La psichiatria, come tutte le discipline mediche, ha la funzione di fornire diagnosi accurate per migliorare il benessere del paziente. Tuttavia, in alcuni casi è possibile che vengano effettuate diagnosi premature o errate. Un fenomeno che viene definito come “patologizzazione”. La mancanza di test diagnostici accurati e l’inadeguata analisi dei sintomi possono portare a una comprensione errata della condizione del paziente. La conseguenza è di incappare in trattamenti non appropriati e inadeguati approcci terapeutici.
Il confine tra normalità e patologia in psichiatria
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Lo psichiatra Valerio Rosso in un video spiega che il termine “normale” è un termine piuttosto ambiguo. Non ci si può rifare infatti ad un concetto statistico, dove per “normale” si intende ciò che è più frequente in tutta la popolazione. Ad esempio se una persona ha un QI maggiore o uguale a 160 può essere un pregio e non un difetto. Una condizione rara che è tutt’altro che una malattia.
Il movimento dell’antipsichiatria degli anni ’60 ha ampiamente criticato il concetto di normalità. Secondo tale posizione, la “normalità” è solo un’etichetta arbitraria che viene applicata al fine di controllo sociale nei confronti delle persone che non sono conformi alle regole e alle usanze dell’ordine precostituito. “Una tesi estrema e ovviamente non assoluta, senza fondamento scientifico anche se in alcuni regimi totalitari la psichiatria è stata un importante strumento di coercizione” Afferma ancora Rosso.
L’omosessualità tristemente catalogata in passato nel DSM come patologia, è in realtà una variante del comportamento umano. Solo nel 1973 l’American Psychiatric Association (APA) rimosse l’omosessualità dalla lista delle patologie mentali incluse nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali. Questo ci dà la proporzione di quanto sia stato labile il confine nel corso del tempo.
Secondo Rosso “Ultimamente ci si affida al concetto di “disfunzione”. La condizione patologia deve comportare quindi uno scarso funzionamento in varie connesse con il buon funzionamento della persona rispetto a sè stesso agli altri e alla società in cui vive.”
Patologizzazione prematura in psichiatria
Sebbene molte condizioni psichiatriche siano legittime e richiedano trattamento, la diagnosi affrettata o errata di un disturbo mentale può avere effetti devastanti sul paziente.
Ad esempio una diagnosi di depressione, ansia o disturbo da deficit di attenzione o Adhd, se effettuate senza un’analisi approfondita, portrebbero portare a un trattamento errato che non tiene conto delle cause reali del disagio psicologico.
I rischi di una diagnosi affrettata
Una diagnosi errata porta frequentemente a prescrizioni di farmaci o a interventi terapeutici che non affrontano la causa reale del problema. Per esempio, la somministrazione di antidepressivi per una condizione che non è effettivamente una depressione può comportare effetti collaterali inutili, senza migliorare la condizione del paziente.
Ricevere una diagnosi psichiatrica sbagliata può far sentire il paziente etichettato o stigmatizzato. La percezione di essere “malato” o “diverso” può aumentare il senso di frustrazione e vergogna. Ciò crea un circolo vizioso che peggiora il benessere psicologico. Senza una comprensione approfondita dei sintomi, si potrebbe far perdere la consapevolezza dell’esperienza emotiva del paziente. L’individuo potrebbe sentirsi impotente o credere che la sua condizione sia irrisolvibile, anche se la causa del disagio potrebbe essere diversa o temporanea.
Ricorrere a test diagnosici completi
La psichiatria, come qualsiasi altra branca della medicina, dovrebbe fare affidamento su strumenti diagnostici rigorosi e metodici. Dovrebbe effettuare un’analisi approfondita del contesto sociale e culturale del paziente per giungere con un approccio graduale ad una conclusione oggettiva. La semplice osservazione dei sintomi di un paziente non è sufficiente. Test psicologici validati, interviste cliniche approfondite, e una valutazione accurata del contesto sociale e familiare sono essenziali.
I colloqui clinici permettono ai medici di esplorare il background di un individuo, raccogliere informazioni sui suoi sintomi e comprendere meglio la sua storia psicologica e familiare.
Strumenti standardizzati, come test neuropsicologici, il “Beck depression inventory” o l'”Hamilton anxiety rating scale”, consentono di misurare l’intensità dei sintomi.
La psicoterapia non solo aiuta i pazienti a comprendere meglio le loro emozioni, ma può anche essere utile per raccogliere informazioni dettagliate sui loro sintomi, comportamenti e schemi di pensiero.
La diagnosi di disturbo psichiatrico dovrebbe essere l’ultima fase di un processo di valutazione completo, non il punto di partenza.