In questo articolo parliamo di inquinamento e pelle: i cambiamenti climatici e l’inquinamento infatti non minacciano solo l’ambiente e il benessere globale: rappresentano ormai una sfida concreta anche per la salute della pelle. Temperature estreme, smog e eventi meteorologici sempre più intensi stanno causando un aumento di patologie dermatologiche, aggravando condizioni croniche e infiammatorie, e rendendo la cute una delle prime vittime visibili della crisi climatica. A lanciare l’allarme sono gli esperti della SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse), in vista del Congresso Nazionale SIDeMaST Special Edition 2025, che si terrà a Roma dal 18 giugno nell’ambito del XIV International Congress of Dermatology.

Sole, inquinamento e pelle: un binomio pericoloso

Tra le principali minacce segnalate dagli specialisti c’è l’aumento dell’esposizione ai raggi ultravioletti (UV), intensificata dal riscaldamento globale e dalla progressiva riduzione dello strato di ozono.

Questo fenomeno non solo moltiplica il rischio di scottature e accelera l’invecchiamento cutaneo, ma incide in maniera significativa sull’incidenza dei tumori della pelle. Secondo i dati riportati, per ogni punto percentuale di riduzione dell’ozono si osserva un aumento dell’1-2% dei melanomi, del 4,6% dei carcinomi squamosi e del 2,7% dei carcinomi basali. «Le radiazioni UV sono già di per sé un fattore di rischio noto per i tumori cutanei, ma la loro crescente intensità legata ai cambiamenti climatici rischia di amplificare drasticamente questo problema», sottolinea la professoressa Annunziata Dattola, dermatologa all’Università Sapienza di Roma e segretario generale dell’International Congress of Dermatology.

Smog e particolato: la pelle in prima linea

Ma non è solo il sole a rappresentare un pericolo. Anche l’inquinamento atmosferico colpisce direttamente la pelle, che è costantemente esposta all’ambiente esterno. L’aumento di polveri sottili, ozono troposferico e altre sostanze tossiche indebolisce la funzione barriera dell’epidermide, aumentando la suscettibilità a infiammazioni, acne, eczema e invecchiamento precoce. Non a caso, dopo ondate di calore, alluvioni e altri eventi climatici estremi si registra un incremento di malattie cutanee infiammatorie e infettive.

Umidità, muffe e allergie: la crescita dei disturbi atopici

In alcune regioni del mondo, l’aumento dell’umidità relativa e delle precipitazioni favorisce la proliferazione di acari della polvere e muffe. Si ggravano così condizioni allergiche come la dermatite atopica.

Questa patologia colpisce tra il 5 e il 20% dei bambin. Si presenta con sintomi particolarmente gravi dopo alluvioni, con un aumento dei ricoveri tra il 14 e il 31%. Si presenta inoltre coon un peggioramento fino al 40% dei sintomi nei centri urbani dove l’inquinamento è più intenso. Anche la psoriasi mostra un andamento simile.

Il freddo estremo non è meno dannoso

Anche le temperature rigide hanno effetti dannosi. In Cina, ad esempio, è stato registrato un incremento del 160% nelle visite mediche per dermatite atopica. Questo quando la colonnina di mercurio scende sotto lo zero.

La pelle, infatti, soffre anche per la disidratazione causata dal gelo. Così come per la difficoltà, in alcune aree del mondo, ad accedere a fonti di acqua pulita e sicura, necessaria per l’igiene e la prevenzione di infezioni cutanee.

Inquinamento e pelle: l’appello alla prevenzione e alla ricerca

Di fronte a questo scenario, la SIDeMaST lancia un appello per affrontare il cambiamento climatico anche dal punto di vista dermatologico. «Serve un approccio integrato, dichiara il presidente Giuseppe Argenziano. Questo approccio deve includere la promozione dell’educazione alla cura della pelle e il rafforzamento della ricerca scientifica sugli effetti ambientali sulla salute cutanea».

La pelle è lo specchio del nostro tempo e dei nostri ambienti: proteggerla oggi significa anche proteggere il nostro futuro.