Quali sono i sintomi, dal punto di vista medico, riscontrati dagli astronauti al rientro sulla terra dopo i voli spaziali?

La risposta giunge dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr (Cnr-Ifc) che ha collaborato allo studio guidato dal Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova.

Pubblicato sulla rivista “Military Medical Research“, lo studio è stato condotto su tre piloti dell’aviazione italiana. Questi, per la prima volta, hanno effettuato un volo suborbitale commerciale Galaxy 01.

Il team guidato da Gerardo Bosco (Università di Padova) si è avvalso di tecniche molto innovative e user-friendly. Tra queste, ad esempio, il prelievo di un campione di saliva attraverso una piccola salivette.

Allo studio hanno contribuito anche Tommaso Antonio Giacon (Università di Padova) e Nazareno Paolocci (Università di Padova e Johns Hopkins di Baltimora).

Gli effetti di una permanenza breve nello spazio

I ricercatori hanno osservato gli effetti di una permanenza nello spazio piuttosto breve, come i 60 minuti circa della missione Galaxy 01. Hanno concluso che anche una piccola sosta è sufficiente, una volta rientrati a terra, ad alterare i livelli di alcune molecole. Si tratta di molecole essenziali per il controllo della risposta allo stress o delle capacità cognitive.

«Abbiamo registrato un netto calo dei livelli circolanti di dopamina, implicata nel controllo del movimento volontario e di risposte emotive». Così il coordinatore dello studio Gerardo Bosco. Il calo è «accompagnato da un aumento del brain-derived neurotrophic factor (BDNF). Si tratta di una proteina che presiede al controllo dello sviluppo delle cellule nervose. Presiede anche al loro mantenimento e funzionamento, soprattutto in condizioni di stress, e alla comunicazione tra le cellule nervose stesse», spiega Bosco.

Registrate alterazioni e aumento dei livelli di cortisolo

Le alterazioni registrate suggeriscono un’iniziale risposta allo stress.

«Infatti – continua Boscoa queste alterazioni si è anche accompagnato un aumento significativo dei livelli di cortisolo». È questo un ormone rilasciato in tutte le condizioni caratterizzate da affaticamento, tensione e logorio fisico e/o mentale. 

Per il Cnr-Ifc hanno collaborato allo studio Simona Mrakic-Sposta e Alessandra Vezzoli.

«Questo studio rivela anche che il volo suborbitale induce una diminuzione dei fattori che normalmente prevengono l’aumento dei livelli circolanti e tissutali di radicali liberi dell’ossigeno». È quanto dichiarano Sposta e Vezzoli.

Si instaurano, pertanto, delle condizioni «che, nel tempo, potrebbero portare a un vero e proprio stress ossidativo generalizzato. Abbiamo inoltre scoperto un incremento di particolari molecole implicate nell’innesco e propagazione della risposta infiammatoria», concludono le due esperte.

Caratterizzare i fattori di rischio delle missioni spaziali

Gli autori rimarcano che si è trattato di uno studio pilota eseguito su soli tre astronauti, tutti di sesso maschile e più o meno coetanei. È, tuttavia, uno dei primi sforzi fatti per caratterizzare meglio i possibili fattori di rischio legati a missioni nello spazio. Soprattutto se prolungate o ripetute in brevi lassi di tempo e se i soggetti lanciati nello spazio non dovessero aver ricevuto un training adeguato e sufficiente.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista «Military Medical Research». Questa ha, tra i suoi scopi, non solo aspetti di ricerca di base e clinica concernenti la medicina militare moderna. Ma anche ricerca medica di base e clinica con potenziale traslazionale concernenti nell’esposizione di donne e uomini a condizioni ambientali estreme. Siano esse di natura militare e non che possano portare a varie forme di stress, incluso quello post-traumatico.