Ogni anno, il 13 settembre, si celebra la Giornata Mondiale contro la sepsi (World Sepsis Day).

La Giornata è un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità della patologia, spesso poco conosciuta.

La sepsi è una condizione potenzialmente letale, caratterizzata da una risposta infiammatoria sistemica causata da un’infezione, che può rapidamente evolvere in disfunzione multiorgano e morte.

La sepsi colpisce circa 49 milioni di persone, con 11 milioni di decessi all’anno a livello mondiale. Per questo motivo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inteso identificarla come una priorità sanitaria globale. La mortalità da sepsi è spesso legata a misure di prevenzione delle infezioni inadeguate, diagnosi tardiva e gestione clinica inappropriata.

Rischio di sepsi più alto nel periodo neonatale

Il periodo neonatale presenta il rischio di sepsi più alto nell’arco della vita. Di conseguenza, comporta un enorme carico medico, sociale ed economico a livello globale.

Questa condizione, comunemente definita da una coltura microbica positiva in un paziente sintomatico, rimane una sfida considerevole a livello globale. Insieme alla nascita pretermine, è responsabile del maggior numero di decessi nel primo mese di vita.

Ogni anno si stima che ci siano tra 3,9 e 5 milioni di casi di sepsi neonatale a livello globale, con circa 700.000-800.000 decessi. Tuttavia, le stime globali dell’incidenza e della mortalità sono spesso incerte a causa della mancanza di dati accurati e di sistemi di sorveglianza robusti. Specialmente nei paesi a basso e medio reddito.

I rischi delle infezioni acquisite in ospedale

Oggi, la sopravvivenza dei neonati pretermine e/o di basso peso alla nascita è nettamente migliorata nel tempo. Nonostante ciò, essi necessitano spesso di cure ospedaliere. Ciò li espone a nuovi rischi infettivi sotto forma di infezioni acquisite in ospedale (hospital-acquired infections HAI). Infatti, un recente studio di coorte ha evidenziato che tra la popolazione neonatale ospedalizzata i tassi di sepsi sono più di sette volte superiori.

Nelle unità di Terapia Intensiva Neonatale, più della metà delle HAI risultano essere sepsi acquisite in ambito ospedaliero (hospital-acquired sepsis HAS). Queste sono responsabili di un aumento della mortalità del 5.5% nei neonati ospedalizzati affetti rispetto ai neonati con le stesse caratteristiche ma senza HAS.

La sepsi neonatale rimane una sfida significativa. Le limitazioni nella diagnosi rapida, l’aumento della resistenza antimicrobica e la carenza di dati epidemiologici accurati ostacolano gli sforzi globali per ridurre l’incidenza e la mortalità.

Mutata negli ultimi anni l’eziologia della sepsi neonatale

Nei paesi a basso e medio reddito, l’incidenza è significativamente più elevata a causa di fattori come l’alta prevalenza di nascite pretermine. Ma anche per le condizioni igieniche inadeguate e il limitato accesso a cure prenatali e perinatali di qualità.

L’eziologia della sepsi neonatale è cambiata negli ultimi decenni a causa dell’aumento della resistenza antimicrobica. E dell’utilizzo di dispositivi sanitari invasivi che aumentano il rischio di infezioni associate all’assistenza sanitaria. La sepsi neonatale causata da batteri Gram-negativi resistenti agli antibiotici è responsabile di circa il 30% dei decessi neonatali dovuti a sepsi.

La prognosi dipende dal riconoscimento precoce e dal trattamento appropriato, sebbene i segni e i sintomi siano spesso aspecifici.

La prevenzione della sepsi neonatale si concentra principalmente sull’implementazione di misure efficaci di controllo delle infezioni e sulla gestione appropriata delle cure prenatali e perinatali.