Un studio pubblicato sulla rivista “Science” apre nuovi scenari nella comprensione della preeclampsia, nota anche come gestosi, una complicanza potenzialmente grave della gravidanza.

La ricerca è stata coordinata da Paola Romagnani, responsabile della Nefrologia e Dialisi dell’AOU Meyer IRCCS, ordinario di Nefrologia dell’UniFi e da Carolina Conte dell’UniFi.

Il lavoro rivela che un particolare tipo di cellule renali – i progenitori renali – svolge un ruolo chiave nell’adattamento del rene alla gravidanza. Queste cellule, attivate dagli estrogeni, generano nuove cellule fondamentali per il filtro renale, contribuendo a rispondere all’aumento del lavoro che il rene affronta durante la gestazione. Quando questo meccanismo si altera, può svilupparsi la preeclampsia, con conseguenze per la madre e il bambino.

Il titolo del lavoro del Meyer è: “Estrogen-regulated renal progenitors determine pregnancy adaptation and preeclampsia”.

Gli estrogeni attivano i progenitori renali

Durante la gravidanza, il rene della donna deve lavorare per due – madre e feto – e aumenta fino al 150% della sua dimensione.

«Questo richiede un adattamento profondo della struttura renale», spiega Romagnani. «Abbiamo scoperto che gli estrogeni attivano i progenitori renali, che a loro volta generano nuove cellule podocitarie, fondamentali per mantenere la funzione di filtro del rene. Se questo meccanismo non funziona, si sviluppa la preeclampsia».

Lo studio sulla preeclampsia: una intuizione diventata ipotesi

L’ipotesi iniziale è nata “per caso” e rivela una particolare genesi. «Dieci anni fa – rivela Romagnani – abbiamo provato a coltivare i progenitori renali, le cellule staminali del rene che avevamo identificato, da campioni di urina. In laboratorio eravamo tutte donne: due erano in gravidanza e solo dai loro campioni le colture crescevano regolarmente. Impossibile fosse una coincidenza. Da lì l’idea: in gravidanza il rene – secondo solo all’utero – aumenta di volume perché questi progenitori si espandono per reggere il carico extra. Forse è anche per questo che le donne in età fertile sono più protette da ipertensione e malattia renale cronica. Quell’intuizione è diventata la nostra ipotesi».

Le prospettive cliniche per la madre e per il bambino

Lo studio ha importanti implicazioni per entrambi i soggetti coinvolti nella gravidanza.
Per la madre: contribuisce a chiarire le basi della preeclampsia. Apre la strada allo sviluppo di strategie di prevenzione e trattamenti mirati per proteggere la salute renale e cardiovascolare a lungo termine.
Per il bambino: dimostra che i figli nati da gravidanze complicate da preeclampsia hanno un maggior rischio di sviluppare ipertensione e malattia renale cronica nell’età adulta. Ciò a causa di un ridotto numero di nefroni alla nascita. Intervenire precocemente con controlli mirati può proteggere sia i reni sia il cuore nel tempo.

La preeclampsia colpisce circa il 5% delle gravidanze in Europa

La preeclampsia colpisce circa il 5% delle gravidanze in Europa. Ma supera il 10% nei Paesi a basso reddito, dove rappresenta la prima causa di morte materna. I suoi effetti possono estendersi ben oltre la gravidanza, aumentando il rischio di ipertensione e insufficienza renale sia per la madre sia per il bambino.

La malattia renale cronica colpisce oltre il 10% della popolazione mondiale e rappresenta una delle principali sfide di salute pubblica. È associata a elevata mortalità e a un maggior rischio di malattie cardiovascolari. Con una proiezione che la vede diventare, entro il 2040, la quinta causa di morte a livello globale. Lo studio conferma, inoltre, il ruolo protettivo degli ormoni femminili in età fertile e ne rivela un possibile coinvolgimento anche nella preeclampsia.

Fonte: Meyer