L’esposizione alle nanoparticelle (NP) durante la gravidanza è sempre più collegata all’insorgenza di effetti negativi sullo sviluppo embrio-fetale e sulla salute futura del nascituro.
Tuttavia, i meccanismi di tossicità dello sviluppo delle NP sono ancora in parte sconosciuti. È però risaputo che le NP interferiscono con la placenta, alterando la formazione e la funzionalità dei vasi sanguigni del feto. È quanto emerge dalla ricerca effettuata da un team guidato da Tina Bürki del laboratorio Particles-Biology Interactions dell’Empa a San Gallo (Svizzera). Lo studio è stato pubblicato da Advanced Science.
L’esposizione alle NP comporta rischi per la salute umana
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I progressi raggiunti nel ramo delle nanotecnologie favoriscono la produzione globale e l’applicazione diffusa di nanoparticelle ingegnerizzate in molti campi. Tra questi la nanomedicina, l’alimentazione, l’agricoltura, il tessile, i cosmetici, l’energia o l’elettronica. L’esposizione sempre crescente alle NP comporta rischi per la salute umana, in particolare per le popolazioni sensibili come le donne incinte e i feti.
L’interferenza tra i tessuti materni e fetali e il tessuto placentare è fondamentale per portare a termine la gravidanza. La placenta è al centro dell’attenzione per le sue numerose funzioni vitali: nutrizione/scambio di gas o funzioni di barriera endocrina, immunologica, metabolica e protettiva. Ecco perché lo sviluppo anormale della placenta e i disturbi funzionali sono associati a numerose complicazioni della gravidanza.
Le nanoparticelle oltrepassano la barriera della placenta
Lo studio svizzero si concentra sui rischi derivanti dalle NP nel periodo della gravidanza. Queste sostanze sono in grado di oltrepassare la barriera della placenta, interferendo nella formazione e nella funzionalità dei vasi sanguigni del feto. E contribuiscono all’insorgenza di autismo e patologie respiratorie.
La placenta è la barriera che protegge lo sviluppo del feto da agenti patogeni e sostanze esterne. Le NP, però, misurano pochi milionesimi di millimetro e possono, pertanto, introdursi nell’organismo attraverso le vie respiratorie, il tratto digestivo o la pelle.
Di queste sostanze fanno parte, per esempio, il biossido di titanio, che si trova in alimenti, cosmetici e medicinali. E anche il biossido di silicio, che si trova nelle vernici e viene utilizzato anche come additivo alimentare. Altre nanoparticelle sono le nanoplastiche o quelle prodotte dalla fuliggine industriale.
Le NP interrompono la produzione di sostanze messaggere
I ricercatori sostengono che alcune di queste nanoparticelle possano danneggiare i bambini durante la vita fetale. Contribuendo, così, a determinare un basso peso alla nascita, autismo e malattie respiratorie.
Per valutare gli effetti nelle NP sulla placenta, i ricercatori hanno utilizzato placente umane rese disponibili dopo un taglio cesareo programmato. Gli esperimenti hanno dimostrato che le NP nel tessuto placentare interrompono la produzione di un gran numero di sostanze messaggere. E innescano, con ogni probabilità, gravi cambiamenti nello sviluppo embrionale, come le alterazioni a livello dei vasi sanguigni.
NP e l’interferenza diffusa con il secretoma placentare
Questi risultati evidenziano il potenziale delle NP nell’interferenza diffusa con il secretoma placentare. E identificano la morfogenesi vascolare come un risultato sensibile per la tossicità indiretta dello sviluppo di diverse NP.
Nel complesso, il lavoro può avere profonde implicazioni per la futura valutazione della sicurezza delle NP nelle applicazioni industriali, commerciali o mediche in gravidanza. Applicazioni che dovrebbero considerare la tossicità mediata dalla placenta mediante approcci olistici di secretomica per garantire lo sviluppo di nanotecnologie sicure.
Fonte: Advances Science 2024