Oggi è stato reso noto che un medico di Foligno, prescriveva a Senigalla ricette mediche per patologie inesistenti allo scopo di far dimagrire le pazienti. Pur di rincorrere la bellezza ci sono individui disposti a sottoporsi ad interventi estetici devastanti. In una società che impone modelli estetici inarrivabili, la chirurgia plastica diventa quindi una modificazione corporea estrema socialmente accettata.

Una domanda quindi sorge spontanea: dove affonda le radici questo disagio sociale? Perché una persona è disposta a mettere a repentaglio la propria salute pur di corrispondere ai canoni imposti?

Stereotipi radicati

L’aspetto fisico esercita un’influenza significativa sulla nostra esistenza, e questo è evidente sin dai primi anni di vita. Secondo Costa, i neonati considerati più belli ricevono solitamente più attenzioni. Vengono inoltre percepiti come più facili da accudire dai genitori.

Lo stesso accade in ambito scolastico: i bambini con un aspetto gradevole tendono a stringere più facilmente legami sociali, favorendo così una maggiore autostima. Anche le insegnanti, mostrano una preferenza per la bellezza degli alunni, esprimendo su di loro valutazioni più positive anche in termini di rendimento scolastico.

Differenze di genere

Se un uomo entra in una stanza difficilmente qualcuno si chiede se è sexy o meno. Per una donna invece la bellezza è quasi un diktat. L’imposizione di canoni estetici irraggiungibili comporta conseguenze psicologiche nefaste, basta pensare ad esempio ai disturbi alimentari o alla dismorfofobia.

Sotto la lente di ingrandimento donne di ogni tipo, classe ed estrazione sociale. Non dimentichiamo ad esempio quella volta che l’astronauta Samantha Cristoforetti si presentò con i capelli in disordine a causa della mancanza naturale di gravità nello spazio. In quell’occasione la donna ricevette una pioggia di commenti negativi.

Anche la giornalista Giovanna Botteri ricevette lo stesso trattamento solo perché “osò” presentarsi in TV senza trucco ed i capelli grigi.

Questo induce a pensare che la discriminazione fisica colpisca soprattutto le donne, ma anche gli uomini, soprattutto molto giovani, non ne sono immuni.

Dismorfofobia figlia della società dell’immagine

La dismorfofobia, nota anche come disturbo da dismorfismo corporeo (BDD, Body Dysmorphic Disorder), è un disturbo psicologico caratterizzato da una preoccupazione ossessiva per uno o più difetti percepiti nell’aspetto fisico, che agli altri appaiono inesistenti o minimi.

Secondo una ricerca pubblicata su Pubmed , il disturbo di dismorfismo corporeo interessa l’1-2% della popolazione generale.

È caratterizzato da un’elevata comorbilità con altri disturbi psichiatrici. Circa il 6-15% delle persone con disturbo dell’immagine corporea si rivolge a un intervento di chirurgia estetica senza alcun beneficio, anzi, l’esito è spesso la richiesta di altri interventi chirurgici.

Body Positivity e inclusione

Con i movimenti femministi e le politiche di inclusione, si sono diffusi messaggi volti riconoscere la dignità di tutti i corpi. Il valore di una persona non dovrebbe dipendere dal suo aspetto fisico. Tra gli obiettivi del movimento c’è anche quello di contrastare i canoni estetici irrealistici imposti dai media, dalla moda e dall’industria del fitness. Questo è possibile attraverso l’abolizione della discriminazione legata all’aspetto fisico, come il fat-shaming, l’ableism (pregiudizi contro la disabilità) o il razzismo estetico.
E’ fondamentale inoltre promuovere l’autostima e il benessere psicologico, incoraggiando le persone a prendersi cura di sé in modo rispettoso e non punitivo.
Una delle critiche al movimento è stata quella di rimanere agganciato troppo a ciò che cerca di contrastare, ossia all’aspetto fisico. Si preferisce quindi un approccio più neutrale per motivare gli individui a concentrarsi meno sull’apparenza estetica preferendo più su ciò che il corpo può fare.