I ricercatori della Weill Cornell Medicine e della società di epigenetica TruDiagnostic hanno fatto un’importante scoperta. Si tratta dei marcatori del DNA associati ai retroelementi nei nostri geni che agiscono come orologi epigenetici altamente accurati e predicono l’età cronologica. I retroelementi sono resti di antico materiale genetico virale. Dai risultati della ricerca si evince che alcuni di essi nel genoma umano possano essere coinvolti nell’invecchiamento.

I retroelementi influenzano la regolazione genetica, l’espressione genica, la stabilità genomica e l’evoluzione di varie malattie umane. Il loro potenziale come biomarcatori dell’invecchiamento è, tuttavia, rimasto in gran parte inesplorato.

Uno studio pubblicato su “Aging Cell” ha stabilito che questi orologi retroelementi incorporati nel genoma umano catturano segnali unici di invecchiamento. Segnali non riconosciuti in precedenza da altri orologi che misurano l’età cronologica.

L’orologio dell’invecchiamento basato sui retroelementi

La maggior parte degli orologi dell’invecchiamento stima l’età biologica di una persona in base a modelli di marcatori epigenetici. E anche in base a tag chimici chiamati gruppi metilici che sono attaccati al DNA e influenzano il modo in cui i geni vengono espressi. Il modello di metilazione sui retroelementi sembra cambiare con l’avanzare dell’età, rendendo alcuni geni più attivi. Ciò può portare a instabilità genomica, infiammazione e malattie legate all’età.

I ricercatori hanno utilizzato un modello di apprendimento automatico di TruDiagnostic per analizzare i dati epigenetici di 12.670 individui tra i 12 e i 100 anni. Utilizzando i modelli di metilazione del DNA risultanti dei retroelementi hanno sviluppato un orologio composito retroelemento-Età chiamato “Retro-Età”. È stato, così, possibile aprire nuove prospettive sul processo di invecchiamento.

Tornare indietro nel tempo: l’impatto dei fattori ambientali

I ricercatori, tra cui Lishomwa Ndhlovu e Michael Corley, hanno anche scoperto che i modelli di metilazione del DNA osservati non erano solo predittivi dell’età. Essi, infatti, rispondevano anche a fattori esterni come la terapia antiretrovirale assunta dalle persone affette da HIV. L’infezione da HIV accelera l’invecchiamento epigenetico, mentre la terapia antiretrovirale sembra invertire in una certa misura l’orologio. Ciò suggerisce che l’attività del retroelemento è influenzata sia dall’infezione che dal suo trattamento, influenzando il processo di invecchiamento biologico nelle persone affette da HIV.

«La riattivazione di specifici retroelementi aumenta con l’età, portando potenzialmente a caratteristiche biologiche distintive dell’invecchiamento come infiammazione, senescenza cellulare e instabilità genomica». È quanto affermato dall’autore corrispondente dello studio, Michael Corley, professore associato di immunologia in medicina presso la Divisione di malattie infettive della Weill Cornell Medicine.

Mitigare gli effetti biologici dell’invecchiamento

I risultati della ricerca indicano che gli orologi dei retroelementi catturano sfaccettature dell’invecchiamento biologico precedentemente non rilevate. Potrebbero aprire la porta a futuri trattamenti per queste e altre condizioni legate all’età. Inoltre, monitorare l’attività dei retroelementi potrebbe aiutare a tracciare l’efficacia delle terapie anti-invecchiamento e i risultati in termini di salute nelle popolazioni anziane. Ma anche l’impatto dei cambiamenti nello stile di vita sull’invecchiamento biologico.

Ndhlovu e Corley hanno in programma di esplorare nuovi trattamenti o interventi terapeutici per le malattie legate all’età. Si baseranno sugli stati epigenetici di specifici retroelementi nel genoma umano. Un approccio, hanno osservato i due studiosi, che potrebbe alla fine invertire o mitigare gli effetti biologici dell’invecchiamento. Effetti che migliorerebbero la durata della salute e della vita di un individuo.

Fonte: Weill Cornell Medicine