L’Alzheimer (AD), la principale causa di demenza nell’uomo, è tra le malattie più indagate dai ricercatori di tutto il mondo. Aumenta rapidamente con l’età e, dopo i 65 anni, il rischio di sviluppare AD raddoppia ogni cinque anni. Purtroppo, non si conosce ancora il motivo per cui l’età costituisce il principale fattore di rischio.
Nel corso dei vari studi sulla malattia, gli scienziati hanno posto l’attenzione sul possibile ruolo della degradazione della mielina, lo “strato isolante” delle cellule nervose. È ormai risaputo che la mielina garantisce una rapida comunicazione tra i neuroni.
Un recente studio condotto su 164 persone si è incentrato, invece, sul microbioma Questo è il patrimonio genetico posseduto dal microbiota (l’insieme dei microrganismi presenti nel tratto digerente). I ricercatori hanno scoperto che, prima della comparsa dei sintomi, coloro che sviluppano Alzheimer hanno già una diversa composizione del microbioma.
Microbioma e specie batteriche, marcatori precoci dell’AD
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La composizione del microbioma intestinale e, in particolare, la presenza di alcune specie batteriche, può essere un marcatore precoce della malattia di Alzheimer. A questo risultato si è giunti in seguito a uno studio della Washington University School of Medicine di Saint Louis, pubblicato su Science Translational Medicine.
«Il microbiota intestinale umano ospita una comunità diversificata, per composizione e funzioni, di microrganismi. Questa influenza la salute e il benessere dei loro ospiti», evidenziano i ricercatori.
Gli studiosi hanno individuato le famiglie di batteri dei pazienti con demenza. In futuro, se i risultati saranno confermati, potrebbe essere più facile scoprire precocemente le persone che presentano maggiori rischi di sviluppare la malattia.
Alzheimer, studiare il legame tra cervello e intestino
Il microbiota muta con l’età e in base all’ambiente e alla dieta. Nella fase di crescita e in quella senile è piuttosto instabile. È necessario, pertanto, approfondire gli studi condotti finora per comprendere i motivi della differente composizione del microbioma in quanti sviluppano AD.
«Non sappiamo ancora se sia l’intestino a influenzare il cervello o il cervello a influenzare l’intestino. Ma, in entrambi i casi, conoscere questo legame è prezioso», ha dichiarato il coordinatore dello studio Gautam Dantas.
«Potrebbe essere che i cambiamenti nel microbioma intestinale siano solo uno specchio dei cambiamenti patologici nel cervello. L’altra alternativa è che il microbioma intestinale contribuisca all’Alzheimer. In tal caso, la regolazione del microbioma intestinale con probiotici o trasferimenti fecali potrebbe aiutare a cambiare il decorso della malattia», ha concluso Dantas.
Che cos’è il microbioma intestinale?
Il microbioma intestinale è la totalità del patrimonio genetico posseduto dal microbiota, ovvero l’insieme dei microrganismi presenti nel tratto digerente e soprattutto nell’intestino. Essi comunicano tra di loro e agiscono come se fossero un unico organismo.
«Svolgono funzioni importanti per la salute dell’uomo» afferma l’Istituto superiore di sanità (Iss). «Difendono dall’azione dei patogeni, assorbono i nutrienti e contribuiscono alla regolazione della produzione di vitamine, di energia e delle difese immunitarie». «Studiare il microbioma, prosegue l’Iss, «è importante perché rappresenta il 90% circa del totale dei geni. Ma anche perché permette di conoscerne la struttura e poi valutarne le funzioni e studiarne il metabolismo».