Sono molti i luoghi comuni che utilizziamo anche quando parliamo dei nostri problemi fisici. Non è raro, infatti, sentire qualcuno che dice “Mi fa male la cervicale” o “Mi si è accavallato un nervo”. E quante volte abbiamo pensato di avere “il gomito del tennista” o ci siamo vergognati per le nostre insopportabili “gambe a x”? Ebbene, affermazioni come queste, in realtà, non trovano riscontro dal punto di vista scientifico. In ortopedia, i luoghi comuni e le false credenze sono innumerevoli. A confermarlo è il presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT, Alberto Momoli, Direttore UOC Ortopedia e Traumatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza. «False credenze e luoghi comuni in ambito ortopedico sono molto diffusi. Influenzano spesso la percezione delle persone e, tra il “sentito dire” e le informazioni raccolte sulla rete, aumentano il rischio di generare confusione. E anche falsi miti intorno a patologie comuni».

I comuni miti da sfatare in ortopedia

Mi fa male “la cervicale”. Nella medicina tradizionale non esiste alcun disturbo ufficialmente riconosciuto con il termine “cervicale”. Quindi, espressioni come “mi fa male la cervicale” oppure “ho la cervicale” dal punto di vista scientifico sono prive di senso. La cervicalgia, o dolore cervicale, infatti, è il termine tecnico utilizzato per indicare un generico dolore alla zona posteriore del collo.

La cervicalgia, o dolore cervicale, può essere molto invalidante e interferire con l’esecuzione delle attività quotidiane. Infiammazione o dolore cervicale possono essere causati da stress, scarso esercizio fisico, utilizzo eccessivo e non adeguato di smartphone e tablet. O da fattori ambientali come umidità e freddo, in seguito ad eventi traumatici (“colpo di frusta”), disordini posturali, patologie artrosiche o dischi intervertebrali.

Le cause possono essere individuate attraverso esami diagnostici quali Rx o risonanza magnetica. Nella maggior parte dei casi, un trattamento fisioterapico, dopo una valutazione clinica, può portare ad un miglioramento del quadro sintomatico.

Mi si è “accavallato un nervo”, altro mito

Nella realtà i nervi non si possono accavallare. Tuttavia, a volte può succedere che generino un dolore improvviso e piuttosto forte. Comunemente è ricondotto ad un presunto accavallamento, ma che altro non è se non una contrazione muscolare improvvisa. Questa, talvolta, può essere causata da una pressione sul nervo da parte dei muscoli.

I sintomi più comuni sono: intorpidimento della zona, bruciore, formicolio e sensazione di aghi piantati nel muscolo. Queste contratture improvvise hanno diverse cause: stress, stile di vita sedentario, disordini posturali o allenamenti troppo intensi.

Molto spesso tali contratture muscolari si risolvono spontaneamente. Ove persistessero, escludendo patologie in atto, un trattamento decontratturante (massoterapia, caute manipolazioni) porta a risoluzione del problema.

Gomito del tennista o gomito del golfista

Il “gomito del tennista” è il termine comune per indicare l’epicondilite laterale che consiste nell’infiammazione dei tendini dei muscoli estensori dell’avambraccio. Muscoli che s’inseriscono all’esterno del gomito e permettono di sollevare la mano e il polso.

Non soltanto chi gioca a tennis rischia di essere colpito dal cosiddetto “gomito del tennista”. Ma anche tutti coloro che ripetono in modo continuativo determinati movimenti del braccio, del polso o della mano.

Il dolore associato all’epicondilite, che in genere è più intenso durante o dopo lo sforzo, inizialmente interessa solo i tendini. Ma in seguito può irradiarsi per tutta la lunghezza dei muscoli dell’avambraccio. Nei casi più gravi, tutto può risvegliare il dolore. Una condizione simile, che però riguarda il lato interno del gomito, viene chiamata gomito del golfista o epitrocleite.

Queste patologie richiedono diverso tempo per risolversi se non adeguatamente curate. Non sono da escludere eventuali cicli di infiltrazioni.

Gambe a X o più correttamente valgismo delle ginocchia

Le “gambe a X”, o più correttamente valgismo delle ginocchia, è una deviazione assiale degli arti inferiori. C’è un aumentato angolo tra il femore e la tibia, che porta le ginocchia a tendere verso l’interno, quasi a toccarsi.

Il ginocchio valgo non presenta soltanto conseguenze estetiche, ma soprattutto funzionali, in quanto è associato ad anomalie nella deambulazione, sovraccarico delle strutture del ginocchio (menischi e cartilagine), instabilità del ginocchio, infiammazione e dolore. I trattamenti possono essere conservativo o chirurgico. Le opzioni conservative, che sono consigliate quando il disturbo è di grado lieve oppure moderato, comprendono esercizi mirati di fisioterapia e di ginnastica posturale.

Ove il sovraccarico dovuto alla deformità causasse sintomi dolorosi, è utile l’assunzione di farmaci antinfiammatori e di integratori condro-protettori o trattamenti ortobiologici (acido ialuronico, PRP, etc.). L’intervento chirurgico, in casi più seri, prevede un’osteotomia femorale finalizzata al ripristino del corretto asse dell’arto inferiore.

Ernia del disco, una condizione che oggi non si opera più

L’ernia del disco si verifica quando la parte gelatinosa del disco che si trova tra le vertebre, detto “nucleo polposo”, fuoriesce dalla sua sede naturale. Questo materiale all’interno dei dischi, che sono una sorta di cuscinetti ammortizzatori posti tra una vertebra e l’altra, permette il naturale movimento della colonna vertebrale. Consente, così, la flessibilità della struttura, preservandola dai carichi eccessivi.

L’ernia del disco può verificarsi in qualsiasi parte della colonna vertebrale, anche se il tratto più frequentemente interessato è quello lombare.

Per eliminare il dolore e spegnere la reazione infiammatoria della radice nervosa, si instaura una terapia con cortisonici o antinfiammatori non steroidei. Terapia che spesso deve essere associata a trattamenti fisioterapici mirati.

L’intervento chirurgico si rende necessario, invece, nei casi in cui le ernie del disco provocano gravi compressioni delle strutture nervose. Ciò causano deficit neurologici o dolore intrattabile che possono compromettere la qualità di vita del paziente.

Tacchi alti o tacchi bassi, quali rischi

L’uso prolungato di scarpe col tacco alto o tacco eccessivamente basso possono provocare disturbi di diversa entità. Camminare con i tacchi alti può facilmente causare lesioni alla caviglia e al piede da microtraumi. Il peso del corpo è, infatti, completamente sbilanciato sulla punta dei piedi.

Uno dei disturbi più comuni causati dai tacchi alti e calzature troppo strette è sicuramente l’alluce valgo. Si tratta di un’alterazione dell’articolazione che causa una deviazione dell’alluce verso l’esterno in direzione delle altre dita e un dolore vicino alle dita da sovraccarico.

Anche le scarpe completamente prive di tacco possono causare disturbi al tallone da fascite plantare. Una deambulazione non corretta da scarpa a suola piatta ha effetti negativi sulla colonna vertebrale. L’ideale sarebbe, quindi, non indossare frequentemente né scarpe con tacchi troppo alti, né scarpe completamente piatte. Mantenersi, quindi, su un’altezza media di 2 cm per gli uomini e 4-5 cm per le donne.