Un recente studio pubblicato su The Lancet Regional Health Europe (“Rebuilding trust in Italy’s health system: lessons from the COVID-19 pandemic and beyond”) ha analizzato lo stato del sistema sanitario italiano. Lo studio ha messo in luce gravi criticità strutturali e organizzative nel SSN che ne minano l’equità e la sostenibilità. Pur riconoscendo i punti di forza storici del Servizio Sanitario Nazionale, gli autori sottolineano che la crisi pandemica ha amplificato le fragilità già esistenti, evidenziando la necessità di riforme radicali per garantire un’assistenza sanitaria accessibile ed efficace a tutta la popolazione.

In questo articolo vediamo nel dettaglio quali sono le criticità messe in luce dallo studio.

Disparità regionali nel sistema sanitario italiano: un’Italia a due velocità

Una delle problematiche più gravi evidenziate dallo studio riguarda le marcate disparità regionali nell’accesso e nella qualità delle cure sanitarie. Gli autori osservano come l’Italia abbia un SSN universalistico, ma la sua applicazione è compromessa dal decentramento amministrativo che delega alle regioni la gestione dei servizi sanitari.

Questo ha portato a una situazione in cui “il luogo di residenza di un paziente è spesso determinante per la qualità delle cure che può ricevere”. Le regioni del Nord, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, mostrano performance sanitarie generalmente superiori rispetto al Sud, dove regioni come la Calabria e la Campania soffrono di carenze infrastrutturali, di personale e di risorse economiche.

Secondo gli autori, il “regionalismo differenziato” ha contribuito a consolidare queste disparità, rendendo necessaria una revisione dei meccanismi di governance per garantire un coordinamento più efficace a livello nazionale.

Una crisi della sostenibilità finanziaria nel SSN

L’invecchiamento della popolazione italiana e l’aumento delle malattie croniche pongono una crescente pressione finanziaria sul SSN. Lo studio sottolinea che “la spesa sanitaria pubblica in Italia è rimasta significativamente inferiore rispetto alla media europea”, nonostante le esigenze crescenti. Nel 2020, l’Italia ha destinato alla sanità pubblica il 9,6% del PIL, contro una media europea del 10,9%. Questo sottofinanziamento ha portato a tagli significativi nei servizi, a una riduzione dei posti letto ospedalieri e a un aumento della dipendenza dai servizi privati, che non tutti i cittadini possono permettersi.

Inoltre, gli autori avvertono che i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) potrebbero non essere sufficienti per affrontare le carenze sistemiche se non accompagnati da una pianificazione strutturale a lungo termine.

Carenza di personale sanitario in Italia

Un altro problema cruciale emerso nello studio riguarda la carenza di medici, infermieri e altri professionisti sanitari. Lo studio osserva che “l’Italia ha uno dei tassi di medici e infermieri per abitante più bassi tra i paesi OCSE”. Questo problema è aggravato dall’emigrazione di giovani professionisti sanitari verso altri paesi europei, attratti da migliori condizioni lavorative e salari più alti. Inoltre, la pandemia ha esacerbato il problema, portando a un sovraccarico del personale sanitario rimasto, con conseguenze sulla qualità delle cure e sul benessere degli operatori.

Gli autori sottolineano la necessità di investire non solo nell’assunzione di nuovo personale, ma anche nella formazione e nel miglioramento delle condizioni lavorative per rendere il settore sanitario più attrattivo.

Lentezza nell’adozione delle tecnologie digitali nel sistema sanitario italiano

Nonostante i progressi compiuti in altre nazioni europee, l’Italia è rimasta indietro nell’adozione di soluzioni tecnologiche per la sanità. Lo studio critica la “mancanza di un’infrastruttura digitale integrata”. Questa potrebbe migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi sanitari, ad esempio attraverso la telemedicina e i sistemi di gestione elettronica dei dati dei pazienti.

La digitalizzazione è vista come una componente essenziale per modernizzare il SSN, ma richiede investimenti significativi e una visione strategica a livello nazionale.

Ha evidenziato inoltre come i sistemi digitali regionali siano incompatibili tra di loro. In questo modo sono necessari nuovi esami diagnostici quando un paziente passa da una regione all’altra, che costa al sistema sanitario italiano cifre esorbitanti.

La lezione della pandemia da COVID-19

La pandemia di COVID-19 ha rappresentato una prova senza precedenti per il sistema sanitario italiano. Ne ha infatti messo in evidenza sia i punti di forza che le debolezze strutturali. Gli autori osservano che, mentre il personale sanitario ha dimostrato dedizione e resilienza, il sistema nel suo complesso si è trovato impreparato. “La mancanza di coordinamento centrale e l’insufficienza delle infrastrutture sanitarie hanno compromesso la risposta iniziale alla pandemia”, scrivono gli autori. Aggiungendo che le regioni hanno adottato strategie divergenti, con risultati molto variabili.

Il documento sottolinea come la pandemia abbia reso evidente l’urgenza di rafforzare la sanità pubblica e di investire nella preparazione per future emergenze.

Prospettive per il futuro del sistema sanitario italiano: le raccomandazioni dello studio

Lo studio di The Lancet conclude con una serie di raccomandazioni per affrontare le criticità identificate. Gli autori propongono di:

  1. rafforzare il coordinamento nazionale: rivedere il sistema di governance sanitaria per ridurre le disparità regionali e garantire un accesso equo alle cure.
  2. Incrementare il finanziamento pubblico: portare la spesa sanitaria in linea con la media europea per garantire servizi adeguati a una popolazione che invecchia.
  3. Investire nel personale sanitario: creare condizioni lavorative più attrattive per ridurre l’emigrazione e potenziare le capacità del sistema.
  4. Accelerare la digitalizzazione: integrare soluzioni tecnologiche per migliorare l’efficienza, ridurre i costi e rendere i servizi più accessibili.
  5. Prepararsi a future emergenze: rafforzare la sanità pubblica e creare un sistema più resiliente per affrontare eventuali crisi sanitarie.

Gli autori concludono che, nonostante le difficoltà, il SSN italiano ha le potenzialità per tornare a essere un modello di riferimento. Ma solo se verranno adottate riforme strutturali coraggiose e una visione strategica a lungo termine.