Il Morbo di Crohn, è una malattia infiammatoria cronica dell’apparato digerente che, oltre ad affliggere milioni di persone in tutto il mondo, è un enigma per la medicina moderna. Uno studio ha gettato luce sulla patologia. Sono stati scoperti una serie di cambiamenti fisiologici precoci, utili nell’approccio alla diagnosi precoce e al trattamento tempestivo della malattia

Conosciamo il Morbo di Crohn

Il Morbo di Crohn è una rara malattia infiammatoria che può colpire qualsiasi tratto del sistema digestivo, provocando sintomi debilitanti quali dolori addominali lancinanti, diarrea persistente, sanguinamenti rettali, perdita di peso significativa, affaticamento cronico, febbricola e compromissione generale della qualità della vita.

È caratterizzata dalla presenza di ulcere intestinali, alternate a tratti di intestino sano e, se non viene curata tempestivamente, può provocare una serie di complicanze quali stenosi e/o fistole, che necessitano dell’intervento chirurgico.

Quanto alle sue origini eziologiche, sono una complessa miscela di fattori genetici, ambientali, immunologici e infettivi. In ogni caso, la sua causa precisa rimane un mistero.

A darle il nome, il dottor Burrill Bernard Chron che la presentò per la prima volta nel 1932, durante una conferenza a New Orleans.

Il medico la descrisse come una patologia localizzata nell’ileo terminale, da cui appunto il termine “ileite terminale”. Da allora, si sono registrati notevoli progressi. Ciononostante, questo disturbo multifattoriale presenta numerose sfide.

Altre manifestazioni del morbo di Chron

Morbo di Crhon: altre manifestazioni

Oltre a colpire l’intestino, il morbo può interessare altre zone del corpo.

Si possono verificare:

  • Evidenti manifestazioni cutanee: pioderma gangrenoso, eritema nodoso, ulcere aftoidi orali, “sweet syndrome” (papule o noduli dolorosi, localizzati agli arti superiori);
  • Fastidiose manifestazioni muscolo-scheletriche: dolori lombo-sacrali, dorsali o cervicali, spondilite anchilosante, artrite periferica, gonfiore alle dita, al tendine di Achille, dolore alla pianta dei piedi, ai glutei e intercostale;
  • Manifestazioni oculari: episclerite, uveite, glaucoma, neurite ottica, sindrome dell’occhio secco, blefariti, manifestazioni rare della retina come edemi ed emorragie maculari;
  • Altre manifestazioni extraintestinali: manifestazioni epato-biliari, pancolite ulcerosa, colangite sclerosante primitiva, steatosi epatica, calcoli alla cistifellea, calcoli renali, alterazioni del metabolismo, anemia, ipovitaminasi.

Una diagnosi difficile

Arrivare a una diagnosi esatta non è semplice, anche perché spesso il morbo di Crohn presenta sintomi simili ad altre patologie. Quali? La colite ulcerosa, le patologie di natura infettive, le neoplasie, la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) o il malassorbimento di acidi biliari (Sindrome di Habba).

Tra gli esami di routine atti a individuare la patologia: colonscopia, endoscopia con biopsia, video capsula endoscopica, ecografia intestinale, Risonanza Magnetica Nucleare (RM), Tomografia Cmputerizzata (TC o TAC), test di laboratorio, come esami del sangue e delle feci.

Terapie e trattamento del morbo di Crohn

Attualmente, la terapia immunomodulante e il monitoraggio regolare permettono di controllare la malattia e la sua progressione nella maggior parte dei casi. Tutti i trattamenti cercano di sedare l’infiammazione intestinale, agendo sui meccanismi cellulari e molecolari dell’intestino e del sistema immunitario.

Essi includono: antibiotici intestinali, steroidi, azatioprina, 6-mercaptopurina, metotrexate, farmaci biologici, cellule staminali mesenchiali, farmaci sperimentali e chirurgia. Quest’ultima serve a rimuovere le fastidiose fistole, nel caso in cui i trattamenti risultino inefficaci.

Oggi tuttavia, si intravede una nuova speranza.

Prevenire è meglio che curare

Morbo di Crohn: un nuovo studio sulla diagnosi precoce

Recenti scoperte, come quelle riportate in una ricerca pubblicata su Cell Reports Medicine, hanno gettato nuova luce su questa oscura patologia.

Lo studio, condotto da Marie Vibeke Vestergaard dell’Università di Aalborg a Copenaghen, in Danimarca, ha coinvolto oltre 20.000 pazienti con malattia infiammatoria intestinale (IBD Inlammatory Bowel Disease) analizzando diciassette parametri biochimici ed ematologici fino a dieci anni prima della diagnosi, confrontati con 4,6 milioni di potenziali controlli della popolazione.

Risultato? La ricerca ha evidenziato cambiamenti significativi nei parametri biochimici ed ematologici fino a otto anni prima della diagnosi del Morbo di Crohn e fino a tre anni prima della colite ulcerosa.

Riconoscere e comprendere questi segnali precoci potrebbe aprire la strada a strategie preventive e a interventi terapeutici mirati che potrebbero migliorare la gestione e la prognosi del Morbo di Crohn.

 «Questi cambiamenti superano di gran lunga le precedenti aspettative riguardo alla durata di questa fase preclinica della malattia e quindi forniscono importanti spunti che dovranno essere presi in considerazione se le future strategie di trattamento aspirano alla prevenzione della malattia», scrivono gli autori.

Lo studio è stato pubblicato su Cell Reports Medicine il 21 novembre 2023.

Fonti

Marie Vibeke Vestergaard et al, Caratterizzazione della fase preclinica della malattia infiammatoria intestinale, Cell Reports Medicine (2023). DOI: 10.1016/j.xcrm.2023.101263