A prima vista, i tumori e gli sciami di insetti portatori di malattie sembrano mondi lontani tra loro. Tuttavia, entrambi pongono una sfida comune quando si cerca di eliminarli: sviluppano rapidamente resistenza ai trattamenti. Che si tratti di pesticidi o chemioterapici, il risultato è spesso lo stesso, con le strategie tradizionali che perdono efficacia nel tempo. Ma un’innovativa tecnica genetica, il gene drive, utilizzata per controllare le popolazioni di insetti, sta ispirando nuovi approcci nella terapia antitumorale

Cos’è il gene drive?

Il gene drive è una tecnologia già applicata in ambiti come la modifica genetica degli insetti per il controllo delle popolazioni

Normalmente, un gene ha il 50% di probabilità di essere trasmesso alla generazione successiva. Il gene drive, una tecnologia già applicata in ambiti come la modifica genetica degli insetti per il controllo delle popolazioni, modifica questo equilibrio. In tal modo, assicura che un gene specifico venga trasmesso più frequentemente, fino a sostituire completamente la versione naturale del gene in una popolazione.

Questa tecnologia sfrutta il sistema CRISPR-Cas9 per tagliare il DNA in un punto specifico. Quando il DNA viene riparato, copia il gene modificato nel taglio, raddoppiando così la presenza del gene drive. Questo processo può propagare rapidamente il gene modificato attraverso una popolazione, rendendolo uno strumento potente per il controllo delle malattie trasmesse da vettori come le zanzare.

Applicazione del gene drive nel trattamento del cancro

Ebbene, gli scienziati della Penn State, guidati dal professor Justin Pritchard in Pennsylvania, hanno trovato ispirazione nel gene drive per affrontare la sfida della resistenza ai farmaci nelle cellule tumorali. Hanno sviluppato un circuito genetico modulare che agisce come un “cavallo di Troia”, nel senso che è progettato per penetrare all’interno delle cellule tumorali sotto l’apparenza di modifiche genetiche apparentemente benigni o innocue. Una volta che il circuito è introdotto con successo nelle cellule tumorali, inizia a esercitare il suo effetto distruttivo: uno degli interruttori funge da gene di selezione, attivando la resistenza ai farmaci nelle cellule tumorali. Questo processo è simile a “accendere un interruttore” che consente alle cellule modificate di resistere ai trattamenti farmacologici mirati.

Ma il “cavallo di Troia” genetico non si ferma qui. Il secondo interruttore, contenente un gene suicida, gioca un ruolo fondamentale nel sistema. Questo gene permette alle cellule modificate di produrre una proteina tossica. Essa, non solo induce l’autodistruzione delle stesse cellule ingegnerizzate, ma che può anche diffondersi e uccidere le cellule tumorali resistenti circostanti. In questo modo, impedisce loro di proliferare ulteriormente.

«I nostri circuiti completi a doppio interruttore dimostrano la capacità di eliminare la resistenza preesistente, comprese complesse librerie genetiche di varianti di resistenza all’interno di un bersaglio farmacologico e attraverso il genoma». Così dichiarano spiegano gli studiosi. 

Esperimenti e verifica

Il team ha testato il circuito inizialmente in vitro, utilizzando linee cellulari tumorali umane, per poi confermare l’efficacia anche in modelli animali.

«Gli esperimenti hanno dimostrato che il circuito è in grado di sopraffare le popolazioni tumorali anche con alti livelli di eterogeneità genetica», ha dichiarato Pritchard. 

Utile precisare che nel contesto oncologico, l’eterogeneità genetica è una caratteristica comune dei tumori. Questo fenomeno implica che anche all’interno dello stesso tumore possono coesistere diverse popolazioni di cellule con profili genetici diversi. Questa diversità genetica è un importante fattore che contribuisce alla capacità dei tumori di adattarsi e sopravvivere in risposta a trattamenti come la chemioterapia, la terapia mirata o l’immunoterapia.

Prospettive future e applicazioni cliniche

Attualmente, il team sta lavorando per ottimizzare il circuito genetico in modo che possa essere trasferito in modo sicuro e selettivo nei tumori in crescita. Obiettivo finale? Applicare questa tecnologia anche alle malattie metastatiche. «Il bello è che siamo in grado di prendere di mira le cellule tumorali senza aspettare che crescano o sviluppino resistenza perché a quel punto è troppo tardi». Questa la conclusione di Pritchard.

Dubbi e perplessità sul gene drive

Anche se il gene drive è una tecnologia promettente, solleva una serie di preoccupazioni etiche e morali.

Introdurre modifiche genetiche all’interno delle cellule tumorali tramite gene drive potrebbe avere effetti imprevisti sul comportamento delle cellule stesse, con potenziali conseguenze sulla loro crescita, metastasi o interazione con il sistema immunitario.

Se il gene drive non riesce a controllare completamente tutte le cellule tumorali e ne permette la sopravvivenza di alcune, potrebbe favorire lo sviluppo di varianti tumorali più aggressive o resistenti.

Esistono preoccupazioni riguardo alla sicurezza della tecnologia gene drive. Soprattutto quando applicata a organismi viventi, inclusi potenziali rischi di effetti collaterali o di diffusione incontrollata delle modifiche genetiche all’interno dell’organismo ospite.

La disponibilità e l’accesso alla tecnologia del gene drive potrebbero non essere equamente distribuiti. Potrebbero cioè creare disparità tra paesi sviluppati e in via di sviluppo nel trattamento del cancro e nella ricerca biomedica.

È necessaria una rigorosa regolamentazione e una governance chiara per garantire che l’uso del gene drive nel trattamento del cancro sia sicuro, etico e rispettoso delle normative internazionali e nazionali.

La tecnologia del gene drive potrebbe incontrare resistenze da parte del pubblico a causa di preoccupazioni etiche e morali legate alla manipolazione genetica delle cellule umane.

Fonte

“Programmare l’evoluzione del tumore con la selezione dei geni guida per combattere in modo proattivo la resistenza ai farmaci”.

Nature Biotechnology.