Il 9 settembre (il nono giorno del nono mese dell’anno) è stata istituita la Giornata internazionale di sensibilizzazione sui Disturbi dello Spettro Feto-Alcolico (FASD). L’iniziativa mira a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle disabilità e sui problemi derivanti dall’esposizione all’alcol in utero. L’assunzione di alcol durante la gravidanza, infatti, anche in piccole quantità, costituisce un grave rischio per la salute del nascituro.

Il termine FASD racchiude una vasta gamma di anomalie fisiche e neurocomportamentali che possono manifestarsi nei bambini esposti all’alcol durante la gravidanza e l’allattamento. Tra le forme più gravi spicca la Sindrome Feto Alcolica (Fetal Alcohol Syndrome, FAS), caratterizzata da malformazioni facciali, microcefalia, deficit di crescita e ritardi neuro psicomotori.

Sindrome Feto Alcolica e difficoltà cognitive

L’alcol è la prima causa di disabilità intellettiva nei bambini dei paesi ad alto tenore economico. Si può prevenire con l’astensione dal consumo in gravidanza, come ribadito dalla SIN, Società Italiana di Neonatologia.

I bambini con FAS possono presentare significative difficoltà cognitive e comportamentali. Tra queste: deficit di funzionalità esecutiva e motoria, di elaborazione/integrazione delle informazioni, discrepanze tra abilità verbali e non verbali, disturbi di apprendimento, dell’attenzione ed iperattività. Se non diagnosticate e trattate precocemente, possono portare a conseguenze negative durante l’adolescenza e l’età adulta. In particolare: scarso rendimento scolastico o lavorativo, mancanza di autonomia e difficoltà nelle relazioni sociali.

L’Europa è al primo posto al mondo nel consumo di alcol

Ogni anno nel mondo nascono circa 120.000 bambini destinati a sviluppare FASD, con quasi 2.500 casi in Italia.

La prevalenza della FAS a livello mondiale oscilla tra lo 0,5 e i 3 casi ogni 1.000 nati vivi. Mentre l’intero spettro dei disturbi correlati riguarda circa l’1% della popolazione globale.

«Molte future madri continuano a consumare bevande alcoliche, convinte che un consumo “moderato” di vino, birra, aperitivi, amari o superalcolici non possa nuocere al feto». Lo afferma Luigi Memo, Segretario del Gruppo di Studio di Genetica Clinica Neonatale della SIN.

L’Europa è al primo posto nel consumo di alcol, il doppio rispetto alla media mondiale. In Italia, un’indagine del 2020 ha rivelato che il 66% delle donne in età fertile ha assunto alcol.

I tassi di consumo e di binge drinking sono in costante aumento tra i giovani con l’aggravante che la grande percentuale delle gravidanze non è pianificata. Un aspetto che può portare a esporre involontariamente il feto a sostanze alcoliche.

Necessario combattere l’accondiscendenza culturale

Dalla raccolta dati 2022 del Sistema di Sorveglianza Bambini 0-2 anni è emerso che il 15% delle gestanti ha assunto alcol durante la gravidanza. La maggiore diffusione si è registrata tra le madri del Centro-Nord.

Il consumo di alcol in allattamento risulta ancora più esteso, con tassi attorno al 18% in alcune regioni, in particolare Toscana ed Emilia-Romagna.

Secondo Massimo Agosti, presidente SIN, «è necessario combattere l’accondiscendenza culturale verso il consumo di bevande alcoliche, anche da parte dei professionisti sanitari. La totale astensione dall’alcol è la sola strada corretta da intraprendere, già da quando si comincia a pensare di voler concepire un figlio. La FASD è una condizione prevenibile al 100%. I medici, in particolare ginecologi, neonatologi e pediatri, devono fornire informazioni chiare e dettagliate sui rischi associati al consumo di alcol in gravidanza. Per i piccoli esposti all’alcol durante la gravidanza, è, inoltre, fondamentale la diagnosi precoce, che garantisca una presa in carico efficace. E che preveda – conclude l’esperto – cure mediche e neuro-psichiatriche/psicologiche, logopedia, terapia fisica, educazione speciale e altri servizi».