Una nuova minaccia invisibile come l’amianto rischia di celarsi dietro le contraddizioni della modernità tecnologica e dell’industria chimica. Le sostanze perfluoroalchiliche, note come PFAS, sono composti sintetici sviluppati a partire dagli anni ’40. Potenzialmente cancerogeni, furono celebrati in passato come l’amianto, per le loro proprietà.

L’eco della storia: dall’amianto ai PFAS

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) si trovano ovunque. Ad esempio nelle pentole antiaderenti.

Secondo quanto dichiarato sul sito dell’AIRC – Associazione Italiana della ricerca sul cancro, “pentole e padelle con rivestimento antiaderente, soprattutto quelle più moderne realizzate nel rispetto delle normative vigenti, non sono pericolose per la salute, a patto che vengano utilizzate in modo adeguato. ll rivestimento antiaderente dei tegami non è associato di per sé a un aumento del rischio di ammalarsi di cancro o di avere particolari problemi di salute, almeno quando la cottura avviene senza che si raggiungano temperature troppo elevate e mantenendo integra la superficie.
La potenziale pericolosità dei tegami antiaderenti è legata alla presenza – sempre più rara nei prodotti moderni – dell’acido perfluoroottanoico (PFOA), – un tipo di PFAS – utilizzato in alcuni processi di preparazione del prodotto finale.”

Contaminazione strutturale: i PFAS nel ciclo dell’acqua

Secondo uno studio di GreenPeace esisterebbe una contaminazione a PFOA nelle acque potabili, in particolare in Piemonte.

“L’inquinamento da Pfas ci riguarda tutti”, ha affermato l’Ordine dei Medici di Torino dopo una sentenza di Vicenza, dove un tribunale ha riconosciuto la correlazione di un decesso alla contaminazione da queste sostanze.

Queste sostanze non si degradano facilmente. Il loro ciclo nell’ambiente è praticamente “eterno”: una volta immesse, si accumulano nel tempo. Entrando in contatto con l’acqua contaminata, possono essere assunte attraverso il cibo o il vapore acqueo, e lentamente si possono integrare nei tessuti biologici.

Altroconsumo ha svolto un’indagine sulle acque minerali naturali in bottiglia e dalle rilevazioni sarebbe emerso che in 6 casi su 21esisterebbe un’elevata quantità di Tfa (acido trifluoroacetico), un’altra sostanza appartenente alla famiglia dei Pfas. L’acido trifluoroacetico risulterebbenella maggior parte delle acque analizzate.

PFAS: la chimica dell’ambiguità morale

La chimica, come osservava Primo Levi, è una scienza che mette in contatto l’intelligenza con la materia, ma anche con l’etica. I PFAS e l’amianto rappresentano un caso emblematico di ambiguità tecnologica: nati per risolvere problemi industriali, hanno finito per generarne di nuovi su scala planetaria.

È quindi urgente riformulare il concetto di innovazione, integrandolo con il principio di precauzione. Serve una scienza capace di pensare alle conseguenze a lungo termine, una scienza che assuma responsabilità. La transizione ecologica non sarà tale se non è anche una transizione epistemica ed etica.

L’amianto e ora i PFAS, richiamano alla mente una lezione che la modernità ha imparato (e troppo spesso dimenticato): non esistono scarti innocui. Ogni progresso ha un prezzo, ma solo la consapevolezza collettiva può impedirci di pagarlo con la salute delle nuove generazioni.