Zero alcol in gravidanza” è il messaggio che gli esperti dell’ISS lanciano con una campagna di sensibilizzazione sui social media. Ciò in occasione della “Giornata mondiale della lotta alla sindrome feto-alcolica e dei disturbi correlati”, che si celebra il 9 settembre.

Il nuovo progetto, coordinato dall’Istituto Superiore Sanità (ISS), prevede anche la distribuzione di materiale informativo nelle scuole secondarie di secondo grado.

L’alcol in gravidanza deve essere completamente evitato per salvaguardare la salute del nascituro. Eppure, una percentuale significativa di future mamme continua a bere anche durante la gestazione. Una percentuale piccola, ma pur sempre significativa di gestanti, lo 0,2%, rientra in un profilo di bevitrice cronica. Invece, quasi il 6% è bevitrice sociale, beve cioè saltuariamente durante incontri e uscite con amici e colleghi.

I dati provengono dal Centro nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità e sono relativi al triennio 2019- 2022.

“Zero alcol in gravidanza”, la campagna di sensibilizzazione

La campagna di sensibilizzazione è messa in campo sui principali social media dell’ISS, con il coordinamento scientifico del proprio Centro nazionale Dipendenze e Doping.

Con informazioni e pillole video (reel) mira a intercettare tutti coloro che pianificano una gravidanza per spiegare i danni dell’alcol al feto.

Lo scopo è quello di spiegare in modo semplice che non esiste una quantità sicura di alcol nel periodo della gestazione. L’unica scelta possibile per tutelare il nascituro è non assumere alcolici. Questo vale per le future mamme, ma anche per i futuri papà, che sono un supporto importante.

L’ISS capofila di un progetto sull’alcol in gravidanza

Monitorare il consumo di alcol in gravidanza, formare gli operatori e sensibilizzare sui rischi. Sono questi gli obiettivi del progetto “Salute materno-infantile: formazione degli operatori socio-sanitari ed empowerment delle giovani donne sui rischi connessi al consumo di alcol in gravidanza”.

Il progetto ha la durata di due anni, prevede una parte di laboratorio dedicata ad acquisire informazioni sul consumo di alcol in gravidanza. E anche sull’eventuale uso concomitante di altre sostanze psicotrope tra le giovani donne di età 18-24 anni. Ciò attraverso l’analisi della presenza di EtG (Etilglucuronide, un metabolita specifico dell’alcol etilico) nei capelli delle gestanti. E nel meconio di neonati di madri in questa fascia di età.

Formare efficacemente gli operatori socio-sanitari

Il secondo obiettivo del progetto è formare efficacemente gli operatori socio-sanitari in modo da aumentare la possibilità di intercettare precocemente i rischi del consumo di alcol.

Nel progetto sono previsti corsi da destinare agli operatori sui rischi alcol correlati con lo scopo di fornire skills per la strutturazione di ambulatori.

L’attività di sensibilizzazione è destinata ai giovani studenti delle ultime classi delle scuole secondarie di secondo grado (17-19 anni), attraverso i social media e nelle scuole.

La sindrome feto-alcolica e i suoi 400 disturbi correlati

Le persone con disturbi della sindrome feto-alcolica (FASD) mostrano deficit di pensiero astratto, di organizzazione, di pianificazione, di apprendimento, nel ricordare sequenze di eventi. O nel collegare relazioni di causa-effetto, deficit di linguaggio espressivo e ricettivo, nelle abilità sociali e di consapevolezza e regolazione dei comportamenti e delle emozioni.

L’elenco attuale comprende più di 400 condizioni associate che comportano disabilità più o meno gravi e che accompagnano chi è colpito per tutta la vita. Per questo gli esperti rimarcano che è necessario astenersi al bere alcol in gravidanza. Tutti i disordini feto-alcolici, infatti, sono prevenibili al 100 per cento evitando di bere.