“Il medico dello sport. Una specializzazione dai mille risvolti” è l’appuntamento romano organizzato per discutere sul ruolo del medico sportivo.
«Nel corso di questi anni il ruolo del medico dello sport è leggermente cambiato. Se fino a 25-30 anni fa questa branca della medicina era una seconda specializzazione, oggi il medico dello sport ha principalmente questa sola specializzazione». È quanto chiarisce il responsabile scientifico della Commissione di Medicina dello Sport dell’ Omceo Roma e presidente dell’Associazione Romana della Federazione Medico Sportiva Italiana, Antonio Gianfelici.
Il ruolo del medico dello sport nella professione sanitaria
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Il convegno scientifico ha come argomento principale il ruolo che oggi il medico dello sport svolge nell’ambito della professione sanitaria. «Grazie alla legge del 1982, svolgiamo un importante ruolo di tutela della salute», prosegue Gianfelici.
«Questo anche perché non sono più previste la visita medica dei bambini a scuola. E nemmeno quella dei tre giorni che veniva svolta durante il servizio militare, la cosiddetta visita di leva. L’unico effettivo momento di valutazione preventiva di tutela della salute è proprio quando si fa la visita medico-sportiva. Ciò grazie alla legge del 1982, che abbiamo più volte difeso. E che – sottolinea l’esperto – nella valutazione dello sportivo durante la fase iniziale, ci ha permesso di ridurre al minimo il rischio di morte improvvisa. Ci ha anche permesso un approccio precoce alla diagnosi di altre patologie».
Professionisti a fianco dello sportivo diversamente abile
Attualmente, il medico dello sport ha numerose competenze, tra cui quella di medico di squadra.
A questo professionista è «richiesta una competenza a 360 gradi su determinati ambiti», continua il responsabile scientifico della Commissione medicina dello Sport. «Come ad esempio traumatologico, pneumologico e dietologico, o di supporto allo staff per la preparazione fisica, ma anche allo staff tecnico».
Tra queste molteplicità che svolge è anche al fianco dello sportivo diversamente abile. «In questi casi – fa sapere Gianfelici – si tratta della capacità di avere una visione diversa rispetto al medico clinico. Il nostro compito è quello di rendere quel determinato atleta idoneo, abile e il più performante possibile, aiutando e guidando il tecnico e l’allenatore. Questi, in alcuni casi, ha bisogno della competenza sanitaria sul fronte della patologia dell’atleta stesso».
Endocrinologia di genere e medicina ad personam
L’incontro romano rappresenterà l’occasione per discutere anche di “endocrinologia di genere”. «La medicina in generale – fa sapere il presidente dell’Associazione medici dello sport di Roma – sta andando verso la medicina di genere. Ma siamo comunque in ritardo, perché al di là del genere dovrebbe essere una medicina “ad personam”. In questo caso, il supporto all’allenatore riguarda l’ambito della definizione dei carichi e dell’intensità dell’allenamento.
Oltre all’aiuto nel fare conciliare il ciclo mestruale della donna con la programmazione dell’allenamento. E nel conciliare nella sportiva dilettante la vita di una donna che accompagna i propri figli a scuola, lavora o si occupa della casa. Svolgendo, cioè, di fatto attività importantissime all’interno della famiglia. L’attività sportiva, dunque, deve essere uno dei requisiti saldi della vita della persona. Il medico dello sport – conclude Gianfelici – non è solo un certificatore, ma svolge un ruolo nella prescrizione dell’esercizio fisico nell’ambito della tutela della salute».