Al Gemelli è stata somministrata per la prima volta una terapia genica contro l’emofilia A ad un paziente di 29 anni residente nel Lazio. Il trattamento ha la potenzialità di offrire al giovane una vita libera dalle infusioni periodiche di fattore VIII e dal rischio di sanguinamenti.

La nuova terapia genica utilizza un vettore virale inattivato (adeno-associato, AAV5) per trasportare una copia normale del gene responsabile della produzione del fattore VIII. Il trattamento prevede un’unica somministrazione endovenosa. Ciò consente all’organismo di produrre il fattore della coagulazione mancante in modo autonomo e duraturo. Il gene ‘mancante’, somministrato per via endovenosa, infatti, si insedia nelle cellule del fegato e le induce a produrre il fattore VIII.

Emofilia A, patologia genetica rara

L’emofilia A è una patologia genetica rara che colpisce circa una persona su 5000. I pazienti sono quasi sempre maschi, perché la malattia viene trasmessa attraverso il cromosoma X dalle madri portatrici. La malattia è dovuta ad una carenza del fattore VIII, una proteina essenziale per la coagulazione del sangue. Fino ad oggi, il trattamento era rappresentato in larga parte dalle infusioni regolari del fattore VIII mancante per prevenire o gestire le emorragie. Infusioni spesso con un impatto significativo sulla qualità della vita.

Il paziente è in trattamento con infusioni di fattore VIII

Il giovane affetto dalla forma più grave dell’emofilia A è uno dei primi in Italia ad essere trattato con la terapia genica. Il ventinovenne è in cura dalla nascita con tutte le terapie che si sono succedute negli ultimi decenni. Attualmente è in trattamento con infusioni di fattore VIII ricombinante pegilato, due volte a settimana. La malattia non gli ha impedito di praticare nuoto a livello agonistico e di proseguire nella tradizione di famiglia di lavorare nel campo immobiliare. Ma la necessità di doversi sottoporre due-tre volte a settimana alle infusioni di fattore VIII ha rappresentato un limite importante per tutta la sua vita. Poi, è arrivata l’offerta di sottoporsi a terapia genica: tre ore di infusione per riscrivere il suo futuro. E il suo organismo ha, infatti, già cominciato a produrre fattore VIII.

La procedura è stata effettuata nella prima settimana di ottobre dal team medico della UOSD “Malattie Emorragiche e Trombotiche” di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS.  

La terapia genica affronta la causa genetica dell’emofilia A

La terapia genica per l’emofilia è un’innovazione straordinaria per la medicina e per la comunità. Quest’ultima affronta alla radice la causa genetica dell’emofilia A e non solo i suoi sintomi.

«Per il paziente questo significa affrancarsi gradualmente dalle infusioni periodiche di fattore VIII, che hanno scandito la sua vita fino ad oggi». Così Raimondo De Cristofaro, Associato di Medicina Interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOSD Malattie Emorragiche e Trombotiche. «Per me, vedere i livelli di fattore VIII aumentare spontaneamente e progressivamente da un controllo all’altro, rappresenta un’emozione indescrivibile. A tre settimane dall’infusione della terapia genica, il paziente è arrivato ad un livello di fattore VIII del 14%. L’obiettivo, per poter sospendere definitivamente la terapia sostitutiva con le infusioni bisettimanali di fattore VIII, è arrivare almeno al 20-25%. Ma è un traguardo che appare veramente a portata di mano», conclude l’esperto.

Enorme l’impatto psicologico e sociale della terapia genica

Oltre al beneficio clinico, l’impatto psicologico e sociale della terapia genica è enorme. Il giovane potrà da oggi vivere una vita libera e attiva, senza il costante peso delle infusioni e la paura delle complicanze emorragiche.

La disponibilità di questo trattamento, riservato alle forme più gravi dell’emofilia A e senza un controllo ottimale, rappresenta una sfida per il sistema sanitario. Ciò a causa dei costi ancora molto elevati. Ma per i pazienti più gravi è un’occasione unica.

«La terapia è un traguardo che conferma l’eccellenza delle cure regionali – conclude Ernesto Borrelli, presidente dell’Associazione Emofilici Lazio, AEL – ed è riservata a pochi casi specifici. Supera, tuttavia, una frontiera medica attesa. Il plauso va ai medici che l’hanno resa possibile, con l’augurio che sempre più pazienti possano beneficiarne».

Fonte: Policlinico Gemelli