L’obesità grave in età evolutiva è associata a rischi molto seri. In Italia, più di 100.000 bambini e adolescenti sotto i 17 anni convivono con questo tipo di obesità precoce, persistente e pericolosa.

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (sistema di sorveglianza OKkio alla Salute), riguarda almeno il 2,6% dei bambini di 8-9 anni. Se si considerano le definizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la stima si conferma allarmante. Il dato preoccupa la Società Italiana di Pediatria (SIP) che rilancia l’urgenza di riconoscere e trattare tempestivamente questa condizione, ancora troppo spesso sottovalutata.

Obesità grave, fondamentale il ruolo del pediatra

Nei casi di obesità grave è fondamentale il ruolo del pediatra nella diagnosi. Si deve, infatti, distinguere l’obesità primitiva – la forma più frequente – dalle forme secondarie dovute a cause genetiche, farmaci o patologie.

Campanelli d’allarme sono: esordio precoce (sotto i 5 anni), disturbi cognitivi, dismorfismi e iperfagia (impulso incontrollato a mangiare anche in assenza di fame).

Nel breve termine possono insorgere ipertensione, diabete tipo 2, dislipidemia, fegato grasso, ma anche ansia, isolamento sociale, bassa autostima.

I ragazzi che ne soffrono rischiano una riduzione dell’aspettativa di vita anche di oltre 15 anni rispetto ai loro coetanei normopeso.

Indice di massa corporea e rapporto vita/statura

Si parla di obesità grave quando l’indice di massa corporea (BMI) supera il 99° percentile per età e sesso, secondo i parametri OMS.

L’indicatore di rischio più semplice da osservare anche in famiglia è il rapporto vita/statura. Se la circonferenza della vita supera la metà dell’altezza, è già un segnale. Se supera il 60%, il rischio è molto elevato. Questo indicatore è valido per maschi e femmine dai 6 anni in su. Sarà poi il pediatra a eseguire la diagnosi e a prescrivere gli accertamenti del caso.

Prevenire la malattia con azioni tempestive

Per evitare che un sovrappeso si trasformi in una malattia cronica è importante la tempestività.

Secondo uno studio recente, i programmi intensivi sullo stile di vita riescono a ridurre il BMI in oltre il 50% dei bambini. Ma hanno effetti quasi nulli negli adolescenti: solo il 2% dei ragazzi tra i 14 e i 16 anni risponde positivamente.

«L’età – dice Rino Agostiniani, Presidente della Società Italiana di Pediatria – fa la differenza. Se interveniamo tra i 6 e i 9 anni possiamo davvero cambiare le traiettorie di salute dei bambini. Questo dato conferma che la prevenzione precoce è oggi la chiave per contrastare l’aumento dell’obesità grave e delle sue conseguenze nel tempo».

Cinque cose da sapere sull’obesità grave nei bambini

  1. Colpisce oltre 100.000 minori in Italia. Secondo i dati dell’ISS, il 2,6% dei bambini tra 8 e 9 anni ha un’obesità classificata come grave.
  2. I rischi sono sia fisici che psicologici. I bambini con obesità grave possono sviluppare ipertensione, diabete tipo 2, dislipidemia, steatosi epatica, ma anche ansia, isolamento e bassa autostima.
  3. Prima si interviene, meglio è. Tra i 6 e i 9 anni è possibile ottenere una riduzione del BMI in oltre la metà dei casi: un’occasione da non perdere.
  4. Attenzione al girovita. Il rapporto vita/statura è un indicatore semplice: se la pancia supera metà della statura, è ora di rivolgersi al pediatra.
  5. Dove non bastano dieta e sport. Dopo i 12 anni, nei casi più complessi, esistono terapie farmacologiche approvate che devono essere prescritte in centri pediatrici specializzati.

Dieta, movimento e un nuovo approccio terapeutico

Accanto a dieta e movimento, oggi è disponibile anche in Italia un nuovo approccio terapeutico. Farmaci agonisti del recettore GLP1, già in uso tra gli adulti, sono ora prescrivibili anche agli adolescenti dai 12 anni in presenza di obesità grave. E con complicanze o dopo il fallimento di altri interventi.

Questi farmaci aiutano a regolare il senso di fame e sazietà e si sono dimostrati efficaci nel ridurre peso e fattori di rischio cardiometabolico. Devono essere prescritti solo nei centri specializzati e all’interno di un percorso strutturato e multidisciplinare.

Ad oggi, il costo di questi farmaci è a carico dell’assistito.

Un’altra molecola, la setmelanotide, è ora indicata per il trattamento di alcune forme molto rare di obesità monogenica o sindromica (Bardet Biedl).

La metreleptina, utilizzabile per i rarissimi casi di deficit dell’ormone leptina o sue forme inattive.