Quando vediamo qualche persona che fa degli ampi sbadigli, quasi automaticamente, facciamo lo stessa cosa. Come mai? Sembra un riflesso involontario, ma dietro questo gesto si cela un complesso meccanismo cerebrale che coinvolge la nostra capacità di imitazione. Un recente studio condotto da un team internazionale di ricercatori, guidato dagli scienziati dell’Università di Bologna, si è focalizzato su questi meccanismi, rivelando dettagli inediti che potrebbero avere importanti implicazioni per la comprensione del comportamento umano e per il trattamento di disturbi neurologici

Perché gli sbadigli sono contagiosi?

Gli sbadigli sono un chiaro esempio di imitazione automatica, per cui tendiamo a replicare inconsciamente le azioni degli altri.

Gli sbadigli sono atti riflessi che coinvolgono l’apertura involontaria della bocca seguita da una lunga e profonda inalazione di aria, spesso accompagnata da un allungamento delle braccia o del tronco.

Questo comportamento, presente in molte specie animali oltre che nell’uomo, è comunemente associato alla stanchezza, alla noia o alla necessità di aumentare l’apporto di ossigeno nel cervello. Tuttavia, non è solo una semplice risposta fisiologica.

Lo sbadiglio può essere “contagioso”.

È infatti un chiaro esempio di imitazione automatica, per cui tendiamo a replicare inconsciamente le azioni degli altri. Ma cosa c’è alla base di questo fenomeno?

Il meccanismo cerebrale dietro l’imitazione automatica

Alla base dell’imitazione automatica c’è un sistema motorio che si attiva in risposta alle azioni osservate negli altri. Il nostro cervello è dotato di una rete di neuroni specchio, che si attivano non solo quando compiamo un’azione, ma anche quando vediamo qualcuno compierla. Questo sistema ci permette di comprendere e imitare le azioni altrui in modo immediato e quasi inconsapevole.

Il team guidato dall’Università di Bologna ha esplorato in profondità questi meccanismi. Per farlo, ha utilizzato una tecnica avanzata di stimolazione cerebrale non invasiva chiamata “stimolazione associativa accoppiata cortico-corticale” (ccPAS). Questa, consente di influenzare temporaneamente la comunicazione tra diverse aree del cervello, permettendo di capire meglio il ruolo specifico dei circuiti cerebrali nell’imitazione automatica.

La ricerca che svela i segreti del cervello

Lo studio ha coinvolto ottanta partecipanti sani, suddivisi in quattro gruppi, ciascuno dei quali ha seguito un protocollo ccPAS diverso. I partecipanti hanno svolto due compiti comportamentali, uno di imitazione volontaria e uno di imitazione automatica, sia prima che dopo il trattamento ccPAS.

L’obiettivo era capire come la manipolazione della connettività tra le aree frontali del cervello, in particolare l’area premotoria ventrale (PMv), l’area motoria supplementare (SMA) e la corteccia motoria primaria (M1), influenzi l’imitazione.

Risultati?

I risultati hanno mostrato che diversi circuiti del sistema motorio hanno ruoli distinti e specifici.

«Abbiamo scoperto che l’aumento della connettività tra l’area premotoria ventrale (PMv) e la corteccia motoria primaria (M1) potenzia la tendenza a imitare automaticamente il comportamento degli altri. Di contro, la sua riduzione ha l’effetto contrario» spiega Sonia Turrini, prima autrice dello studio. Al contrario, migliorare la connettività della corteccia motoria supplementare (SMA) con la corteccia motoria primaria (M1) sembra aumentare la capacità di inibire l’imitazione automatica quando è inappropriata al contesto.

Applicazioni terapeutiche: il futuro della ricerca

Queste scoperte non sono solo di interesse teorico, ma potrebbero avere importanti applicazioni pratiche.

Manipolare la plasticità cerebrale per modulare il comportamento imitativo potrebbe, infatti, avere rilevanti implicazioni cliniche.

«Questa scoperta apre nuove prospettive per trattamenti che mirano a migliorare le prestazioni cognitive in pazienti con disturbi neurologici o disfunzioni sociali». Ad affermarlo, Alessio Avenanti, professore dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio.

Disturbi come l’autismo, la schizofrenia o anche alcuni deficit cognitivi potrebbero beneficiare di terapie basate su queste nuove conoscenze.

Ad esempio, migliorare la capacità di inibire l’imitazione automatica potrebbe aiutare le persone a concentrarsi meglio sui propri compiti senza essere influenzati dalle azioni altrui, mentre potenziare questa tendenza potrebbe favorire una migliore integrazione sociale.

Curiosità e dettagli sul comportamento imitativo

L’imitazione automatica non riguarda solo comportamenti macroscopici come lo sbadiglio. Si manifesta anche in gesti sottili, come l’adeguamento del ritmo della voce o la postura. Questo fenomeno è così pervasivo che può influenzare inconsciamente il nostro giudizio sugli altri. Tendiamo infatti a percepire come più simpatiche e affidabili le persone che imitano i nostri comportamenti.

Un’altra curiosità riguarda il fatto che la tendenza all’imitazione varia da persona a persona. Alcuni studi suggeriscono che chi è più empatico tende a imitare di più. Il che potrebbe spiegare perché lo sbadiglio è più contagioso tra persone che condividono un legame emotivo.

Conclusioni

Il meccanismo alla base del contagio dello sbadiglio e dell’imitazione automatica è più complesso di quanto si potesse immaginare. Grazie a ricerche come quella condotta dall’Università di Bologna, stiamo scoprendo sempre più dettagli su come il nostro cervello ci permette di interagire con gli altri in modo così fluido e naturale. Queste nuove conoscenze non solo arricchiscono la nostra comprensione della mente umana, ma aprono anche la strada a trattamenti innovativi per una varietà di disturbi neurologici.

In un mondo sempre più interconnesso, capire i meccanismi che regolano le nostre interazioni sociali potrebbe fare la differenza nel migliorare la qualità della vita di milioni di persone. Quindi, la prossima volta che ti sorprenderai a sbadigliare dopo aver visto qualcuno farlo, ricordati che stai partecipando a uno dei comportamenti più affascinanti e complessi della nostra specie.