Un recente studio condotto su quasi duemila ex giocatori della National Football League americana ha rivelato che circa un terzo di loro crede di soffrire di encefalopatia traumatica cronica (CTE), una condizione neuropatologica legata a traumi cranici ripetuti. Questo disturbo, purtroppo, può essere diagnosticato con certezza solo attraverso un esame post-mortem del cervello.
La ricerca, realizzata da un team di esperti del Mass General Brigham e dell’Università di Harvard, evidenzia la complessità della salute mentale e fisica di questi ex atleti, ponendo l’accento sull’importanza di un approccio integrato e multidisciplinare
Cosa si intende per encefalopatia traumatica cronica
Indice dei contenuti
L’encefalopatia traumatica cronica (CTE) è una patologia neurodegenerativa che si sviluppa a seguito di traumi cranici ripetuti, spesso associata a sport di contatto come il football americano.
Questa condizione suscita crescente preoccupazione sia tra gli atleti sia tra i professionisti della salute.
Il suo insorgere può infatti essere subdolo e le sue manifestazioni variegate.
La CTE si caratterizza per un insieme complesso di sintomi cognitivi e comportamentali, che possono variare notevolmente da individuo a individuo.
Tra i segni più comuni si riscontra un declino cognitivo, con difficoltà nella memoria e problemi di concentrazione e alterazioni dell’umore.
Tutti fattori che possono compromettere la vita quotidiana.
Gli individui colpiti possono ad esempio sperimentare episodi di depressione, ansia e instabilità emotiva.
Purtroppo, queste condizioni possono aggravare ulteriormente il loro stato psicologico e contribuire all’isolamento sociale.
Sul piano fisico, la condizione si manifesta frequentemente attraverso mal di testa persistenti e dolori cronici, che possono rendere difficile il mantenimento di uno stile di vita attivo e soddisfacente.
Questi sintomi, spesso trascurati, sono altrettanto importanti nella valutazione dell’impatto complessivo della malattia.
Una delle caratteristiche più insidiose dell’encefalopatia traumatica cronica è che, sebbene i segni possano apparire durante la vita dell’individuo, la conferma definitiva della diagnosi può essere fornita esclusivamente dopo la morte, attraverso l’analisi neuropatologica del tessuto cerebrale.
Ma veniamo allo studio.
I risultati dello studio
Pubblicato su JAMA Neurology, lo studio ha rivelato che ben il 34% degli ex giocatori intervistati ritiene di soffrire di encefalopatia traumatica cronica (CTE). Questa percentuale mette in luce l’allarmante consapevolezza tra gli ex atleti riguardo ai possibili effetti collaterali di carriere caratterizzate da ripetuti traumi cranici. Tra coloro che hanno manifestato queste preoccupazioni, è emersa una correlazione significativa con diversi aspetti della salute mentale e fisica.
Innanzitutto, molti partecipanti che sospettavano di essere affetti da CTE hanno riferito una maggiore incidenza di problemi cognitivi, in particolare difficoltà nella memoria e nella concentrazione.
Questi sintomi possono ostacolare la vita quotidiana.
Inoltre, possono compromettere la capacità di svolgere attività professionali e relazionali, creando un circolo vizioso di frustrazione e isolamento.
In aggiunta, un aspetto preoccupante emerso dallo studio è il legame tra la percezione di avere CTE e l’insorgenza di sintomi depressivi.
Ulteriori preoccupazioni
Circa il 25% di questi giocatori ha manifestato pensieri suicidi, un dato allarmante rispetto al solo 5% di coloro che non nutrivano timori riguardo alla malattia.
Questa differenza evidenzia l’impatto devastante che la paura di una condizione così seria può avere sulla salute mentale degli ex atleti.
Suggerisce quindi che la consapevolezza dei sintomi può essere legata a un aumento del rischio di disagio psichico.
Ulteriormente, lo studio ha messo in luce una connessione tra la percezione di avere CTE e bassi livelli di testosterone, oltre ad altre condizioni fisiche come ipertensione e dolore cronico.
Questi fattori non solo possono influenzare il benessere generale degli ex giocatori, ma possono anche complicare ulteriormente la loro condizione, creando una rete intricatissima di problematiche di salute interconnesse.
