Un importante passo avanti nella lotta contro uno dei tumori più aggressivi del polmone arriva da Tarlatamab, una nuova molecola immunoterapica “bispecifica” che ha dimostrato di prolungare in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC), una delle forme più difficili da trattare e con prognosi spesso infausta.

I risultati dello studio di Fase 3 Dellphi-304, presentati al Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e pubblicati sul prestigioso New England Journal of Medicine, parlano chiaro. La sopravvivenza mediana dei pazienti è passata da 8,3 a quasi 14 mesi grazie all’impiego di tarlatamab, contro la tradizionale chemioterapia. Non solo: alcuni pazienti sono vivi anche a oltre 3 anni dal trattamento, un risultato mai osservato prima in questa patologia.

Tartalamab: un bersaglio mirato e una doppia azione

La forza innovativa di Tarlatamab risiede nella sua struttura “bispecifica”: la molecola è in grado di riconoscere contemporaneamente due bersagli. Da un lato, si lega in modo selettivo alla proteina Dll3, espressa sulla superficie delle cellule tumorali nel 85-96% dei casi di SCLC; dall’altro, si aggancia alla proteina CD3 presente sui linfociti T, attivando così una risposta immunitaria diretta e potente contro il tumore.

Questa tecnologia è già nota per il trattamento di alcuni tumori del sangue, come la leucemia linfoblastica acuta, ma è la prima volta che viene applicata con successo a un tumore solido.

“Per la prima volta, abbiamo pazienti lungosopravviventi con carcinoma polmonare a piccole cellule, anche oltre i tre anni – ha dichiarato il prof. Federico Cappuzzo, direttore dell’Oncologia Medica 2 dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena . È una vera rivoluzione clinica”.

Microcitoma: un tumore raro e letale, ma con nuove prospettive

Il carcinoma polmonare a piccole cellule rappresenta il 10-15% di tutti i tumori polmonari, ma si distingue per la sua rapidità di crescita e resistenza alle cure tradizionali. In genere diagnosticato in fase avanzata, il SCLC ha finora risposto poco ai trattamenti di seconda linea, con sopravvivenze medie inferiori all’anno.

Nel mondo si registrano ogni anno oltre 330.000 nuovi casi, di cui circa 6.000 in Italia. Il nostro Paese è parte attiva nella sperimentazione: 30 centri italiani sono coinvolti nel programma clinico di sviluppo di tarlatamab, e al momento sono 29 i pazienti arruolati.

Tartalamab approvato dalla FDA

Grazie agli incoraggianti risultati clinici, tarlatamab ha ricevuto l’approvazione accelerata dalla FDA (Food and Drug Administration) nel 2024. Lo stesso anno, la molecola è stata inserita da Time tra le “invenzioni dell’anno”, a testimonianza del suo potenziale rivoluzionario non solo nella medicina, ma nell’intero panorama dell’innovazione scientifica.

Prossimi passi: integrare la novità nella pratica clinica

Secondo gli esperti, il vero cambiamento ora sarà “sul campo”. Come integrare al meglio questo nuovo farmaco nella pratica clinica quotidiana, ampliando la platea dei pazienti che possono beneficiarne. “Dobbiamo imparare ad usarlo, a selezionare i pazienti giusti e a costruire percorsi terapeutici su misura – conclude Cappuzzo –. Ma una cosa è certa: il futuro dell’oncologia passa da qui”.

Tarlatamab non è solo una nuova arma contro il tumore polmonare a piccole cellule. È un simbolo della nuova frontiera dell’immunoterapia. Farmaci intelligenti, precisi, capaci di sfruttare il sistema immunitario con bersagli selettivi, per curare dove prima c’erano solo poche opzioni e tanta rassegnazione.