Gli scienziati della Northwestern Medicine e del Brigham and Women’s Hospital di Boston hanno individuato un difetto molecolare specifico nelle cellule T, un tipo di cellula del sistema immunitario, che sembra promuovere una risposta immunitaria patologica nel lupus eritematoso sistemico. Attraverso studi approfonditi, il team di ricerca ha dimostrato che correggere questo difetto potrebbe potenzialmente invertire i sintomi della malattia

Lupus: una malattia complessa e debilitante

Il il lupus è una malattia autoimmune che colpisce circa cinque milioni di persone in tutto il mondo

Il lupus eritematoso sistemico, è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca erroneamente i tessuti sani del corpo, causando infiammazione e danni a vari organi. Il termine deriva dal latino e significa “lupo”, un nome che si pensa derivi dalle caratteristiche eruzioni cutanee che ricordano i morsi del canide.

Prevalenza e incidenza del Lupus

Secondo i dati ufficiali, il lupus colpisce circa cinque milioni di persone in tutto il mondo. La prevalenza varia a seconda delle popolazioni e delle regioni geografiche, ma si stima che negli Stati Uniti ci siano circa 1,5 milioni di casi. È più comune tra le donne, in particolare quelle in età fertile, e mostra una maggiore incidenza tra le persone di origine afroamericana, asiatica e ispanica.

Sintomi e diagnosi

La condizione, con il suo potenziale di danneggiare organi vitali come i reni, il cervello e il cuore, rappresenta una sfida significativa per la medicina moderna.

La patologia presenta una vasta gamma di sintomi che possono variare notevolmente da persona a persona. I sintomi più comuni includono affaticamento, febbre, dolori articolari, eruzioni cutanee a forma di farfalla sul viso, fotosensibilità, e problemi renali. I sintomi possono comparire e scomparire in episodi noti come “flare-up”, cioè fasi in cui i sintomi della malattia diventano più gravi o si riacutizzano dopo un intervallo di relativa stabilità o remissione.Diagnosticare il lupus può essere complesso a causa della sua natura multisistemica e della variabilità dei sintomi. I medici utilizzano una combinazione di anamnesi medica, esami fisici, test di laboratorio, e criteri diagnostici specifici per identificare la malattia. Gli esami del sangue che rilevano anticorpi specifici, come gli anticorpi antinucleari (ANA), giocano un ruolo cruciale nella diagnosi.

Attuali trattamenti per il Lupus

I trattamenti per il lupus mirano a ridurre l’infiammazione, sopprimere l’attività del sistema immunitario e gestire i sintomi. Gli approcci terapeutici includono farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), corticosteroidi, immunosoppressori e farmaci antimalarici come l’idrossiclorochina. Nonostante queste terapie possano essere efficaci, molti pazienti continuano a sperimentare flare-up e danni agli organi. In aggiunta, i farmaci utilizzati possono causare effetti collaterali significativi che riducono la capacità del sistema immunitario di combattere le infezioni.

Una nuova speranza dalla ricerca

Fino ad oggi, le cause del lupus eritematoso sistemico, rimanevano sconosciute. Tuttavia, lo studio condotto dalla Northwestern Medicine e dal Brigham and Women’s Hospital ha fatto chiarezza su questo enigma. La ricerca, pubblicata su Nature con il titolo “L’interferone sovverte un asse AHR-JUN per promuovere le cellule T CXCL13+ nel lupus“, ha individuato difetti cellulari chiave che sembrano essere alla base della malattia. Di che si tratta?

Gli scienziati hanno infatti scoperto un difetto molecolare specifico nelle cellule T, un tipo di cellula del sistema immunitario, che promuove una risposta immunitaria patologica nel lupus.

«Identificando la causa di questa malattia, abbiamo trovato una potenziale cura che non avrà gli effetti collaterali delle attuali terapie». A spiegarlo, Il Dr. Jaehyuk Choi, autore co-corrispondente e professore associato di dermatologia della Feinberg School of Medicine della Northwestern University di Chicago, nonché dermatologo della Northwestern Medicine.

A lui fa eco Deepak Rao, autore co-corrispondente e assistente professore di medicina alla Harvard Medical School e reumatologo al Brigham and Women’s Hospital, nonché condirettore del Center for Cellular Profiling. «Abbiamo identificato uno squilibrio fondamentale nelle risposte immunitarie dei pazienti affetti da lupus e abbiamo definito mediatori specifici che possono correggere questo squilibrio per smorzare la risposta autoimmune patologica».

Focus sulla ricerca

Per dimostrare che questa scoperta può essere sfruttata per trattamenti efficaci, i ricercatori hanno reintrodotto molecole che attivano i recettori degli idrocarburi arilici (AHR) nei campioni di sangue prelevati da pazienti affetti da lupus. Questa operazione ha mostrato un effetto sorprendente. Ha infatti riprogrammato le cellule T patogene, trasformandole in cellule Th22, note per il loro ruolo nel favorire la guarigione delle ferite.

«Abbiamo scoperto che se attiviamo la via AHR con attivatori di piccole molecole o limitiamo l’interferone patologicamente eccessivo nel sangue, possiamo ridurre il numero di queste cellule patologiche», ha affermato Choi. «Se questi effetti sono durevoli, questa potrebbe essere una potenziale cura».

Choi, Rao e i loro colleghi stanno ora lavorando per sviluppare modi sicuri ed efficaci per somministrare queste molecole ai pazienti, con l’obiettivo di trasformare questa scoperta in una cura praticabile per il lupus.

Implicazioni della scoperta

Questa scoperta non solo migliora la comprensione dei meccanismi alla base del lupus, ma suggerisce anche nuove possibilità terapeutiche. Correggere il difetto molecolare identificato potrebbe potenzialmente invertire i sintomi della malattia, offrendo nuove speranze ai pazienti e migliorando la loro qualità della vita.

Fonti

Deepak Rao. L’interferone sovverte un asse AHR-JUN per promuovere le cellule T CXCL13+ nel lupus, Nature (2024)

Materiale fornito dalla Northwestern University