Negli ultimi decenni, il ruolo dei folati durante la gravidanza ha assunto grande rilevanza nella medicina preventiva. Le raccomandazioni mediche sull’integrazione di folato mirano a ridurre il rischio di malformazioni congenite, in particolare i difetti del tubo neurale.

Tuttavia, un nuovo studio indica che livelli troppo bassi o troppo alti di questa vitamina possono aumentare il rischio di cardiopatie congenite nei neonati. Questo solleva importanti questioni sull’equilibrio necessario per garantire un corretto sviluppo fetale

L’introduzione dell’integrazione di folati in medicina

Livelli troppo bassi o troppo alti di folati possono aumentare il rischio di cardiopatie congenite nei neonati

L’integrazione di folati in gravidanza risale agli anni ‘90, quando le ricerche mediche dimostrarono che l’assunzione di acido folico riduceva significativamente il rischio di difetti del tubo neurale, come la spina bifida.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altre autorità sanitarie internazionali iniziarono a raccomandare alle donne in età fertile di assumere almeno 400 microgrammi di folato al giorno, in particolare nei primi mesi di gravidanza, un periodo critico per lo sviluppo del sistema nervoso fetale.

Questa politica fu accolta positivamente e si consolidò ulteriormente con l’introduzione della fortificazione alimentare di acido folico in molti Paesi, soprattutto nei cereali e nei prodotti da forno, al fine di garantire che le donne in gravidanza ricevessero quantità adeguate di questa vitamina.

Tuttavia, mentre si approfondiva la ricerca sul folato, emergevano nuove sfide, in particolare riguardo agli effetti di livelli troppo elevati o troppo bassi di questa sostanza.

Il legame tra folati e cardiopatie congenite

Lo studio più recente, pubblicato su JAMA Network Open nel 2024, ha cercato di chiarire il legame tra i livelli di folato materno e il rischio di cardiopatie congenite (CHD).

Parliamo di un fenomeno che colpisce circa il 2,3% delle nascite.

Sebbene il folato sia riconosciuto per la sua importanza nello sviluppo del sistema nervoso, il suo ruolo nella prevenzione delle malattie cardiache congenite è rimasto poco chiaro.

Inoltre, i risultati sono spesso discordanti.

I ricercatori del Guangdong Provincial People’s Hospital, in Cina, hanno condotto uno studio caso-controllo che ha coinvolto 129 bambini affetti da CHD e 516 senza diagnosi di difetti cardiaci.

Hanno poi misurato i livelli di folato materno, insieme a quelli di vitamina B12 e omocisteina, durante il secondo trimestre di gravidanza. L’analisi ha rivelato un’associazione a “U”, suggerendo che sia livelli troppo bassi sia troppo alti di folato materno aumentavano il rischio di cardiopatie nei neonati.

I dettagli dello studio

Lo studio ha diviso le madri in tre gruppi a seconda della concentrazione di folati nel sangue: bassi (25%), medi (50%) e alti (25%). Le madri con bassi livelli avevano un rischio tre volte superiore di avere un figlio con CHD rispetto a quelle con livelli medi.

Inaspettatamente, anche le madri con livelli eccessivi presentavano un rischio aumentato, sebbene inferiore rispetto al gruppo con folato basso, con una probabilità 1,81 volte maggiore di avere un bambino affetto da CHD.

Il ruolo della vitamina B12 e dell’omocisteina

Il folato, però, non era l’unico fattore determinante. Lo studio ha anche evidenziato l’importanza di altri nutrienti, in particolare la vitamina B12 e l’omocisteina. Le madri con carenza di vitamina B12 e bassi livelli di folato avevano un rischio fino a 7 volte maggiore di avere figli con CHD. Un simile aumento del rischio è stato osservato anche tra le madri con livelli elevati e carenza di vitamina B12.

L’omocisteina, un amminoacido che può accumularsi in caso di carenze vitaminiche, rappresentava un altro fattore di rischio significativo. Livelli elevati sono stati associati a un aumento quasi del 9 volte del rischio di CHD nei bambini nati da madri con bassi livelli di folato, e un rischio 7 volte maggiore nelle madri con livelli elevati di folato.

Conclusioni

Lo studio evidenzia l’importanza di un approccio più sofisticato e personalizzato all’integrazione di folati durante la gravidanza. Questo permetterebbe di massimizzare i benefici dell’integrazione e ridurre il rischio di malattie congenite nei neonati.

La ricerca futura dovrà concentrarsi sul chiarimento dei meccanismi biologici sottostanti queste associazioni e sull’ottimizzazione delle raccomandazioni cliniche per le donne in gravidanza.

Le attuali raccomandazioni sono state un passo avanti fondamentale per la salute materna e infantile.

Tuttavia è chiaro che ulteriori approfondimenti sono necessari per garantire un equilibrio nutrizionale ottimale durante la gestazione.

Fonti

Yanji Qu et al, Folato sierico materno durante la gravidanza e cardiopatia congenita nella prole, JAMA Network Open (2024).