Le malattie reumatologiche rappresentano la prima causa di disabilità nei Paesi occidentali e comprendono oltre 150 differenti patologie. Tra queste artriti, artrosi, osteoporosi, fibromialgia, lupus, sclerodermia, connettiviti e gotta. Sono malattie croniche che colpiscono prevalentemente le donne, ma possono interessare anche i giovani e i bambini, incidendo profondamente sulla qualità della vita. L’impatto economico e sociale è stimato in 20 miliardi di euro l’anno tra costi diretti e indiretti.

In occasione della Giornata delle Malattie Reumatologiche, la Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (FIRA) richiama l’attenzione sull’importanza della ricerca scientifica. Quest’ultima è motore del progresso medico e garanzia di una migliore qualità di vita per oltre 5 milioni di italiani affetti da una patologia reumatologica.

Malattie reumatologiche: progressi nell’identificazione delle cause

Le malattie reumatologiche sono patologie croniche che hanno pesanti riflessi sulla qualità di vita dei malati. In Italia ne sono affetti oltre 5 milioni di persone di tutte le età. Alto è l’impatto sociale, sia per i costi che per il numero di malati. Questi aumentano con l’avanzare dell’età, senza, tuttavia, risparmiare i soggetti più giovani, inclusi bambini e adolescenti. Hanno una “predilezione” per il genere femminile.

Per le due costanti dell’infiammazione e del dolore, le patologie causano un ricorso al farmaco così frequente da rappresentare la seconda causa assoluta di prescrizione. Negli ultimi anni, la ricerca reumatologica ha fatto enormi progressi nella identificazione delle cause delle principali malattie reumatologiche. Le ricadute cliniche sono state determinanti nell’identificazione di nuovi markers diagnostici e di nuovi presidi terapeutici che hanno contribuito a migliorare la vita dei pazienti.

La ricerca ha introdotto nuove terapie

Negli ultimi vent’anni, la ricerca ha completamente trasformato il panorama terapeutico, passando da cure sintomatiche a strategie mirate e personalizzate.

Importante è stata «la comprensione dei meccanismi alla base delle malattie reumatologiche», ha spiegato Alberto Cauli, Presidente di FIRA e docente all’Università di Cagliari. «Ed anche l’identificazione dei mediatori responsabili dei processi patologici, come il TNF alfa, le interleuchine 17 e 23 o gli enzimi Jak. Queste hanno portato allo sviluppo di farmaci biotecnologici e ‘targeted’, capaci di colpire in modo selettivo il bersaglio molecolare. Ciò ha rivoluzionato la prognosi di patologie come l’artrite reumatoide, le spondiloartriti e il lupus. Ed ha permesso di raggiungere la remissione clinica nella maggior parte dei casi», ha concluso l’esperto.

Nuove prospettive orientate verso una medicina di precisione

Nuovi trattamenti e l’applicazione di strategie come il treat to target (cura orientata all’obiettivo) e il tight control (monitoraggio ravvicinato), evitano le disabilità un tempo inevitabili. «Basti pensare all’artrite reumatoide – aggiunge Caulidove oggi non osserviamo più le deformazioni e le disabilità di un tempo. Nella maggioranza dei casi, i pazienti possono condurre una vita praticamente normale».

Le prospettive della ricerca reumatologica sono orientate verso una medicina di precisione, in grado di adattare la terapia al singolo individuo.

«Stiamo lavorando per rendere la cura sempre più personalizzata – spiega Cauliinterpretando i biomarcatori di ciascun paziente per scegliere il farmaco più efficace. Prevedendo la risposta clinica ed evitare effetti collaterali. Man mano che progrediremo nella comprensione dei meccanismi patologici, il medico potrà letteralmente ‘cucire su misura’ la terapia per ogni persona».

Un ulteriore fronte di studio, di grande innovazione, riguarda le terapie di riprogrammazione del sistema immunitario. Come le CAR-T cells, che potrebbero in futuro portare a una remissione prolungata senza farmaci, avvicinandosi al concetto di “quasi guarigione”.