Alla luce di questi risultati, i ricercatori, guidati da esperti dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health, hanno sottolineato l’importanza di prendere seriamente i sintomi neurocognitivi.
È fondamentale che coloro che presentano questi segni siano sottoposti a valutazioni adeguate, come risonanze magnetiche e TAC.
Cosa che serve per escludere altre cause potenziali non correlate alla CTE. Solo attraverso un approccio diagnostico rigoroso sarà possibile garantire un intervento tempestivo e appropriato per affrontare le preoccupazioni di salute degli ex atleti.
Implicazioni per la salute mentale
I risultati dello studio suggeriscono che le convinzioni legate alla CTE possano avere un impatto profondo sulla salute mentale degli ex giocatori. Ross Zafonte, coautore della ricerca, ha dichiarato: “Le nostre convinzioni possono influenzare notevolmente la nostra salute. Le preoccupazioni per la CTE sono valide, ma è essenziale riconoscere che possono ostacolare l’accesso a trattamenti per altre condizioni, compromettendo ulteriormente il benessere mentale e fisico”.
La ricerca ha messo in evidenza che, sebbene le preoccupazioni per la CTE siano legittime, è fondamentale affrontare anche le altre patologie associate, poiché molte di esse sono curabili e possono migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Interventi raccomandati
Nel contesto della gestione della salute degli ex giocatori della NFL, è cruciale adottare un approccio olistico che integri interventi terapeutici e modifiche comportamentali positive. Un aspetto fondamentale è l’importanza dell’esercizio fisico regolare.
Cosa che non solo contribuisce a migliorare la salute fisica, ma offre anche notevoli benefici per la salute mentale e la funzione cognitiva. Attività come camminate, nuoto o esercizi di resistenza possono stimolare il rilascio di endorfine, creando una sensazione di benessere e migliorando l’umore.
Parallelamente, una dieta equilibrata gioca un ruolo vitale nel mantenimento della salute. Un’alimentazione ricca di frutta, verdura, proteine magre e cereali integrali, accompagnata da un attento controllo dell’apporto di sale, può rivelarsi decisiva nel prevenire malattie croniche e nel promuovere una buona salute cardiovascolare. Nutrire il corpo con alimenti nutrienti non solo sostiene la funzione fisica, ma può anche influenzare positivamente le funzioni cognitive.
Inoltre, non si può sottovalutare l’importanza di un sonno di qualità. La buona igiene del sonno è fondamentale per il benessere generale e per la salute cerebrale. Stabilire routine di sonno regolari, creare un ambiente tranquillo e limitare l’uso di dispositivi elettronici prima di coricarsi possono contribuire a migliorare la qualità del riposo notturno. In questo modo, si promuove una migliore concentrazione e una maggiore stabilità emotiva.
Infine, l’adozione di un approccio proattivo verso la salute mentale, che includa pratiche di mindfulness o tecniche di gestione dello stress, può ulteriormente rafforzare il benessere complessivo.
In pratica, crea un ambiente favorevole per una vita sana e soddisfacente dopo la carriera sportiva.
Prospettive future
Questo studio rappresenta un passo significativo nella comprensione dell’encefalopatia traumatica cronica tra gli ex giocatori di football,.
Evidenzia infatti la necessità di un approccio più completo nella diagnosi e nel trattamento dei sintomi neurocognitivi.
Mentre la ricerca sulla CTE continua, è essenziale che ex atleti e medici si concentrino su condizioni che possono essere trattate e gestite.
In questo modo si può migliorare il benessere complessivo e ridurre il rischio di sviluppare pensieri suicidi o autolesionismo.
In conclusione, la salute degli ex giocatori della NFL richiede attenzione e interventi tempestivi.
Essi servono sia per affrontare non solo i sintomi associati alla CTE, ma anche una serie di condizioni di salute che possono influenzare la loro vita quotidiana.
La collaborazione tra medici, psicologi e altri professionisti della salute sarà fondamentale per garantire che questi ex atleti ricevano il supporto necessario.
Solo così si potranno affrontare le sfide legate alle loro esperienze nel mondo dello sport.