“Proteggere”, parola che assume nuovi significati, all’interno del diritto in Italia.
L’Italia detiene purtroppo un primato negativo in un settore cruciale: quello degli infortuni e delle malattie professionali. Con un’incidenza drammaticamente alta, si è posizionata dietro a Paesi come India e Cina. Tra le cause principali di questa situazione ci sono le malattie legate all’amianto. Un esempio emblematico che rappresenta il fallimento delle politiche di prevenzione e tutela della salute. Il prezzo umano, sociale ed economico pagato per questi disastri è incalcolabile. Vite perse, drammi familiari, costi per bonifica e per sanità, pesante impatto sul bilancio pubblico.
L’amianto è stato un bagno di sangue, danni economici incommensurabili
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Il caso dell’amianto è paradigmatico di una situazione che ha segnato la vita di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie. Per anni, le normative di sicurezza sul lavoro non sono state applicate con la necessaria efficacia, lasciando che i rischi, purtroppo noti, venissero ignorati. Le politiche di prevenzione hanno privilegiato la salvaguardia dei profitti industriali a discapito della vita umana, generando un circolo vizioso che ha danneggiato vittime e l’intera economia del Paese. L’impatto è stato devastante: spese sanitarie enormi per trattare le malattie, prestazioni previdenziali per i lavoratori malati e morti, e costi di bonifica che, inevitabilmente, hanno avuto ripercussioni sul bilancio pubblico.
Prevenzione o limitare i rischi? In dibattito prosegue
Si invita alla riflessione su prevenzione e protezione della salute sul lavoro. Il modello attuale, incentrato sulla limitazione del rischio, si basa sulla presunzione di “domare” la natura e le sue variabili. Fallita miseramente. Il rischio, pur calcolato, non può mai essere totalmente eliminato. Questo approccio ha contribuito a mantenere il primato degli infortuni e delle malattie professionali, capace di mietere vittime ogni anno. Eppure, esistono alternative. La soluzione, secondo molti esperti, è quella di rimuovere il rischio alla fonte. L’implicazione è cambiare nelle modalità di produzione e riorganizzare radicalmente le politiche industriali. Per privilegiare la salute e la sicurezza rispetto ai profitti immediati.
La legislazione e l’obbligo di tutelare la collettività
Oltre alla necessaria e coerente applicazione delle norme attualmente in vigore, è urgente una riforma legislativa che rispetti i valori etici, morali e sociali che da sempre sono alla base del nostro ordinamento giuridico. La tutela della salute, in questo contesto, non può più essere concepita come un diritto individuale isolato, ma deve diventare un diritto collettivo, che coinvolge l’intera comunità. L’ambiente salubre è la condizione imprescindibile per la tutela della salute umana, e qualsiasi attività che possa comprometterlo deve essere fermata prima che possa causare danni irreversibili.
Lo Stato ha il compito di garantire e proteggere
L’obbligo di tutela della salute, previsto dall’articolo 32 della Costituzione, deve essere esteso a una dimensione collettiva, dove lo Stato non si limita a risarcire i danni dopo il fatto, ma diventa attore attivo nella prevenzione. Questo approccio, che si basa sulla precauzione e sulla prevenzione primaria, deve estendersi non solo al settore pubblico, ma anche a quello privato, con un forte impegno nell’indirizzare le scelte produttive verso modelli che riducano al minimo i rischi per la salute dei lavoratori e della collettività.
Diritto tra privato e collettivo
La concezione tradizionale del diritto, che identifica il rapporto di lavoro come un semplice contratto economico, deve essere superata. Oggi, più che mai, è necessario che il diritto al lavoro e alla salute si fondino su un principio collettivo, che riconosca l’interdipendenza tra il benessere individuale e quello della collettività. La salute di un singolo lavoratore non è separabile dal benessere dell’intera comunità, e il danno ambientale, che compromette l’ecosistema, finisce per ledere anche i diritti delle generazioni future.
L’evoluzione del diritto, la protezione più completa e inclusiva
La giurisprudenza e la dottrina giuridica hanno compiuto progressi significativi nell’adattare le normative alla realtà attuale. Tuttavia, la condanna e il risarcimento economico non sono sufficienti a garantire una protezione effettiva dei diritti fondamentali. L’infortunato o il malato non potrà mai riacquistare la piena salute, e la sua condizione psicofisica compromessa sarà un danno che non può essere riparato semplicemente con una compensazione monetaria.
Per questo, il sistema giuridico deve evolversi, abbandonando la visione puramente normativistica. Questa considera il diritto come questione individuale legata alla lesione di beni materiali. È necessario un approccio che consideri il diritto alla salute nella sua collettività, che si estende all’intera società, e che ponga l’accento sulla prevenzione e sul rispetto dell’ambiente.
Un Futuro Sostenibile: L’Uomo al Centro della Legge
La vera sfida, dunque, sta trasformando il diritto nel concetto di una globalizzazione sempre più tangibile, diventata ormai parte integrante dell’interazione umana. Per farlo ha esigenza di muoversi attraverso l’interlinea del diritto alla salute. Senza trascurare la tematica della sicurezza sul lavoro, che non può essere inteso come una questione privata. Può diventare un impegno collettivo e riuscire a coinvolgere le istituzioni pubbliche e private. Fondare le basi su nuove visioni etiche e culturali societarie. Solo così sarà possibile garantire un futuro sano e sostenibile per tutti. E la tutela dell’ambiente come quella dei diritti umani non resti affare teorico, ma diventi realtà tangibile.