Le mutilazioni genitali femminili (MGF) rappresentano una violazione dei diritti delle donne e una forma specifica di violenza di genere. Può determinare problematiche gravi di tipo infettivo o al momento del parto.
Secondo l’OMS, sono oltre 200 milioni le donne nel mondo che hanno subito mutilazioni genitali (MGF).
Il fenomeno è presente anche nel nostro paese, dove si stima riguardi migliaia di donne tra cui minori. Sul tema è facile cadere in errori e luoghi comuni, come quello secondo cui la pratica viene effettuata per motivi religiosi. Invece, non è prescritta da nessun credo.
Uno studio organizzato dall’ISS e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, in vista della giornata mondiale che ricorre il 6 febbraio, ha fatto emergere i suddetti dati.
Un’indagine pilota ha coinvolto oltre 300 medici
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L’indagine pilota nazionale ha coinvolto oltre 300 medici. In particolare ginecologi, ostetriche e pediatri contattati attraverso sondaggi online. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Reports on Global Health Research.
Lo studio è stato condotto dal Centro di ricerca in Salute globale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con l’ISS. Ha anche collaborato l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e il contrasto delle malattie della Povertà.
Oltre il 60% degli operatori considera inadeguata la propria formazione sul tema delle MGF. Inoltre, circa il 70% non dispone di informazioni sufficienti per indirizzare le pazienti verso strutture specializzate.
Dal punto di vista delle mutilazioni riscontrate dai medici che hanno risposto al sondaggio, la più frequente sembra essere la lesione clitoridea. Il momento del parto è quello in cui, con più probabilità, viene accertata dagli operatori l’infibulazione vera e propria.
Percorsi di formazione sulla medicina interculturale
Il 50% degli intervistati ha indicato le questioni religiose come un fattore chiave che spinge verso la pratica delle mutilazioni. Invece, hanno dichiarato gli autori, nessuna fede religiosa né islamica né cristiana (copta) richiede questo intervento.
A partire anche da questi risultati sono in previsione dei percorsi di formazione specifici sulla medicina interculturale destinati agli operatori sanitari. Una parte sarà dedicata alle MGF, per far loro riconoscere i segni delle mutilazioni e i percorsi dedicati verso cui indirizzare le pazienti.
«Questo evento – ha proseguito Bellantone – rappresenta un passo cruciale verso la costruzione di una rete nazionale che diffonda consapevolezza. E offra anche soluzioni concrete per la prevenzione e il trattamento delle conseguenze delle MGF e che possa agire su tutto il territorio nazionale. Ciò con la collaborazione della medicina territoriale e della Croce Rossa».
Cinque luoghi comuni sulle mutilazioni genitali femminili
Sono diversi i luoghi comuni da screditare sulle MGF, ricorda il Centro Nazionale per la Medicina di Genere dell’ISS. Eccone alcuni.
- Le MGF non sono una pratica musulmana o una pratica religiosa. Le mutilazioni non sono prescritte dall’Islam né da altre religioni.
- Le MGF non sono praticate solo da persone scarsamente istruite, socialmente svantaggiate o in contesti rurali.
- Le mutilazioni non sono una questione africana.
Le MGF sono praticate in tutti i continenti del mondo tranne in Antartide e rappresentano un problema globale. Inoltre, in diversi paesi africani non sono attuate.
Le mutilazioni eseguite in contesto sanitario possono essere dannose come quelle praticate al di fuori.
La medicalizzazione delle MGF non implica necessariamente una maggiore sicurezza. Gli effetti psicologici e fisici rimangono gravi e preoccupanti.