La leucemia mieloide acuta rappresenta uno dei tumori più aggressivi e difficili da trattare. Le cellule staminali leucemiche, che alimentano la malattia, mostrano una resistenza eccezionale alle terapie convenzionali. Tuttavia, un gruppo di ricercatori dell’Università di Ginevra (UNIGE), dell’Ospedale Universitario di Ginevra (HUG) e dell’Inserm ha fatto una scoperta interessante. Il team ha individuato alcune caratteristiche genetiche ed energetiche uniche di queste cellule, focalizzandosi in particolare su un processo specifico di utilizzo del ferro. Interferendo con questo meccanismo, sarebbe possibile colpire le cellule staminali leucemiche, provocandone la morte o l’indebolimento, senza danneggiare le cellule sane circostanti
Che cos’è la leucemia mieloide acuta?
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La leucemia mieloide acuta (LMA) è una forma di cancro che origina nel midollo osseo, il tessuto spugnoso all’interno delle ossa dove vengono prodotte le cellule del sangue. In questa malattia, il midollo produce un numero eccessivo di cellule mieloidi, chiamate blasti, che non maturano in cellule del sangue funzionali. Queste, si accumulano rapidamente, ostacolando la produzione delle normali cellule del sangue.
Cause e fattori di rischio
Le cause precise della LMA non sono del tutto chiare, ma diversi fattori di rischio sono stati identificati. L’esposizione a radiazioni ionizzanti, come quelle utilizzate in radioterapia o derivanti da incidenti nucleari, può aumentare il rischio. Anche il contatto con sostanze chimiche nocive, come il benzene presente in alcuni solventi industriali, è un fattore di rischio riconosciuto. Trattamenti precedenti con chemioterapia per altri tipi di cancro possono contribuire allo sviluppo della LMA. Inoltre, alcuni disordini genetici, come la sindrome di Down, aumentano il rischio di sviluppare questa forma di leucemia.
Sintomi della LMA
I sintomi della leucemia mieloide acuta possono manifestarsi rapidamente. Le persone affette possono avvertire affaticamento e debolezza a causa della riduzione dei globuli rossi. Sono frequenti le infezioni dovute alla carenza di globuli bianchi funzionali. Altri sintomi includono sanguinamenti e lividi facili, causati dalla mancanza di piastrine, e dolori ossei e articolari, derivanti dall’accumulo di cellule leucemiche nel midollo osseo.
Diagnosi della leucemia mieloide
Un esame completo del sangue può rivelare un numero anomalo di cellule. Per confermare la diagnosi, si esegue una biopsia del midollo osseo, prelevandone un campione dal bacino o dallo sterno per analizzarlo in laboratorio. Test genetici e citogenetici, possono inoltre aiutare a identificare specifiche mutazioni genetiche associate alla malattia.
Dati epidemiologici
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno vengono diagnosticati circa 350mila nuovi casi di leucemia nel mondo, di cui la LMA costituisce una parte significativa, specialmente tra gli adulti. La prognosi è spesso sfavorevole, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni che varia notevolmente in base all’età e ad altri fattori prognostici.
Attuali terapie per il trattamento della leucemia
Le terapie attualmente disponibili per la leucemia mieloide acuta includono principalmente la chemioterapia, che mira a distruggere le cellule leucemiche nel midollo osseo. Alcuni pazienti possono anche essere trattati con la terapia mirata, che utilizza farmaci progettati per colpire specifiche mutazioni genetiche presenti nelle cellule leucemiche. Nei casi più gravi, può essere necessario un trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che sostituisce il midollo osseo malato con cellule staminali sane provenienti da un donatore.
Ricerca e nuove prospettive
Nonostante i progressi nelle terapie, molte persone con LMA continuano a non rispondere ai trattamenti standard. Questo può essere dovuto alla presenza di cellule staminali leucemiche (LSC) “dormienti” o “quiescenti” che sfuggono alla chemioterapia. Queste cellule, spesso invisibili, possono “risvegliarsi” e riattivare la malattia dopo un ciclo di trattamento apparentemente riuscito.
