La perdita di capelli, uno degli effetti collaterali più temuti della chemioterapia, non è solo una questione estetica. Spesso si traduce in una fonte di sofferenza e disagio psicologico per chi affronta il percorso del trattamento antitumorale.
Una nuova flebile speranza arriva dalla società Perseus Therapeutics, leader nel settore della biotecnologia, che sta sperimentando un nuovo trattamento anticaduta.
I risultati dei vanno presi tuttavia con le pinze, dal momento che ancora l’anticorpo non è stato testato su pazienti umani
Chemioterapia: perché provoca la perdita dei capelli?
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Perdita dei capelli. La chemioterapia, pur essendo un prezioso alleato nella lotta contro il cancro, non agisce solo sulle cellule cancerogene.
Colpisce velocemente anche le cellule del corpo, che crescono rapidamente, inclusi i follicoli piliferi.
Il trattamento, porta alla caduta dei capelli. Un vero e proprio trauma per molti pazienti.
Il fenomeno si verifica generalmente nel giro di poche settimane dall’inizio della terapia, benché in alcuni casi, per altro molto rari, possa evidenziarsi nell’arco di pochi giorni.
L’improvvisa calvizie, oltre al trauma fisico, può avere un impatto significativo sulla salute mentale. Può portare a sentimenti di perdita di identità e autostima, persino imbarazzo e vergogna.
C’è chi opta per la parrucca; chi utilizza bandane o cappelli per nascondere la triste evidenza, ma il dolore, a livello interiore, è spesso difficile da gestire.
Fortunatamente, nel giro di pochi mesi dall’inizio della terapia, i capelli ricrescono, anche se possono apparire più sottili, fragili e ricci o di colore diverso. Certo è che, trascorsi circa tre/sei mesi, la chioma torna ad infoltirsi.
Ma c’è modo di evitare la calvizie?
Biotecnologia: un aiuto contro la perdita dei capelli
Una risposta, positiva si spera, potrebbe arrivare dall’innovazione biotecnologica, anche se il condizionale è d’uopo.
Applicata in campo medico-oncologico, la biotecnologia sta mettendo a punto nuove tecniche geniche e cellulari, in grado di prevenire la caduta dei capelli durante la chemioterapia.
Se i risultati dovessero dare ragione agli studiosi, oltre agli effetti fisici, si potrebbe ridurre l’impatto emotivo della calvizie.
Un duplice traguardo insomma.
Prima di parlare della biotecnologia, utile soffermarci su una tecnica alternativa: la cuffia raffreddante.
Raffreddamento del cuoio capelluto
Noto come “capping a freddo”, il trattamento si basa su una procedura relativamente semplice: il paziente indossa una cuffia collegata a un sistema che irrora un liquido refrigerante attorno al cuoio capelluto, prima, durante e dopo l’infusione chemioterapica.
Essa è composta da due parti: cuffia interna e copertura esterna. Scopriamo come funziona l’aggeggio.
Il capping agisce attraverso diversi meccanismi:
- Vasocostrizione: poiché il freddo restringe i vasi sanguigni nel cuoio capelluto, limitando il flusso sanguigno si riduce l’afflusso dei farmaci ai follici;
- Minore assorbimento del farmaco: la bassa temperatura rende più difficile l’assorbimento dei farmaci nelle cellule e protegge i follicoli;
- Divisione cellulare ridotta: il freddo rallenta la rapida divisione delle cellule dei follicoli piliferi e limita i danni causati dalla chemioterapia;
- Ridotta attività metabolica cellulare: le basse temperature rallentano altresì l’attività metabolica cellulare e rendono più difficile la morte delle cellule pilifere durante la chemioterapia.
Il sistema di raffreddamento, che nell’aspetto ricorda un piccolo frigorifero, è posizionato nella sala di infusione e gestito dal personale medico.
Ma parliamo di spese. Il singolo dispositivo refrigerante, costa intorno ai 18.000 euro, mentre il Kit di 50 calotte ha un prezzo di circa 21.000 euro. Va da sé che anche il trattamento non è dei più economici.
E qui si inserisce lo studio di Perseus Therapeutics.
L’anticorpo salva capelli
La società biotecnologica di New York, fondata l’anno scorso, mira a risolvere il problema della perdita di capelli associata alla chemioterapia.
In che modo?
Al momento, l’azienda è impegnata nello sviluppo di un anticorpo, progettato per proteggere in modo affidabile i follicoli piliferi dalla dannosa azione della chemioterapia.
Tuttavia, vi sono alcune sfide pratiche da considerare, tra cui il fatto che l’anticorpo non è ancora stato testato su pazienti umani. Una volta completato lo sviluppo, sarà necessario superare rigorosi studi clinici per garantirne l’efficacia e la sicurezza.
Fonti
Stat+