terapia genica anche in malattie che dipendono da geni troppo ‘grandi’ per essere inseriti nei vettori attuali. Una volta iniettati nella cellula, questi vettori contenenti ciascuno metà delle istruzioni per la proteina terapeutica consentono di produrla nella sua forma completa e funzionante».
I risultati incoraggianti sono una speranza per i pazienti
I dati preliminari raccolti sugli altri 7 pazienti trattati finora, confermano la sicurezza e tollerabilità della terapia genica. Non si sono registrati eventi avversi seri a nessuna delle due dosi testate e l’infiammazione oculare osservata in alcuni pazienti è poco frequente, limitata. Si risolve con una terapia a base di corticosteroidi.
«Questi risultati molto incoraggianti – aggiunge Simonelli – costituiscono una speranza per tanti pazienti con malattie retiniche ereditarie. Il nuovo metodo, frutto della ricerca italiana, potrà aiutare a recuperare o preservare la funzione visiva di chi soffre della sindrome di Usher di tipo 1B. Aiuterà anche i pazienti con altre patologie ereditarie dell’occhio. Patologie che dipendono da difetti in geni che finora non potevano essere trasferiti attraverso le procedure standard di terapia genica».
L’auspicio è di poter replicare i risultati positivi anche in altre malattie oculari ereditarie dovute a geni troppo grandi, offrendo un’opportunità di cura laddove era preclusa.
La sperimentazione coinvolgerà altri 7 pazienti
Il primo paziente ha ricevuto la dose più bassa prevista nello studio internazionale di fase I/II LUCE-1, sponsorizzato da AAVantgarde Bio.
Lo studio coinvolge, oltre all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, il Moorsfield Eye Hospital e la The Retina Clinic di Londra.
La clinica partenopea ad oggi è l’unica al mondo ad avere iniziato i trattamenti, intervenendo anche su altri 7 pazienti con sindrome di Usher di tipo 1B. Metà di loro ha ricevuto la dose più bassa di terapia genica, l’altra metà una dose intermedia. A breve, saranno coinvolti nella sperimentazione altri 7 pazienti, nei quali sarà testato anche un terzo dosaggio più elevato.