Un team di ricercatori dell’Università di Ginevra (UNIGE), dell’Ospedale Universitario di Ginevra (HUG) e dell’Inserm ha tuttavia fatto passi avanti significativi in questo campo. Analizzando le caratteristiche genetiche e metaboliche delle cellule staminali leucemiche, gli scienziati hanno identificato nuovi punti deboli che possono essere sfruttati per sviluppare trattamenti più efficaci. I loro risultati, pubblicati su Science Translational Medicine, aprono la strada a nuove terapie mirate che potrebbero migliorare significativamente le prospettive di cura per i pazienti affetti da questa forma aggressiva di leucemia. Entriamo nel vivo della questione.
Una firma genetica distintiva
Utilizzando tecniche bioinformatiche avanzate, in collaborazione con il team del dott. Petros Tsantoulis del Dipartimento di Oncologia e Oncologia di Precisione dell’HUG, i ricercatori hanno scoperto una firma genetica unica composta da trentacinque geni nelle cellule staminali leucemiche quiescenti. A seguire, il commento di Jérôme Tamburini, del Dipartimento di Medicina e il Centro per la Ricerca Traslazionale in Oncoematologia (CRTOH) della Facoltà di Medicina dell’UNIGE e dello Swiss Cancer Center Léman (SCCL), nonché medico presso la Divisione di Oncologia dell’HUG.
«Quando abbiamo utilizzato questa firma in grandi database clinici di pazienti con LMA, siamo stati in grado di dimostrare che questa firma era fortemente legata alla prognosi della malattia».
Blocco di un nutriente specifico
La ricerca ha rivelato una significativa differenza metabolica tra le cellule staminali leucemiche dormienti e quelle attive. Per sopravvivere, le cellule attivano reazioni chimiche che permettono loro di scomporre i nutrienti e produrre energia, coinvolgendo processi come l’autofagia. Questo meccanismo, consente alle cellule di riciclare i propri componenti per generarne di nuovi, soprattutto in condizioni di carenza di nutrienti esterni. Gli scienziati hanno scoperto che le cellule staminali leucemiche dormienti dipendono da una forma specifica di autofagia chiamata “ferritinofagia”, che prende di mira la ferritina, la principale molecola di accumulo del ferro.
«Questo processo è mediato da una proteina chiamata NCOA4. Controlla la disponibilità di ferro nelle cellule. Inibendola, geneticamente o chimicamente, abbiamo osservato che le cellule leucemiche, in particolare le cellule staminali dormienti, hanno maggiori probabilità di morire, mentre le cellule staminali del sangue sane rimangono intatte». A spiegarlo, Clément Larrue, ricercatore dell’Inserm e primo autore dello studio.
Verso la sperimentazione clinica
La ricerca su modelli murini ha confermato che bloccare la proteina NCOA4 diminuisce la crescita del tumore e la vitalità delle cellule staminali leucemiche, ostacolandone anche la capacità di auto-rinnovarsi. Questo indica che interferire con la ferritinofagia tramite l’inibizione di NCOA4 potrebbe offrire una nuova e promettente strategia terapeutica per la leucemia mieloide acuta. Il composto utilizzato per bloccare NCOA4 è attualmente in fase iniziale di sviluppo, con l’obiettivo di avviare studi clinici sotto la guida di Jun Xu, professore alla Sun Yat-Sen University in Cina.
Il team dell’UNIGE si propone ora di approfondire ulteriormente i meccanismi della ferritinofagia e il suo rapporto con la mitofagia, un altro importante processo nella regolazione delle cellule staminali leucemiche.
Fonti
Science Translational Medicine. “Targeting ferritinophagy impairs quiescent cancer stem cells in acute myeloid leukemia in vitro and in vivo models”.